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Mercoledì, 02 Agosto 2017 17:20

Predicazione di domenica (Giovanni 6,30-35)

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Testo della predicazione: Giovanni 6,30-35

Dissero a Gesù: «Quale segno miracoloso fai, dunque, perché lo vediamo e ti crediamo? Che operi? I nostri padri mangiarono la manna nel deserto, come è scritto: “Egli diede loro da mangiare del pane venuto dal cielo”». Gesù rispose: «In verità, in verità vi dico che non Mosè vi ha dato il pane che viene dal cielo, ma il Padre mio vi dà il vero pane che viene dal cielo. Poiché il pane di Dio è quello che scende dal cielo, e dà vita al mondo». Essi quindi gli dissero: «Signore, dacci sempre di questo pane». Gesù disse loro: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà più fame e chi crede in me non avrà mai più sete».

Sermone

Cari fratelli e care sorelle, questo brano è situato appena dopo il racconto della moltiplicazione dei pani e dei pesci: Gesù condivide quel poco che i discepoli posseggono con una grande folla che lo seguiva. Qui, Gesù si proclama egli stesso "Pane", da spezzare, da mangiare, da condividere. Più esattamente dice di essere il "Pane della vita".

Nella Bibbia, il pane è spesso una metafora con diversi significati, può rappresentare la legge dell'Antico Testamento, oppure gli insegnamenti dei Rabbi, i maestri. Il profeta Nehemia, accosta la legge che Dio diede a Mosè, alla manna che il popolo mangiò nel deserto, una manna venuta dal cielo dice il profeta (9,15). Alla manna vi facciamo riferimento anche nei nostri detti quando diciamo per esempio: «quella medicina, o quella pioggia, è stata una manna».

Tuttavia, Gesù dichiara che quello di Mosè, era un pane che nutriva solo il corpo e la vita biologica, ma il vero pane, quello che dà la vera vita in ogni senso, viene da Dio. Questo pane dà la vita al mondo, dà cioè il desiderio, sempre nuovo, di vivere con riconoscenza e gioia, e di condividere la nostra speranza con tutti.

Il pane che dona Gesù, dunque, è per sempre, è innanzitutto il dono di se stesso per ognuno di noi, un dono che ci ricarica e ci stimola nella fede, nella gratitudine, nella condivisione con gli altri attorno a noi; nella solidarietà, nell’accoglienza senza interessi personali.

Il dono di sé di Gesù, è il suo amore per ciascuno di noi, è lo stesso amore che ci fa amare gli altri e ci fa andare incontro a loro senza attenderci nulla in cambio. Sì, l’amore di Gesù è un pane che si dà e si riceve gratuitamente e i suoi benefici sono per tutta la vita. 

Non serve un miracolo straordinario per permettere di dare un senso profondo a noi stessi e alla vita che viviamo: all’origine c’erano solo cinque pani e due pesci che, nello spirito della condivisione, sono stati sufficienti per sfamare tutti. Ecco, il miracolo non consiste in una formula magica che fa spuntare dal nulla farina, acqua e lievito per formare dell’altro pane, ma il miracolo consiste nella gioia di offrire agli altri quel poco che si ha, nel desiderio che gli altri non siano più colpiti dalla povertà, dalla fame, dalla guerra e dalla violenza, ma vi sia cibo per tutti, acqua, una terra e una casa dove abitare in pace e una fede da vivere con semplicità di cuore.

Così la chiesa primitiva, simbolicamente, spezzava il pane di casa in casa, e condivideva tutti i propri beni, proprio per realizzare concretamente il dono della condivisione e della fraternità umana.

Per questo Gesù dice: «Io sono il pane della vita»: quel pane che è stato sufficiente per tutti, quel pane che sembrava fosse solo per pochi e che si esaurisse all'interno di una piccola cerchia dei dodici, quel pane che è stato condiviso e ha saziato migliaia di persone desiderose di ascoltare le parole di Gesù. Parole che si sono concretizzate in quell’esperienza di sentirsi accolti all’interno di un progetto di vita, di speranza e di desiderio di realizzare, di partecipare alla vita stessa in modo attivo e gioioso.

