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Domenica, 08 Aprile 2018 13:45

Sermone di domenica 8 aprile 2018 - Domenica della legalità (Luca 10,25-37)

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Testo della predicazione: Luca 10,25-37

«Un dottore della legge si alzò per mettere Gesù alla prova, dicendo: «Maestro, che devo fare per ereditare la vita eterna?» Gesù gli rispose: «Nella legge che cosa sta scritto? Come leggi?» Egli rispose: «Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta l'anima tua, con tutta la forza tua, con tutta la mente tua, e il tuo prossimo come te stesso». Gesù gli disse: «Hai risposto esattamente; fa' questo, e vivrai». Ma egli, volendosi giustificare, disse a Gesù: «E chi è il mio prossimo?». Gesù rispose: «Un tale scendeva da Gerusalemme a Gerico, e cadde nelle mani dei banditi. Essi lo spogliarono e, dopo averlo ferito, se ne andarono lasciandolo mezzo morto. Per caso, un sacerdote scendeva per quella stessa via e, avendolo visto, passò dall'altra parte. Così pure un levita, che si trovava in quel luogo, lo vide, ma passò oltre dal lato opposto. Un samaritano in viaggio, invece, giunse fino a lui e, avendolo visto, ebbe compassione e, fattosi avanti, fasciò le sue ferite versandovi dell'olio e del vino. Dopo averlo caricato sulla sua cavalcatura, lo condusse a una locanda e si prese cura di lui. Il giorno dopo diede due denari al locandiere e disse: "Prenditi cura di lui; e quello che spenderai in più, io te lo renderò al mio ritorno". Quale dei tre pensi che sia stato il prossimo di colui che si è imbattuto nei ladroni?» Lui rispose: «Quello che gli ha dimostrato misericordia». Gesù gli disse: «Va', e comportati allo stesso modo».

Sermone

Care sorelle e cari fratelli, la parabola del «buon Samaritano» nasce dall’esigenza della gente comune di capire quale fosse il comandamento più importante da seguire perché troppo difficile era diventato seguire ogni dettaglio della legge ebraica e le innumerevoli pratiche della tradizione.

Gesù spiega che “amare” significa adempiere tutta la legge, amare Dio e amare gli altri, cioè il prossimo. Da qui sorge l’altra domanda: «Chi è il mio prossimo?». Chi sono gli altri? Tutti quanti? Tutto il mondo? Anche i Romani oppressori? Anche gli esattori delle tasse? Anche i nemici?

Al tempo di Gesù il “prossimo” era una persona ap­partenente al popolo di Israele, le altre persone non erano considerate prossimo. Tra ebrei e samaritani vi era un odio profondo perché i due popoli rivendicavano, ciascuno, di essere il vero popolo di Dio. Un samaritano non si avvicinava, né parlava a un israelita e viceversa. Anche la donna samaritana al pozzo con Gesù si meraviglia dicendo: «Come mai tu che sei Giudeo chiedi da bere a me, che sono una samaritana?». Gesù, come vedremo, apre orizzonti nuovi.

Per la Bibbia, l’amore è una realtà divina che irrompe nella nostra realtà umana: è un dono di Dio che ci rende capaci di amare gli altri, il prossimo. Dunque torniamo alla domanda: «Chi è il mio prossimo?». Gesù risponde che non lo è solo la persona della tua stessa religione, il tuo vicino di banco in chiesa, il tuo compatriota, ma lo è anche chi è straniero e abita nella tua città, ti è prossimo chi si trova nel bisogno, chi è debole, è colui che puoi aiutare; Gesù stesso si identifica con i minimi quando dice: «quanto avete fatto a uno di questi miei minimi fratelli, lo avete fatto a me».

Gesù dunque, pone lui una domanda: «Quale di questi tre è stato il prossi­mo?»: il sacerdote, il levita o il samaritano? Risposta: «Colui che ha dimostrato misericordia», che ha donato il suo aiuto e la sua disponibilità: uno straniero, il samaritano. La risposta sottile era dunque questa: Il tuo prossimo è colui con il quale non vuoi avere relazioni, colui che ritieni sia tuo nemico, colui che bolli come straniero e con il quale non intendi rapportarti.

