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Domenica, 10 Aprile 2016 20:42

Sermone di domenica 10 aprile 2016 (Apocalisse 5,1-14)

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Testo della predicazione: Apocalisse 5,1-14

Vidi nella destra di colui che sedeva sul trono un libro scritto di dentro e di fuori, sigillato con sette sigilli. E vidi un angelo potente che gridava a gran voce: «Chi è degno di aprire il libro e di sciogliere i sigilli?» Ma nessuno, né in cielo, né sulla terra, né sotto la terra, poteva aprire il libro, né guardarlo. Io piangevo molto perché non si era trovato nessuno che fosse degno di aprire il libro, e di guardarlo. Ma uno degli anziani mi disse: «Non piangere; ecco, il leone della tribù di Giuda, il discendente di Davide, ha vinto per aprire il libro e i suoi sette sigilli». Poi vidi, in mezzo al trono e alle quattro creature viventi e in mezzo agli anziani, un Agnello in piedi, che sembrava essere stato immolato, e aveva sette corna e sette occhi che sono i sette spiriti di Dio, mandati per tutta la terra. Egli venne e prese il libro dalla destra di colui che sedeva sul trono. Quand'ebbe preso il libro, le quattro creature viventi e i ventiquattro anziani si prostrarono davanti all'Agnello, ciascuno con una cetra e delle coppe d'oro piene di profumi, che sono le preghiere dei santi. Essi cantavano un cantico nuovo, dicendo: «Tu sei degno di prendere il libro e di aprirne i sigilli, perché sei stato immolato e hai acquistato a Dio, con il tuo sangue, gente di ogni tribù, lingua, popolo e nazione, e ne hai fatto per il nostro Dio un regno e dei sacerdoti; e regneranno sulla terra». E vidi, e udii voci di molti angeli intorno al trono, alle creature viventi e agli anziani; e il loro numero era di miriadi di miriadi, e migliaia di migliaia. Essi dicevano a gran voce: «Degno è l'Agnello, che è stato immolato, di ricevere la potenza, le ricchezze, la sapienza, la forza, l'onore, la gloria e la lode». E tutte le creature che sono nel cielo, sulla terra, sotto la terra e nel mare, e tutte le cose che sono in essi, udii che dicevano: «A colui che siede sul trono, e all'Agnello, siano la lode, l'onore, la gloria e la potenza, nei secoli dei secoli». Le quattro creature viventi dicevano: «Amen!» E gli anziani si prostrarono e adorarono.

Sermone

Cari fratelli e care sorelle, il libro dell’Apocalisse è un libro misterioso, pieno di parole da interpretare, da collocare nel giusto posto prima di poter intenderne il messaggio sempre preciso e penetrante. Ed è questo messaggio che tenteremo anche noi, oggi, di capire facendo un piccolo viaggio nel mondo del veggente Giovanni.

L'Apocalisse è un libro che parla per immagini, un po' come le parabole di Gesù, solo che le immagini dell'apocalisse non servono a facilitare la comprensione (come nelle parabole), ma per nasconderla, affinché il persecutore non intenda mentre i credenti sì.

L'immagine alla nostra attenzione è una scena di giudizio. Vi è un trono, posto al centro della scena, su cui siede il giudice, Dio, vi sono i suoi servi, i suoi ministri e, ciò che più conta, un libro. La stessa scena ce la propone il profeta Daniele con lo stesso trono sul quale siede Dio e con gli stessi servi; a un certo momento l’atmosfera si fa carica di tensione perché “...i libri furono aperti”.

In una scena di giudizio biblica, il libro contiene dei nomi, i nomi di coloro che sono stati fedeli fino alla morte, altrove nella Bibbia è definito “il libro della vita” (Salmo 69,29; Apoc 13,8).

Nella nostra scena apocalittica, vi è un lungo momento di suspense perché “nessu­no poteva aprire il libro”. Vi è un’attesa nel cielo, si rimane con il fiato sospeso... fino a quando non viene annunciato che c’è qualcuno degno di aprire il libro e i suoi sigilli. Ecco, qui il libro passa in secondo piano, a questo punto il libro perde importanza, pur restando un elemento essenziale; l’attenzione è dedicata a Colui che può aprire il libro, che può scio­glierne i sigilli, che può leggerlo, ed è un agnello che è degno di farlo.

Il giudizio di Dio non può essere pronunciato senza quell’agnello, senza l’opera di quell’agnello. Prima era sufficiente il libro, bastava leggerne il contenuto, conoscere i nomi dei salvati. Ma ora l'Apocalisse ci svela che non viene affidata ad un libro l'autorità di salvare, ma all'Agnello che è morto per tutti gli uomini e le donne, è risorto ed in Lui ogni essere umano trova grazia, salvezza, perdono, giustificazione.

