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Testo della predicazione: Luca 6,27-38

«A voi che ascoltate, io dico: amate i vostri nemici; fate del bene a quelli che vi odiano; benedite quelli che vi maledicono, pregate per quelli che vi oltraggiano. A chi ti percuote su una guancia, porgigli anche l’altra; e a chi ti toglie il mantello non impedire di prenderti anche la tunica. Da’ a chiunque ti chiede; e a chi ti toglie il tuo, non glielo ridomandare. E come volete che gli uomini facciano a voi, fate voi pure a loro. Se amate quelli che vi amano, quale grazia ve ne viene? Anche i peccatori amano quelli che li amano. E se fate del bene a quelli che vi fanno del bene, quale grazia ve ne viene? Anche i peccatori fanno lo stesso. E se prestate a quelli dai quali sperate di ricevere, qual grazia ne avete? Anche i peccatori prestano ai peccatori per riceverne altrettanto. Ma amate i vostri nemici, fate del bene, prestate senza sperarne nulla e il vostro premio sarà grande e sarete figli dell’Altissimo; poiché egli è buono verso gli ingrati e i malvagi. Siate misericordiosi come è misericordioso il Padre vostro. Non giudicate, e non sarete giudicati; non condannate, e non sarete condannati; perdonate, e vi sarà perdonato. Date, e vi sarà dato; vi sarà versata in seno buona misura, pigiata, scossa, traboccante; perché con la misura con cui misurate, sarà rimisurato a voi.».

Sermone

            Care sorelle e cari fratelli, l’evangelista Luca colloca questo il discorso programmatico di Gesù su un pianoro, perché il pianoro rappresenta il luogo della riflessione e della preghiera. Come ricorderete, l’evangelista Matteo, invece, lo colloca su un Monte perché rappresenti il Sinai, dove Mosè ricevette le tavole della legge, affinché Gesù sia presentato come come il nuovo Mosè che annuncia la nuova legge di Dio, la legge dell’amore per la quale Dio non chiede nulla in cambio. Così in Luca troviamo lo stesso Gesù che ci parla dell’amore che permette di rasserenarci basandoci sulla sua Parola che ispira la nostra meditazione e la nostra preghiera.

         Il brano di Luca alla nostra attenzione parte dal comandamento dell’amore contenuto nel libro del Levitico che dice: «Non ti vendicherai e non serberai rancore contro i figli del tuo popolo, ma amerai il prossimo tuo come te stesso» (Lev. 18,19). In questo brano, il prossimo è rappresentato, comunque, dai “figli del tuo popolo”, non certo i tuoi nemici che diventa invece una vera novità nella predicazione di Gesù.

Così il nostro brano esordisce affermando con forza: «Amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano, …pregate per quelli che vi oltraggiano» (v. 27). Quindi, Gesù va oltre il concetto dell’amore rivolto verso il prossimo che era ristretto e non includeva coloro che ci vogliono male, o addirittura annientare. Gesù afferma che è perfino vitale amarli, che fa parte della nostra fede.

Testo della predicazione: Deuteronomio 6,4-9

«Ascolta, Israele: Il Signore, il nostro Dio, è l'unico Signore. Tu amerai dunque il Signore, il tuo Dio, con tutto il cuore, con tutta l'anima tua e con tutte le tue forze. Questi comandamenti, che oggi ti do, ti staranno nel cuore; li inculcherai ai tuoi figli, ne parlerai quando te ne starai seduto in casa tua, quando sarai per via, quando ti coricherai e quando ti alzerai. Te li legherai alla mano come un segno, te li metterai sulla fronte in mezzo agli occhi e li scriverai sugli stipiti della tua casa e sulle porte della tua città».

Sermone

         Cari fratelli e care sorelle, i versetti che abbiamo ascoltato sono una esortazione forte, ad accogliere i Comandamenti, che Dio dona a Mosè sul Monte Sinai, come un dono del Signore, lo stesso Signore che ha liberato il popolo dalla schiavitù in Egitto perché vuole che tutti gli esseri umani siano liberi.

Si tratta di una serie di imperativi che partono da un dato certo nel quale il primo comandamento insiste: «Io sono il Signore tuo Dio che ti ha liberto dalla schiavitù in Egitto», non certo per soggiogarti in un altro modo, ma perché tu rimanga libero per sempre.

Questa libertà è il presupposto della fede, del mettere in pratica la Parola di Dio, dei comandamenti, dell’Evangelo che Gesù e gli apostoli hanno predicato. Così dirà l’apostolo Paolo: «Cristo ci ha liberati perché fossimo liberi; state dunque saldi e non vi lasciate porre di nuovo sotto il giogo della schiavitù» (Gal. 5,1).