Gesù ti spiega che devi comportarti come il samaritano se vuoi dare una risposta alla tua domanda circa la tua identità di credente e quella del prossimo. Gesù parla di accoglienza, di condivisione della propria umanità, della propria vita, dei propri spazi. Il prossimo del samaritano è colui che è ai margini della tua città, della società, chi è schiacciato, chi non ha voce, sono i malati, i senza terra, chi non ha una patria, un tetto; colui che incontri sul ciglio della strada riverso e senza forze, oppure è colui che non incontri perché muore prima di arrivare.

L'autore biblico ci invita a immedesimarci nel ruolo dell'uomo assalito, a metterci nei suoi panni perché ognuno di noi spera di avere un prossimo disposto ad occuparsi di noi nel momento del bisogno, un samaritano sempre pronto a lenire le nostre ferite e ad asciugare le no­stre lacrime.

Martin Luther King, in una predicazione su questo brano diceva: «La domanda che il sacerdote e il levita si sono posti è stata questa: "Se mi fermassi ad aiutare quest'uomo, cosa mi succederà?". Invece, il samaritano ribalta la domanda dicendo: "Se non mi fermassi ad aiutare quest'uomo, cosa gli succederà?"».

Eppure, il sacerdote e il levita seguono la pratica giudaica, e le rigorose leggi al riguardo, non rischiano di contaminare il loro corpo con un uomo che potrebbe morire tra le loro braccia. La legge non li avrebbe condannati per omissione di soccorso.

Anche oggi, a volte, le leggi umane negano l'aiuto a chi ne ha bisogno, o non tengono conto delle motivazioni che stanno dietro a chi sbaglia.

In occasione di questa giornata della legalità e dei diritti umani, la commissione che ha proposto il brano biblico di oggi, ha indicato la lettura di un brano tratto dal libro «Il giudice alla rovescia» di Giuliana Breggia, magistrato.

Una storia immaginaria di uno dei racconti del libro vede protagonista una ragazza che ruba una fila di salsicce dal droghiere, ma viene colta in flagrante dalle guardie del paese e arrestata. Il giudice viene raggiunto da questa notizia e chiede di ascoltare i testimoni e la ragazza nella sua sala delle udienze.

«Le guardie arrivarono assieme a una ragazza con i capelli neri arruffati e gli occhi scuri. Dietro, veniva il droghiere del paese con aria accigliata e teneva in mano una fila di salsicce. Insieme a lui camminava anche la moglie e gruppetti di persone che avevano assistito al fatto o ne avevano sentito parlare.

Tutti chiacchieravano animatamente e ognuno aggiungeva un particolare, vero o inventato.

- L’ho vista io, - gridava una donna - a me non la si fa! Mi aveva insospettito per il suo aspetto perché ha la gonna troppo lunga e la camicia sporca. Senza contare quei capelli tutti arruffati!

- Ma anch’io le ho messo subito gli occhi addosso, - fece un’altra comare, gente così da noi non se ne è mai veduta in giro, e in effetti a un certo punto cosa fa? Afferra una fila di salsicce e se la ficca nella tasca della gonna! Sono stata io a dare l’allarme!

- Mi pare un caso piuttosto semplice, - fece un signore. - La ragazza è una ladra, una semplice, banalissima ladra. Ha rubato e deve essere messa in prigione.

- Sì, sì, - fece in coro un altro gruppetto di persone, - così impara a rispettare la proprietà degli altri. Vagabonda! - Io, - aggiunse un tipo - lavoro duramente per guadagnarmi il pane e mi alzo all’alba per andare a tagliare la legna nel bosco!

A questo punto, il giudice domandò alle guardie: - Sapete come si chiama? Dove vive? Da dove viene? Le due guardie rispesero: No, signor giudice, non sappiamo nulla di lei… Non ha voluto dirci nulla.

- Nessuno sa nulla di lei - disse il giudice – ma sapere è indispensabile. Poi si chinò verso la ragazza e le disse: Sai dirmi come ti chiami e da dove vieni? Vuoi raccontarmi cosa hai fatto? E soprattutto perché?

La voce del giudice era calma, il suo sguardo benevolo, così la ragazza si trovò a lasciar fluire un fiume di parole.