Così oggi Gesù dice: «Io sono il pane che dà la vita».

Non esiste, cioè, un “Gesù solo per me”, un “Dio a mia misura” per il proprio comodo, per le proprie necessità, come un Genio della lampada da strofinare e tirar fuori all’occorrenza. Dio è in mezzo agli esseri umani, tra gli uomini e le donne; è un Dio che riconosco come il mio Dio e il Dio degli altri, Padre mio e Padre degli altri che diventano per me fratelli e sorelle; un Dio che si rivela a me attraverso il dono degli altri che la vita mi offre.

Gesù diventa pane della vita quando ci facciamo dono per gli altri, come Gesù si è fatto dono per noi, a caro prezzo; quando non pensiamo alla nostra esclusiva sicurezza, ma a quella di tutti; quando non viviamo per soddisfare la nostra sola fame, ma anche a quella degli altri che così potranno ricevere Gesù come pane della vita.

Quello che dà senso a tutto ciò è la condivisione del pane, l’atteggiamento di generosità gratuita e di umanità che offre e porta a tutti il pane. Questo significa la frase: «Io sono il pane che dà vita»; significa: «Io sono il senso della vostra esistenza, perché sono tutto in tutti, io sono il Dio che vi chiama a riconoscere che la vostra vita può diventare un vero miracolo quotidiano se avrete la capacità di viverla all’interno di un’esistenza che si sente legata alle altre e vive questa interdipendenza come una risorsa che è forza, speranza e futuro per tutti».

Là dove manca questo legame di interdipendenza, invece, si grida: "Ma dov'è il Signore? Perché permette che succeda questo o quello? E perché proprio a me?”. Se non imparo a riconoscere che il mio prossimo sono io stesso, non avrò neppure la capacità di riconoscere che Dio è davvero presente nel mondo con il suo amore, il suo conforto, la sua forza e il suo coraggio.

Oggi il testo biblico ci permette di domandarci: Che cosa è per me Cristo? È un genio della lampada da tirar fuori quando ne ho bisogno, oppure è Colui che mi lega agli altri facendomi entrare in un orizzonte di affetti, di relazioni, fraternità, umanità e solidarietà? Tutto ciò sarà forza e vita per noi, per tutti; desiderio di pace, di speranza per tutti; di superamento della violenza e del respingimento; desiderio di essere quei figli e figlie di un Padre che insegna a vedere il mondo con i suoi occhi e con lo scopo per cui l’ha creato.

Sono invece tante le persone che, al contrario, vivono il proprio egoismo, chiuse e piegate su se stesse, vuote, come un pallone che si sgonfia, come una campana vuota e pensano che sia giusto così per proteggersi dagli altri. Ma vivono un’esistenza senza alcun senso, aspettando sempre che la vita, così come per magia, porti loro gioia e felicità.

Il “Gesù per me pane della vita”, significa aprirsi al rischio di incontrare gli altri, di amare gli altri, di apprezzarli con tutti i loro limiti, di camminare con gli altri, di avere fiducia.

Per l’evangelista Giovanni, dopo la condivisione dei pani e dei pesci, è questo brano che spiega il senso della Cena del Signore. Gesù è il pane che condividiamo quando celebriamo la Cena del Signore, che è celebrazione della condivisione e parabola di quello che è chiamato ad essere il nostro mondo, la nostra società, la nostra chiesa, noi stessi: un mondo di persone consapevoli della loro interdipendenza che vivono di legami forti in modo reciproco, che producono scelte che rendono la vita del mondo degna e significante.

Questo legame è il senso dell’amore di Dio per tutte le creature; questa è la nostra vita e la nostra fede. Amen!

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Pastore Giuseppe Ficara

Consacrato nel 1992, ha svolto il suo ministero nelle chiese di Riesi, Caltanissetta, Agrigento, Trapani e Marsala, Palermo.
Pastore a Luserna San Giovanni da Agosto 2013.

 

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