Testo della predicazione: Giacomo 2,14-26

A che serve, fratelli miei, se uno dice di aver fede ma non ha opere? Può la fede salvarlo? Se un fratello o una sorella non hanno vestiti e mancano del cibo quotidiano, e uno di voi dice loro: «Andate in pace, scaldatevi e saziatevi», ma non date loro le cose necessarie al corpo, a che cosa serve? Così è della fede; se non ha opere, è per se stessa morta. Anzi uno piuttosto dirà: «Tu hai la fede, e io ho le opere; mostrami la tua fede senza le tue opere, e io con le mie opere ti mostrerò la mia fede». Tu credi che c’è un solo Dio, e fai bene; anche i demoni lo credono e tremano. Insensato! Vuoi renderti conto che la fede senza le opere non ha valore? Abraamo, nostro padre, non fu forse giustificato per le opere quando offrì suo figlio Isacco sull’altare? Tu vedi che la fede agiva insieme alle sue opere e che per le opere la fede fu resa completa; così fu adempiuta la Scrittura che dice: «Abraamo credette a Dio, e ciò gli fu messo in conto come giustizia»; e fu chiamato amico di Dio. Dunque vedete che l’uomo è giustificato per opere, e non per fede soltanto. E così Raab, la prostituta, non fu anche lei giustificata per le opere quando accolse gli inviati e li fece ripartire per un’altra strada? Infatti, come il corpo senza lo spirito è morto, così anche la fede senza le opere è morta.

Sermone

Cari fratelli e care sorelle, l’autore della lettera di Giacomo non sta cercando di correggere la teologia dell’apostolo Paolo come alcuni hanno ritenuto nel passato. In effetti, noi protestanti siamo abituati a fondare la nostra teologia sulle affermazioni dell’apostolo che, in Galati 2,16, afferma:

«Sappiamo che l'uomo non è giustificato per le opere della legge ma soltanto per mezzo della fede in Cristo Gesù … perché dalle opere della legge nessuno sarà giustificato».

         In realtà, Paolo e Giacomo, nelle loro lettere, affrontano temi diversi: Paolo affronta il tema della circoncisione nelle chiese i cui membri provengono dal paganesimo e non dall’ebraismo, mentre Giacomo riflette sul rapporto tra la fede e l’obbedienza, ritenute tutte e due essenziali. Così può affermare che l’obbedienza è una conseguenza della fede, è lei che la genera, dunque la fede soltanto sarebbe inutile senza l’obbedienza alla Paola del Signore.

Testo della predicazione: Isaia 58,1-9a

Grida a piena gola, non ti trattenere, alza la tua voce come una tromba; dichiara al mio popolo le sue trasgressioni, alla casa di Giacobbe i suoi peccati. Mi cercano giorno dopo giorno, prendono piacere a conoscere le mie vie, come una nazione che avesse praticato la giustizia e non avesse abbandonato la legge del suo Dio; mi domandano dei giudizi giusti, prendono piacere ad accostarsi a Dio. «Perché», dicono essi, «quando abbiamo digiunato, non ci hai visti? Quando ci siamo umiliati, non lo hai notato?». Ecco, nel giorno del vostro digiuno voi fate i vostri affari ed esigete che siano fatti tutti i vostri lavori. Ecco, voi digiunate per litigare, per fare discussioni, e colpite con pugno malvagio; oggi, voi non digiunate in modo da far ascoltare la vostra voce in alto. È forse questo il digiuno di cui mi compiaccio, il giorno in cui l’uomo si umilia? Curvare la testa come un giunco, sdraiarsi sul sacco e sulla cenere, è dunque questo ciò che chiami digiuno, giorno gradito al Signore? Il digiuno che io gradisco non è forse questo: che si spezzino le catene della malvagità, che si sciolgano i legami del giogo, che si lascino liberi gli oppressi e che si spezzi ogni tipo di giogo? Non è forse questo: che tu divida il tuo pane con chi ha fame, che tu conduca a casa tua gli infelici privi di riparo, che quando vedi uno nudo tu lo copra e che tu non ti nasconda a colui che è carne della tua carne? Allora la tua luce spunterà come l’aurora, la tua guarigione germoglierà prontamente; la tua giustizia ti precederà, la gloria del Signore sarà la tua retroguardia. Allora chiamerai e il Signore ti risponderà; griderai, ed egli dirà: «Eccomi!».