Questo significa che nulla è affidato alle nostre forze e capa­cità umane affinché il nostro nome venga scritto nel libro, ma ogni opera di salvezza è nelle mani di Colui che può salvare: Gesù. Capite quale grande messaggio sta portando il veggente Giovanni al mondo e ai credenti del suo tempo e a noi oggi?

Ma perché il veggente propone proprio la figura di un Agnello? Ci viene pre­sentato immolato, sgozzato, sacrificato.

Si tratta dell’A­gnello pasquale, quello descritto nel libro dell'Esodo, il cui sangue doveva essere sparso sugli stipiti delle porte e che ha permesso a Israele di ricevere la liberazione dalla schiavitù egiziana.

Per gli ebrei, l’agnello pasquale era il segno della liberazione dall’Egitto, e per il veggente Giovanni dell'Apocalisse, l’agnello è Cristo, egli è il segno della liberazione che riguarda il nostro peccato. Per questo afferma Giovanni il battista: «Ecco l’agnello di Dio che toglie il peccato dal mondo» (Giov. 1,29). Infatti, il Vangelo di Giovanni fa coinci­dere la morte di Gesù con il giorno in cui gli ebrei sacrificavano l’agnello pa­squale. Dunque, è Gesù Cristo il nuovo agnello sacrificato per la nostra liberazione. Liberazione dalle nostre angosce, dai nostri tabù, da se stessi, dall'incapacità di meritare la salvezza e il perdono.

L’antica concezione di giudizio è sconvolta, perché attraverso Cristo, come insegnava Martin Lutero, il Dio giudice non è più il Dio che castiga e punisce il peccatore, ma colui che rende giusto il peccatore, l’uomo, la donna che nonostante colpevoli, sono assolti per grazia.

Il veggente Giovanni vive insieme ai credenti di allora un’epoca di persecuzioni, di sofferenza e di dolore. Altro che liberazione! Altro che redenzione! Altro che salvezza!

I credenti cominciavano a porsi dei seri interrogativi sulla libe­razione promessa da Cristo e sul suo Regno di Giustizia e di Pace che doveva presto giungere. Qualcuno cominciava a ritenere inutile, la propria fede perché nel mondo non era cambiato nulla.

Ma Giovanni sapeva che «la Luce è venuta nel mondo, ma il mondo non l’ha ricevuta». Dunque annuncia ai credenti che la vera liberazione comincia dentro noi stessi, quella libertà che ci rende disponibili per gli altri, per andare incontro agli altri, per servire gli altri, perdonarli, amarli, accoglierli.

L’autore dell’Apo­calisse mette in guardia i credenti dalla passività e incoraggia all’azione: «Oh, fossi tu pur freddo o fervente, siccome sei tiepido ti vomiterò…». Sebbene l’Apocalisse sia il libro dell’attesa della giustizia di Dio, tuttavia esso non con­cepisce l’attesa come pigra e sterile. Giovanni pensa a un’attesa operosa, un’attesa in cui vivere da cristiani ha un senso, anche se doveva costare molto ai cristiani di allo­ra che vivevano persecuzioni e sofferenze.

Spesso il dolore rende il cuore vuoto, stanco e infelice, tuttavia, qui c’è la consapevolezza che i credenti ricevono forza e vigore proprio da chi ha sofferto per loro: da Gesù, l'Agnello immolato per loro.

Dunque, l’attesa dei creden­ti! Ci è spiegato che bisogna sempre riempire di senso e di valore quello che siamo e quello che facciamo. Giovanni ci vuole far uscire da quella sensazione di sconforto, di vuoto e di stanchezza che spesso prende chi vive una lunga attesa, anche di una risposta che tarda ad arrivare.

È vero che alle volte le difficoltà e le sofferenze della vita ci rendono incapaci di rialzarci, ma chi ha sofferto prima di noi e per noi, oggi ci vuole dare tutto il conforto e la sua Parola di sollievo perché possiamo trovare forza e slancio nuovi verso la vita, verso il mondo, gli altri.

Il senso della nostra attesa di credenti è dato dall’opera che siamo chiamati a dare, dal nostro contributo e impegno nel mondo di oggi. Non stanchiamoci, la pagina di oggi ci incoraggia ad avere fiducia in Colui che ha voluto dimostrarci che con la sua morte, possiamo contare su di lui.

Non stanchiamoci di ricevere e di dare fiducia, conforto e forza a coloro che, come noi, in questo cammino sono stanchi e non ce la fanno più. Siamo chiamati a guardare oltre noi stessi, oltre il nostro orizzonte, per scoprire un Dio che ci libera dalle angosce del mondo e dalle sue paure per permetterci di tendere le nostre mani verso chi non ce la fa più e vorrebbe rinunciare. Amen!

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Pastore Giuseppe Ficara

Consacrato nel 1992, ha svolto il suo ministero nelle chiese di Riesi, Caltanissetta, Agrigento, Trapani e Marsala, Palermo.
Pastore a Luserna San Giovanni da Agosto 2013.

 

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