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Domenica, 15 Dicembre 2013 17:31

Sermone di domenica 15 dicembre 2013 (Luca 7,18-22)

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Testo della predicazione: Luca 7,18-22

I discepoli di Giovanni gli riferirono tutte queste cose. Ed egli, chiamati a sé due dei suoi discepoli, li mandò dal Signore a dirgli: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettarne un altro?» Quelli si presentarono a Gesù e gli dissero: «Giovanni il battista ci ha mandati da te a chiederti: "Sei tu colui che deve venire o ne aspetteremo un altro?"» In quella stessa ora, Gesù guarì molti da malattie, da infermità e da spiriti maligni, e a molti ciechi restituì la vista. Poi rispose loro: «Andate a riferire a Giovanni quello che avete visto e udito: i ciechi ricuperano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, il vangelo è annunziato ai poveri. Beato colui che non si sarà scandalizzato di me!». 

Sermone

Care sorelle e cari fratelli, questo testo biblico di Luca ci sorprende. Giovanni il battista è lo stesso che ha battezzato Gesù nel fiume Giordano e durante il battesimo di Gesù si aprì il cielo e lo Spirito Santo scese come una colomba e una voce dal Cielo: «Tu sei mio figlio, in te mi sono compiaciuto» (Lc 3,22). Il testo biblico di oggi ci sorprende perché è lo stesso Giovanni che aveva visto i cieli aperti e sentito la voce dal cielo che ora, dalla prigione in cui si trova, invia i suoi discepoli da Gesù a domandare se è lui il Messia oppure no: «Se tu colui che deve venire o dobbiamo aspettarne un altro?».

Forse i segni di Gesù non erano sufficienti a credere che in lui si adempivano le promesse? Oppure le attese riguardo al Messia erano più grandi della realtà? O forse è il contrario, cioè che la speranza che Gesù il Messia porta va molto oltre le nostre aspettative, fino a non crederci?

L’attesa del Messia avrebbe portato la liberazione, una liberazione che, nella Bibbia, è sempre un’azione di Dio: Dio libera il popolo dalla schiavitù d’Egitto, poi da Babilonia, dai nemici che lo vogliono annientare e distruggere; ora l’attesa è quella relativa all’annientamento di un dominatore che rende schiavi i giudei: è l’impero di Roma.

Si attendeva che il Messia liberasse Israele dai Romani, dal loro dominio, dalla loro cultura pagana che contaminava quella ebraica fondata sulle Scritture e sulla Torà che Dio stesso aveva donato e che ora era sminuita e svalutata. 

Forse anche Giovanni il Battista si attendeva questo dal Messia? Forse la sua missiva era tesa a incoraggiare Gesù a compiere bene la sua opera? «Sei davvero tu, o sarà un altro?».

Gesù aveva compiuto diversi miracoli, liberazioni, potenti operazioni e Giovanni ne era certamente al corrente, allora forse in Giovanni non vi è l’incertezza della fede nel Messia, ma la richiesta di sapere se sono proprio quelle le opere che deve compiere il Messia di Dio. Allora, la domanda del Battista suonerebbe così: «Sono questi i segni del compimento della promessa?».

Gesù non risponde con un «sì» o con un «no», Gesù il Messia risponde che sono le sue opere ad attestare che la promessa di Dio si compie, che il Regno di Dio viene; un Regno che consiste nel creare un mondo nel quale «i ciechi ricuperano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano e il Vangelo è annunciato ai poveri».

 Si tratta di atti di liberazione, come quelli che Dio, personalmente, aveva compiuto precedentemente e che sono riportati nelle Scritture d’Israele. Il Vangelo di Gesù, cioè l’annuncio della buona notizia, è proprio quello della liberazione dalle nostre catene che ci rendono inerti, inoperosi, come morti, passivi, sottomessi.

Il Vangelo di Gesù annuncia la liberazione da ogni forma di schiavitù che opprime la nostra anima, la nostra esistenza umana, il nostro cuore. È una speranza che va oltre le apparenze, che vede oltre i nostri occhi il cuore dell’altro/a e la sua anima, che cammina attraverso nuovi mondi costituiti da leggi che sono diverse da quelle umane perché l’amore rende cittadini di un mondo di solidarietà in cui siamo resi capaci di udire il grido degli oppressi, di condivisione in cui tutto è diviso con i poveri e dove l’accoglienza dei lebbrosi e degli emarginati li guarisce; un mondo di riconciliazione con le nostre storie, con il nostro passato, con una umanità ferita, un mondo di partecipazione nel quale ognuno offre il proprio contributo per la pace e la giustizia.

«Sei tu colui che deve venire?».

Forse questa è anche la nostra domanda; forse noi ci scandalizziamo del Vangelo di Gesù e ci poniamo in attesa di un altro, un Messia meno esigente, che faccia tutto da solo e non chieda la nostra partecipazione al Regno che annuncia. Forse abbiamo addomesticato il Vangelo rendendo il Messia uno che è arrivato nel passato e che tornerà in futuro, ma assente oggi.

Forse non abbiamo ritenuto necessario che il Messia fosse presente nella nostra storia, nel nostro orizzonte di credenti e di Chiesa. Ci siamo posti così in attesa passiva rendendo così arida la nostra anima, il nostro cuore, zoppe le nostre gambe, vuote le nostre mani, morto il nostro spirito senza passione, senza fuoco per Dio e per il prossimo. Forse abbiamo avuto paura e abbiamo sotterrato l’amore di Dio, la sua presenza, il suo Regno.

Ma oggi, il tempo dell’Avvento ci spiega che Gesù il Messia ci libera dalle nostre paure e ci dona il coraggio di compiere scelte che vanno al di là dei nostri piccoli orizzonti, delle nostre chiusure, ci fanno avere il coraggio di andare oltre noi stessi per incontrare il fratello, la sorella, per camminare non più da soli, ma insieme ad altri nella solidarietà e nella comunione.

La liberazione da noi stessi, dai nostri egoismi, dalle nostre paure genera una nuova realtà, un mondo nuovo che Dio ha promesso e che vuole realizzare nel presente, qui e ora, con la nostra partecipazione.

Questa è la grazia di Dio, provoca in noi la conversione, ci rende ricettivi al suo amore e alle sue promesse, una conversione che cambia la nostra prospettiva, ci permette di vedere Dio all’opera che realizza le sue promesse, anche oggi, nel nostro mondo martoriato dalla schiavitù di ogni genere: schiavitù del denaro, della povertà, dell’ignoranza, dell’essere saccenti, arroganti, egoisti e vittime del consumismo che è idolatrato e adorato.

Oggi il Vangelo di Luca ci dà la speranza che il Messia può veramente liberarci da tutto ciò per instaurare un regno nuovo nel quale poter essere veramente non come altri vogliono che siamo, ma essere se stessi, non più disumani, ma umani e gioiosi dell’opera che Dio compie ogni giorno nel mondo. Amen!

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Pastore Giuseppe Ficara

Consacrato nel 1992, ha svolto il suo ministero nelle chiese di Riesi, Caltanissetta, Agrigento, Trapani e Marsala, Palermo.
Pastore a Luserna San Giovanni da Agosto 2013.

 

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