Sermone

            Cari fratelli e care sorelle, è una promessa di salvezza che il profeta Isaia annuncia e la fa in un’epoca difficile, quando il popolo è reduce dall’esilio in terra straniera, Babilonia. Il re persiano Ciro nel 538 a.C. è vincitore su Babilonia ed emana un editto che pone fine all’esilio di Israele; così comincia il ritorno in patria dei profughi esiliati, e con difficoltà, si ripopolano le campagne, comincia una lenta ricostruzione di quanto era stato distrutto e raso al suolo, anche il tempio di Gerusalemme.

         Ma le ristrettezze economiche fanno vacillare quanti hanno compiuto questo atto di fede, spesso si fermano i lavori di ricostruzione, presto entra lo scoramento e la sfiducia, lo slancio di un nuovo inizio presto si affievolisce.

         È a questa gente che Isaia parla, gente che tuttavia si rivolge a Dio, e a lui domanda quale futuro si delinea davanti a loro. Il lamento che sale a Dio è collettivo. Il popolo si rivolge a Dio nel culto, rende a Lui sacrifici, pratica diversi riti e, in particolare, il digiuno.

Ma Dio se ne sta in silenzio.

Testo della predicazione: Genesi 1,1 fino a 2,3. Passim.

«In principio Dio creò il cielo e la terra. Dio disse: «Vi sia la luce!». E apparve la luce. Dio vide che la luce era bella e separò la luce dalle tenebre. Dio chiamò la luce “Giorno” e le tenebre “Notte”. Dio disse: «Vi sia una grande volta. Divida la massa delle acque». E così avvenne. Dio chiamò la grande volta “Cielo”. Dio disse: «Siano raccolte in un sol luogo le acque che sono sotto il cielo e appaia l’asciutto». E così avvenne. Dio chiamò l’asciutto “Terra” e chiamò le acque “Mare”. Dio disse: «La terra si copra di verde, produca piante con il proprio seme e ogni specie di albero da frutta. E così avvenne. Dio disse: «Vi siano luci nella volta del cielo: saranno segni per le feste, i giorni e gli anni. Risplendano nel cielo per far luce sulla terra». E così avvenne. Dio fece due grosse luci: il sole, la luna e poi anche le stelle. Dio disse: «Le acque producano animali che guizzano, e sulla terra e nel cielo volino gli uccelli». E così avvenne. E disse: «Produca la terra varie specie di animali: domestici, selvatici e quelli che strisciano». E così avvenne. Poi disse: «Facciamo gli esseri umani: siano la nostra immagine». Li benedisse con queste parole: «Siate fecondi, diventate numerosi, popolate la terra. Governatela e abbiate cura dei pesci, degli uccelli e di tutti gli animali». Dio disse: «Vi do tutte le piante con il proprio seme, e tutti gli alberi da frutta. Così avrete il vostro cibo. Dio vide che tutto quel che aveva fatto era davvero molto bello. Terminata la sua opera, Dio si riposò.»

Sermone

Cari fratelli e care sorelle, abbiamo ascoltato il brano biblico che racconta della creazione della terra, quanto in essa è contenuto, ma anche della creazione dell’universo intero.

«In principio…». Cosa accadde prima che tutte le cose esistessero?

Dio crea!

Cosa crea Dio?

Dio crea la vita! Dio chiama, cioè, all’esistenza.

E cosa c’era prima?

Il nulla! O meglio, il caos primordiale ricordato dalle “acque” sulla cui superfice aleggiava lo Spirito di Dio, o, secondo studi recenti, un vento impetuoso. Tutto era vuoto, deserto e buio, perché non c’era vita. Non esisteva ancora la luce. Non si vedeva nulla, ma tanto non c’era nulla da vedere, proprio nulla, ma neppure c’era qualcuno che avrebbe voluto vedere qualcosa.

Ma qualcuno però c’era, chi?

Testo della predicazione: Salmo 24

Del Signore è la terra con le sue ricchezze, il mondo con i suoi abitanti. Lui l’ha fissata sopra i mari, l’ha resa stabile sopra gli abissi.

Chi è degno di salire al monte del Signore? Chi entrerà nel suo santuario?

Chi ha cuore puro e mani innocenti; chi non serve la menzogna e non giura per ingannare.

Egli sarà benedetto dal Signore e accolto da Dio, suo salvatore.

Così sono quelli che lo cercano, quelli che lo vogliono incontrare: questo è il popolo di Giacobbe!

Alzate, porte, i vostri frontoni, alzatevi, porte antiche: entra il re, grande e glorioso!

Chi è questo re grande e glorioso?  È il Signore, valoroso e forte, è il Signore che vince le guerre!

Alzate, porte, i vostri frontoni, alzatevi, porte antiche: entra il re, grande e glorioso!

