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Domenica, 18 Novembre 2018 23:20

Sermone di domenica 18 novembre 2018 (Apocalisse 2,8-11)

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Testo della predicazione: Apocalisse 2,8-11

All'angelo della chiesa di Smirne scrivi: queste cose dice il primo e l’ultimo, che fu morto e tornò in vita: Io conosco la tua tribolazione, la tua povertà (tuttavia sei ricco) e le calunnie lanciate da quelli che dicono di essere Giudei e non lo sono, ma sono una sinagoga di Satana. Non temere quello che avrai da soffrire; ecco, il diavolo sta per cacciare alcuni di voi in prigione, per mettervi alla prova, e avrete una tribolazione per dieci giorni. Sii fedele fino alla morte e io ti darò la corona della vita. Chi ha orecchi ascolti ciò che lo Spirito dice alle chiese. Chi vince non sarà colpito dalla morte seconda”.

Sermone

Care sorelle e fratelli, i testi apocalittici sono un genere letterario che aveva lo scopo di dare una parola di consolazione a quei credenti che subivano prove e persecuzioni, momenti che, nella vita anche dei credenti, generavano domande esistenziali sulla presenza di Dio nel mondo e nella storia.

Anche l’Apocalisse di Giovanni, da cui abbiamo ascoltato la lettera alla chiesa di Smirne, fu composta durante le persecuzioni dell’imperatore Domiziano alla fine del primo secolo dopo Cristo.

Per capire meglio il nostro testo biblico, bisogna ricordare che la città di Smirne era rinata dalle macerie dopo una distruzione totale nel 600 a.C., rinasce proprio nel primo secolo della nostra èra e diventa una splendida città, moderna e produttiva, con un magnifico porto situato in un vasto golfo. Aristide paragona la bellezza di Smirne a una corona di stelle.

     Ecco, la storia di questa città, rinata dalle macerie e divenuta splendida come una corona di stelle, è tenuta presente all’interno del nostro brano, per questo Gesù si presenta come Colui che è tornato in vita, contrapponendosi alla rinascita della città, e come colui che prepara per i suoi fedeli una corona che però non dura fin tanto che la città sarà distrutta ancora una volta (come in effetti accadrà a causa di un terremoto) ma che dura per sempre, infatti la corona è chiamata “corona della vita”.

Ovviamente, non ha eguali la risurrezione di Cristo di fronte alla rinascita di una città come Smirne, bella ed efficiente per quanto possa essere. Così anche lo splendore della città, paragonata a una corona di stelle, svilisce di fronte alla corona della vita che attende i credenti che saranno rimasti fedeli al loro maestro Gesù, morto e risorto per l’umanità intera.

     I credenti che vivono a Smirne, però, non hanno una vita facile, essi stanno attraversando una difficile prova, si tratta di una vera e propria persecuzione, perpetrata non soltanto dai romani, ma anche da quei credenti che seguono altre filosofie e teologie gnostiche, e che per evitare le persecuzioni si dichiarano giudei i quali godono di diritti particolari nell’Impero Romano. Ma non sono altro che falsi, addirittura di loro si parla come una “Sinagoga di Satana”, proprio perché non erano neppure giudei.

C’erano difficoltà da ogni lato, e sembra che il destino nei confronti di questi semplici credenti si fosse accanito contro di loro procurando perfino sentenze a morte.

A questa comunità di credenti è detto «Non temere», una parola che può consolare, ma che non scampava i credenti dalla prova e non li avrebbe salvati dalla persecuzione. Perciò «Non temere» qui significa: «Non fuggire dalla prova», come anche Cristo non si è sottratto alla prova fino all’estremo sacrificio.

Così, alcuni credenti finiranno in prigione da cui usciranno con una sentenza di condanna a morte. Perciò è annunciato: «Sii fedele fino alla morte» e anche se perderai la possibilità di vivere in una splendida città paragonata a una corona di stelle, tuttavia ostile, otterrai una corona che non è neppure paragonabile a quella della città, perché sarà una vita senza più fine e senza più pericoli, una vita coronata dalla pace e dalla presenza del Signore. Questa è una promessa di Dio.

     Tutto questo è certamente lontano dalla nostra sensibilità moderna, perché noi non siamo perseguitati e non viviamo sotto il costante pericolo della morte a motivo della nostra testimonianza cristiana; almeno, non qui da noi in Europa.

Piuttosto, per noi, l’essere fedele fino alla morte ha un significato nuovo, autentico, significa “perseverare” nella coerenza con il Vangelo di Gesù anche quando ci può costare caro: denaro, impegno, sacrifici.