- Mi chiamo Màriza, - disse, - ho sedici anni e sono arrivata qui da molto lontano. Viaggiavo con i miei genitori quando due predoni ci hanno assalito, hanno rubato tutto quello che avevamo e hanno ucciso i miei genitori. Avrebbero ucciso anche me, ma io sono scappata veloce e mi sono nascosta nel bosco. Quando se ne sono andati ho vagato alla ricerca di qualcuno che mi aiutasse, non c’era nessun sentiero e pensavo che sarei morta. Poi, dopo molto tempo, saranno passati giorni, sono arrivata alla fine del bosco... Erano giorni che non mangiavo e ho provato a chiedere presso nelle case che incontravo ma nessuno mi ha aperto la porta, Qualcuno non mi rispondeva e tirava dritto per la sua strada, qualcuno ha aperto, ma come ha visto come ero ridotta dopo giorni di stenti ha chiuso la porta sprangandola. Ho provato anche a chiedere a un uomo che lavorava in un giardino se avesse bisogno di aiuto in cambio di un po’ di pane, ma lui mi ha scacciata. Sono arrivata nel centro del paese e l’odore di cibo buono mi ha fatto perdere la testa. L’ho seguito e mi sono ritrovata a prendere quelle salsicce senza pensarci, con l’unico pensiero di mangiarle appena possibile…. Poi due donne hanno iniziato a urlare, mi sono ritrovata le guardie vicino, volevo scappare… Volevo solo mangiare, avevo … ho fame.

Durante il lungo racconto si era fatto silenzio nella sala.

Il giudice rivolgendosi al droghiere disse: - Il caso è chiaro, signor droghiere, ma richiede ancora un approfondimento da parte mia. Devo fare solo qualche altra piccola, semplicissima domanda: cosa avrebbe fatto se fosse stato solo al mondo, se avesse camminato tanto e non avesse mangiato da giorni?

La ragazza ha preso le salsicce per non morire di fame, ma il vero problema è stato che nessuno l’hai aiutata prima. Capirete quindi, che un caso come questo esige una condanna esemplare: nessuno, una volta che sia venuto in questo mondo, deve morire di fame. Sono dunque costretto a condannare tutta la comunità di questo paesino ad accogliere Màriza e a darle una casa e del cibo. Màriza studierà nelle nostre scuole e il pomeriggio aiuterà il droghiere a servire nel suo negozio… Da oggi il nostro paese è più ricco: Màriza ci racconterà molte storie che non conosciamo e sarà un bene per tutti noi.

Nel nostro testo biblico, il samaritano, uno straniero, riconosce che applicare alla lettera le leggi comporterebbe una grave ingiustizia nei confronti di una persona che sarebbe morta dopo essere stata gravemente colpita dalla durezza della vita. Come il giudice del racconto di Luciana Breggia, il samaritano è la sola persona che davanti a ciò che è un male non pensa di salvaguardare se stesso, la sua sicurezza, il suo benessere, legittimato tuttavia da regole e leggi scritte, ma pensa anche al benessere e alla sicurezza dell’altro: «Che gli accadrà se non mi fermo ad aiutarlo?».

C’è una legge non scritta, quella del buon senso e della capacità di ascolto e di comprensione dell’altro/a che ci permette di non dare giudizi affrettati e senza appello a chi infrange le regole. Come il giudice del racconto che integra la ragazza, il samaritano si avvicina all’uomo ferito a morte, fascia le piaghe, le disinfetta, lo fa salire sulla sua cavalcatura, lo conduce in un albergo, si prende cura di lui. Dà dei soldi perché sia curato a dovere e promette pure di tornare.

Ma è possibile anche passare oltre, far finta di niente, girare la faccia da un’altra parte. Si tratta solo di scelte. E noi tutti abbiamo la libertà di passare oltre senza fermarci, rifiutandoci di soccorrere i disperati, oppure di fermarci e prendercene cura. Amen!

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Pastore Giuseppe Ficara

Consacrato nel 1992, ha svolto il suo ministero nelle chiese di Riesi, Caltanissetta, Agrigento, Trapani e Marsala, Palermo.
Pastore a Luserna San Giovanni da Agosto 2013.

 

Indirizzo: Via Beckwith 49, Luserna San Giovanni (TO), 10062, ITALIA

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