Chi è questo re grande e glorioso?  È il Signore, Dio dell’universo: è lui il re grande e glorioso!

Sermone

È solo da pochi anni che abbiamo visto, per la prima volta nella storia dell'umanità, il nostro pianeta dallo spazio: una sfera con più di due terzi d'acqua, terre e continenti, miliardi di persone. E sappiamo bene che questo globo può trasformarsi, in meno di un secolo, in un paesaggio spettra­le e desertico. La tecnica che abbiamo sviluppato e messo in opera ha già provocato danni che possiamo definire irreversibili o che potranno essere sanati solo dopo diverse centinaia di anni (Chernobyl), la lacerazione dello strato di ozono; l’innalzamento delle temperature, dovuto all’inquinamento dell’atmosfera, scioglie i ghiacciai (una volta detti “perenni”) e delle calotte polari provocando l’innalzamento dei mari e l’arretramento di enormi lembi di terra: a breve scompariranno molte città costiere. Siamo solo all’inizio, ma già in Puglia il mare ha coperto oltre 15 metri di terra asciutta.  E continua il processo di desertificazione del globo terre­stre, continua la distruzione del grande polmone della terra costituito dalle foreste tropicali.

Oggi non possiamo più vivere inerti davanti alla distruzione dell'ambiente in cui viviamo perché tra noi e l'ambiente c'è una interdipendenza che risulta oggi fatale: distruggere il creato significa autodistruggersi.

Testo della predicazione: Luca 6,36-42

«Siate misericordiosi come è misericordioso il Padre vostro. Non giudicate, e non sarete giudicati; non condannate, e non sarete condannati; perdonate, e vi sarà perdonato. Date, e vi sarà dato; vi sarà versata in seno buona misura, pigiata, scossa, traboccante; perché con la misura con cui misurate, sarà rimisurato a voi». Poi Gesù disse loro anche una parabola: «Può un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutti e due in un fosso? Un discepolo non è più grande del maestro; ma ogni discepolo ben preparato sarà come il suo maestro. Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio di tuo fratello, mentre non scorgi la trave che è nell’occhio tuo? Come puoi dire a tuo fratello: “Fratello, lascia che io tolga la pagliuzza che hai nell’occhio”, mentre tu stesso non vedi la trave che è nell’occhio tuo? Ipocrita, togli prima dall’occhio tuo la trave, e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza che è nell’occhio di tuo fratello».

Sermone

            Care sorelle e cari fratelli, l’evangelista Luca colloca il discorso programmatico di Gesù, il Sermone sul Monte, non, appunto, su un Monte come fa Matteo, ma su un pianoro, perché il pianoro rappresenta il luogo della riflessione e della preghiera. L’evangelista Matteo invece, colloca il discorso di Gesù su un Monte perché raffigura il Sinai, dove Mosè ricevette le tavole della legge di Dio.

Dunque Matteo presenta Gesù come il nuovo Mosè che annuncia la nuova legge di Dio, la legge dell’amore per la quale Dio non chiede nulla in cambio e Luca presenta Gesù come Colui che permette di rasserenarci con la sua Parola che ispira la nostra meditazione e la nostra preghiera. Entrambi fanno un uso teologico della geografia.

         Il brano alla nostra attenzione ha come tema il giudizio e la giustizia: giustizia di Dio e giustizia umana.

         Gesù, in Luca, ci propone di praticare una giustizia che si fondi sulla misericordia e sul perdono. Per questo dice: «Siate misericordiosi come è misericordioso il Padre vostro con voi». Il messaggio è che nessun credente deve mai contraccambiare al comportamento dell’altro, ripagarlo con la stessa moneta. Gesù vuole insegnarci che all’odio non dobbiamo rispondere con l’odio (occhio per occhio), ma neppure dobbiamo aspettare di essere amati per contraccambiare con l’amoreperché Dio non rende male per male e bene per bene.

Testo della predicazione: Genesi 12,1-4a

Il Signore disse ad Abramo: «Va' via dal tuo paese, dai tuoi parenti e dalla casa di tuo padre, e va' nel paese che io ti mostrerò; io farò di te una grande nazione, ti benedirò e renderò grande il tuo nome e tu sarai fonte di benedizione. Benedirò quelli che ti benediranno e maledirò chi ti maledirà, e in te saranno benedette tutte le famiglie della terra». Abramo partì come il Signore gli aveva detto.