“Sii fedele”, per noi oggi, significa “vivere della sola grazia del Signore”, e non delle nostre fragili forze, una grazia che ci permette di essere saldi, tenaci, forti; “sii fedele” significa “non arrenderti” davanti a una realtà umana ingannevole e illusoria, che ci fa credere che non possiamo far nulla per contribuire a un cambiamento perché i problemi sono molto più grandi di noi.

Ma ci sono dei pericoli oggi, per i credenti, nascosti, subdoli: forse, durante i periodi di benessere, mai la chiesa di Gesù Cristo è stata così infedele al suo Signore, preferendo, al difficile cammino della coerenza evangelica, la facilità dei compromessi con la realtà storica in cui la chiesa ha vissuto.

     Noi oggi possiamo diventare chiese e credenti morti spiritualmente, nel nostro rapporto con Dio, nei nostri rapporti con gli altri, rispetto alla missione che siamo chiamati a compiere. Ciò accade quando non siamo presenti sulla scena pubblica quali testimoni di Cristo il quale continua a ripeterci: “Ero forestiero, avevo fame, sete, ero malato, in prigione e non mi avete soccorso”.

Oggi siamo vittime dei compromessi con il potere, dei compromessi con il denaro (che Gesù chiama Mammona), con il consumismo e con ogni forma di idolatria che si pone al posto di Dio e ci chiede adorazione e rispetto.

Viviamo nella tentazione costante di far scomparire dal nostro orizzonte l’altro fratello, l’altra sorella, con i loro bisogni e con la loro mano tesa. Viviamo nella tentazione di vivere nell’ottica del quieto vivere, lontano da chi mette in discussione la nostra fedeltà e si pone davanti a noi per ricevere sostegno, solidarietà, condivisione, una mano aperta, delle braccia aperte, accoglienza, guarigione del corpo e dell’anima.

Essere fedeli a Dio, vivere della sola grazia del Signore, non ci libera dagli altri, ma da noi stessi, dai nostri egoismi, dalla nostra voglia di vivere in pace senza seccature e senza nessuno che ce ne crei. , il Signore vuole salvarci da questa morte.

Certo, vi sono tanti problemi difficili da risolvere: quello della disoccupazione, degli immigrati, dalla povertà sempre più crescente, della crisi economica ed ecologica del pianeta. Il nostro pericolo è quello di sentirci troppo piccoli e pochi di fronte a questi grandi problemi e arrendersi.

Sii fedele fino alla morte significa: vivi della grazia del Signore, non delle tue forze, per ricevere la capacità di non arrenderti davanti alle responsabilità a cui sei chiamato/a. Noi non siamo chiamati a salvare il mondo, ma a contribuire, ognuno a modo suo e come può, perché il mondo migliori. Siamo posti davanti alla nostra coerenza, nella città e nel tempo in cui viviamo.

    «Non temere» ci dice il Signore, perché non vuole che noi smettiamo di sognare e di contribuire affinché si realizzi un futuro migliore per noi, per i nostri figli, i nostri nipoti: il Signore ce ne darà la forza e il coraggio, questo è il suo progetto, la sua promessa che vuole realizzare con noi, per noi, e attraverso di noi.

Per concludere vi leggo una piccola preghiera di un gruppo di Campinas del Brasile:

Dio solo può dare la fede,
ma tu puoi dare la tua testimonianza.

Dio solo può dare la speranza,
ma tu puoi ridare fiducia al tuo prossimo.

Dio solo può dare l’amore,
ma tu puoi insegnare ad altri ad amare.

Dio solo può dare la forza,
ma tu puoi ridare coraggio agli sfiduciati.

Dio solo è la via,
ma tu puoi indicarla agli altri.

Dio solo è la luce,
ma tu puoi farla brillare agli occhi di tutti.

Dio solo è la vita,
ma tu puoi ridare agli altri la voglia di vivere.

Dio solo può fare ciò che sembra impossibile,
ma tu puoi fare ciò che è possibile.

Dio solo basta a se stesso,
ma preferisce contare su di te.

Amen!

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Pastore Giuseppe Ficara

Consacrato nel 1992, ha svolto il suo ministero nelle chiese di Riesi, Caltanissetta, Agrigento, Trapani e Marsala, Palermo.
Pastore a Luserna San Giovanni da Agosto 2013.

 

Indirizzo: Via Beckwith 49, Luserna San Giovanni (TO), 10062, ITALIA

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