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Domenica, 01 Dicembre 2013 12:57

Sermone di domenica 1 dicembre 2013 - I domenica d'Avvento (Luca 22,21-27)

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Testo della predicazione: Luca 22,21-27

«Ecco, la mano di colui che mi tradisce è con me sulla tavola. Perché il Figlio dell'uomo, certo, se ne va, come è stabilito; ma guai a quell'uomo per mezzo del quale egli è tradito!» Ed essi cominciarono a domandarsi gli uni gli altri chi sarebbe mai, tra di loro, a far questo. Fra di loro nacque anche una contesa: chi di essi fosse considerato il più grande. Ma egli disse loro: «I re delle nazioni le signoreggiano, e quelli che le sottomettono al loro dominio sono chiamati benefattori. Ma per voi non dev'essere così; anzi il più grande tra di voi sia come il più piccolo, e chi governa come colui che serve. Perché, chi è più grande, colui che è a tavola oppure colui che serve? Non è forse colui che è a tavola? Ma io sono in mezzo a voi come colui che serve».

Sermone

Care sorelle e cari fratelli, oggi è la domenica della diaconia ed è stato proposto alle nostre chiese di riflettere su questo brano dell’evangelista Luca che parla di servizio, di diaconia, appunto.
L’evangelista Luca pone questo passo subito dopo l’ultima Cena, è un discorso di addio rivolto a suoi discepoli, ma è anche un dialogo con loro. Gesù rivela il tradimento di Giuda e la propria morte; d’altra parte durante l’ultima Cena lo aveva già rivelato. È l’annuncio del tradimento da parte di uno dei discepoli che scatena la domanda esistenziale: chi sarà quello, tra noi, a tradire il Maestro?
«Sei forse tu? No! Semmai sarai tu a tradire il Maestro e tutti noi!». Non dev’essere stato facile sentirsi accusati o soltanto sospettati di tradimento. Ma questa contesa porta i discepoli a domandarsi chi, tra loro, sarebbe stato il più grande, il più importante, che così sarebbe stato scartato come sospettato di tradire il Signore.
Gesù interviene all’interno di questa contesa per spiegare il senso dell’essere grandi, quale dovrebbe, davvero, essere il ruolo delle persone importanti, dei re, dei governati; quello di Gesù stesso, quindi, quello dei suoi discepoli e, oggi, il ruolo della Chiesa.
L’evangelista Luca, sottolinea, intanto, che la Chiesa non è mai al riparo dai tradimenti, dalle infedeltà, dai voltafaccia nei confronti del Signore. L’interrogarsi reciprocamente è la domanda che sempre la chiesa deve porsi: sono fedele a Cristo o a me stessa?
Sono fedele alle mie esigenze, alla mia attitudine a detenere un potere connaturale al mio ruolo, anche in modo umile, non per forza arrogante, o sono fedele a Colui che mi chiama a costruire rapporti umani di fraternità, di solidarietà, di rispetto, di accoglienza e di lottare contro tutto ciò che li nega con il razzismo, sempre velato, il respingimento (siamo già in troppi e non c’è lavoro per tutti), l’intolleranza, il fanatismo?
Gesù interviene spiegando quale sia il senso di chi ha un ruolo, un potere, un incarico di governo. L’ultima Cena rimanda alla Croce di Cristo, perché durante quella Cena, Gesù ha espresso il suo donarsi per il mondo fino al prezzo altissimo del sacrificio di sé sulla croce, così, Gesù, dice: «Questo è il mio corpo, questo è il mio sangue donato per voi». Dunque, Gesù si definisce servitore, «diacono» appunto, sottolineando che questo ruolo può avere anche delle conseguenze estreme.
Chi partecipa alla Cena del Signore, è sempre posto davanti a questa scelta: quella di porsi al servizio del Signore e del prossimo come ha fatto Gesù, o rifiutarsi. Qui l’evangelista Luca risponde alla domanda: «E voi, chi dite che io sia?», risposta: «Gesù è un servitore, un diacono».
Gesù, però, parla di servizio in un modo diverso dal senso che noi, comunemente, abbiamo del servizio. «I re delle nazioni le signoreggiano, e quelli che le sottomettono al loro dominio sono chiamati benefattori. Ma per voi non dev’essere così» (vv. 25-26). La normalità è sbagliata dice Gesù, la concezione di servizio dei re e dei dominatori deve essere capovolta. Per noi chi governa e serve la nazione parte da una posizione alta, di prestigio, come quella di un re che attua un gesto di abbassamento nel servire la nazione. Per Gesù il servizio non è il gesto di un re che si fa benefattore, di un governate o un politico prodigo e generoso, no! La grandezza di Gesù sta nel fatto che non si fa servire, ma serve, è il servizio stesso il modo di governare, non la levatura di chi governa.
Così Gesù rivela che egli non è il Signore che serve, ma è il servitore che regna. I detentori del potere politico e, spesso, religioso, affermano che si tratta dell’essere "primo tra pari", ma Gesù si definisce servo e basta, perché il servizio verso il prossimo, il governo di un popolo o una nazione, può accadere a partire dal servizio, dallo stato di servo.
Non è un caso che il profeta Isaia scriva quattro canti del Servo del Signore ai capitoli 42, 49, 50 e 53.
Il profeta sottolinea che il buon governo legato all’osservanza della buona volontà di Dio, parta dalla condizione di servo. È questo che vuole sottolineare la prima candela d’Avvento che abbiamo acceso oggi, detta, appunto, candela "del Profeta".
Questo testo, che annuncia il servizio di Gesù fino al sacrificio estremo della croce, è per noi anche un testo che, oggi, nella prima domenica di avvento, ci ricorda che tutta la vita di Gesù, a partire dalla sua venuta, è stata vissuta nel segno del servizio e del dono.
Noi che viviamo l’attesa che questo tempo di Avvento proclama, non possiamo che vivere questa attesa nel modo più vigile e pieno possibile, vivendo come delle persone che vedono la loro esistenza come un servizio rivolto al prossimo e, quindi, a Dio stesso che si è fatto servo per servire noi e offrirci la guarigione delle nostre vite spezzate, della nostra anima sconvolta, del nostro cuore sofferente a causa delle nostre paure, delle nostre ansie, del senso del nostro peccato, della nostra incapacità e inadeguatezza; offrendoci un riscatto che ha potuto determinare un capovolgimento nella nostra storia, quella di ciascuno di noi, rendendoci cioè servi, affinché nel servizio potessimo dare un senso alla nostra vita, al nostro nascere, al nostro vivere e al nostro morire. Amen!

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Pastore Giuseppe Ficara

Consacrato nel 1992, ha svolto il suo ministero nelle chiese di Riesi, Caltanissetta, Agrigento, Trapani e Marsala, Palermo.
Pastore a Luserna San Giovanni da Agosto 2013.

 

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