Sermone

Care sorelle e cari fratelli, la Bibbia, quasi ad ogni pagina, è intrisa di argomenti relativi a persone che si pongono in cammino. Si tratta di persone migranti come Abramo nel brano di oggi, come Giacobbe che scappa dal fratello violento, che poi lascia Labano con le mogli Rachele e Lia, che andrà poi incontro al fratello Esaù per riconciliarsi, come Mosè che va via dall’Egitto, Israele stesso che attraversa il Mare e poi il deserto, e una lunga schiera di personaggi che si pongono in cammino per far visita a persone care come Maria ad Elisabetta, Gesù a Lazzaro ormai morto, persone che hanno tutte le ragioni per viaggiare come quella tanto importante che è annunciare il Vangelo di Gesù come fa l’apostolo Paolo.

Non si capisce proprio come fa la Bibbia a parlare a popoli, nazioni, chiese, religioni e persone, tutte così diverse tra loro: a persone ricche, povere, di alto e di basso rango, di culture, etnie e colore della pelle tanto disparati. Ma così è! Per la Bibbia la fede si fonda nell’accogliere e condividere le diversità di ciascuno e ciascuna di noi: che si tratti di persone con diversità abili, di persone intellettualmente agli antipodi, di persone povere e persone ricche. La Bibbia ci racchiude, tutti, in un’unica categoria: siamo tutti stranieri e pellegrini e invita tutti all’accoglienza reciproca perché tutti abbiamo bisogno gli uni degli altri, come i disabili che hanno la necessità che qualcuno si prenda cura di loro, così anche noi che riteniamo di star bene e di non aver bisogno di nessuno, anche noi abbiamo bisogno attenzioni, di ascoltare e di essere ascoltati.  

Testo della predicazione: Luca 16,19-31

«C’era un uomo ricco, che si vestiva di porpora e di bisso, e ogni giorno si divertiva splendidamente; e c’era un mendicante, chiamato Lazzaro, che stava alla porta di lui, pieno di ulceri, e bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco; e perfino i cani venivano a leccargli le ulceri. Avvenne che il povero morì e fu portato dagli angeli nel seno di Abraamo; morì anche il ricco, e fu sepolto. E nell’Ades, essendo nei tormenti, alzò gli occhi e vide da lontano Abraamo, e Lazzaro nel suo seno; ed esclamò: “Padre Abraamo, abbi pietà di me, e manda Lazzaro a intingere la punta del dito nell’acqua per rinfrescarmi la lingua, perché sono tormentato in questa fiamma”. Ma Abraamo disse: “Figlio, ricòrdati che tu nella tua vita hai ricevuto i tuoi beni e che Lazzaro similmente ricevette i mali; ma ora qui egli è consolato, e tu sei tormentato. Oltre a tutto questo, fra noi e voi è posta una grande voragine, perché quelli che vorrebbero passare di qui a voi non possano, né di là si passi da noi”. Ed egli disse: “Ti prego, dunque, o padre, che tu lo mandi a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli, affinché attesti loro queste cose, e non vengano anche loro in questo luogo di tormento”. Abraamo disse: “Hanno Mosè e i profeti; ascoltino quelli”. Ed egli: “No, padre Abraamo; ma se qualcuno dai morti va a loro, si ravvedranno”. Abraamo rispose: “Se non ascoltano Mosè e i profeti, non si lasceranno persuadere neppure se uno dei morti risuscita”».

Sermone

Care sorelle e cari fratelli, Gesù rivolge questa parabola a dei farisei che erano osservanti della legge e molto religiosi. Tuttavia si trattava di una religiosità di facciata, e Gesù li tocca nel loro punto più debole: il denaro. Essi affermavano che la loro condizione di ricchezza fosse la prova del favore di Dio, che Dio stesse dalla loro parte. I farisei si appoggiavano su quelle scritture secondo le quali il giusto prospera e il malvagio soffre: «Se ubbidisci al Signore, egli ti moltiplicherà di beni» (Deut. 28); Dio e denaro diventavano, così, indissolubilmente uniti; così anche la malattia e la povertà erano ritenuti conseguenza del peccato; infatti diceva la legge: «se non ubbidisci alla voce del Signore …non prospererai…» (Deut. 28).  

Gesù, però, contesta questa interpretazione della legge antica e separa Dio da mammona (16,13), chiedendo di scegliere tra i due. Gesù afferma che la ricchezza può avere conseguenze devastanti nel rapporto con Dio e con il prossimo, perciò Maria canta il suo Magnificat dicendo: «Ha mandato a mani vuote i ricchi» (1,53); e Gesù dirà: «Guai a voi, ricchi perché avete già la vostra consolazione» (6,24), ma ai poveri dirà: «Beati voi che ora avete fame, perché sarete saziati» (6,21).

Gesù capovolge quella interpretazione delle Scritture che genera ingiustizie, prepotenze, diseguaglianze e sofferenze.