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Mercoledì, 30 Agosto 2017 14:24

Sermone di domenica 27 agosto 2017 (Matteo 21,28-32)

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Testo della predicazione: Matteo 21,28-32

Un uomo aveva due figli. Si avvicinò al primo e gli disse: "Figliolo, va' a lavorare nella vigna oggi". Ed egli rispose: "Vado, signore"; ma non vi andò. Il padre si avvicinò al secondo e gli disse la stessa cosa. Egli rispose: "Non ne ho voglia"; ma poi, pentitosi, vi andò. Quale dei due fece la volontà del padre?» Essi gli dissero: «L'ultimo». E Gesù a loro: «Io vi dico in verità: i pubblicani e le prostitute entrano prima di voi nel regno di Dio. Poiché Giovanni è venuto a voi per la via della giustizia, e voi non gli avete creduto; ma i pubblicani e le prostitute gli hanno creduto; e voi, che avete visto questo, non vi siete pentiti neppure dopo per credere a lui».

Sermone

Cari fratelli e care sorelle, questa parabola di Gesù fa ricordare tutti noi quando ricevevamo ordini dai nostri genitori, dagli insegnati, o comunque, dagli adulti. Non sempre avevamo voglia di dare seguito agli ordini ricevuti, soprattutto quando implicavano una certa fatica da parte nostra. Allora, talvolta, rispondevamo di sì, perché non potevamo farne a meno, talora di “no” in modo convinto. All’epoca di Gesù, l’ubbidienza e il rispetto al padre erano dovuti: il primo figlio dice al padre: “vado, signore”. Dire di “no” spudoratamente, era un grave affronto.

I figli della parabola sono molto diversi, uno risponde di sì alla richiesta del padre di andare a lavorare nella vigna di famiglia, ma poi non va; l’altro risponde di no, ma poi ci va.

Quale dei due figli è stato ubbidiente al padre? Chi ha detto “sì” o chi ha detto “no”? Risposta: chi ha detto “no”!

Gesù, nella sua parabola, non spiega il comportamento dei due figli e perché danno quelle risposte; a Gesù importa che noi che l’ascoltiamo, possiamo identificarci con l’uno o con l’altro figlio rispetto alla volontà di Dio.

Gesù ha davanti a sé dei leader religiosi che sono molto scettici nei suoi confronti, e cercano di scavare dentro il suo messaggio per capire cosa pensa veramente, e qual è lo scopo della sua predicazione.

Forse è solo un fanatico, o un cospiratore, un amico dei romani, o un semplice ciarlatano che allontana la gente dalla legge di Dio. Sembra che accolga chi si compromette coi romani, cioè con gli esattori delle tasse, si dice che accolga anche le prostitute, talvolta i pagani. Che razza di maestro è Gesù che si contamina fisicamente frequentando tale feccia umana e perfino sedendo a tavola con loro?

Bisognava conoscerlo bene e poi metterlo in cattiva luce affinché la gente non credesse più in lui.

Perciò, questi teologi vanno da Gesù prevenuti, non per imparare qualcosa dalla sua predicazione, ma per disapprovarlo davanti a tutti e svilire il suo messaggio.

Per questo Gesù racconta questa parabola.

Come questi teologi che vanno da Gesù, ci sono tante persone che credono di essere obbedienti a Dio e di avere il suo favore, perché sono molto religiosi, dicono “sì” con le labbra, ma poi recitano la parte del figlio disobbediente; non reagiscono con fede all’amore gratuito di Dio, alla sua grazia, sono gelosi che Dio la offra a tutti, mentre pensano che solo loro ne siano degni.

E così, non riconoscono che Dio ami tutte le creature, perché magari hanno detto “no” con le labbra; allora le giudicano e le condannandole irrimediabilmente, non riconoscono in loro il miracolo della conversione, il miracolo della grazia di Dio, il miracolo del perdono di Dio.

Tante persone si presentano a Gesù, per rivendicare il loro “sì”, disobbediente, perché non riconoscono l’opera di Dio nelle altre persone, un Padre interviene con il suo amore, il suo perdono, il suo aiuto.

Essi si presentano a Gesù, come facciamo anche noi e tanti altri, oggi e in tutte le epoche, ma con i pregiudizi della propria religiosità. Il giudizio di Gesù non è solo rivolto ai leader religiosi del suo tempo, ma anche al mondo dei credenti cristiani che ha sempre, ogni giorno, bisogno di rinnovamento, di passione per il prossimo, di slancio, di fervore, di entusiasmo per il futuro del mondo.

Ci sono persone, come quelle della parabola che si rivolgono a Gesù, che credono che la grazia e la salvezza di Dio siano solo per loro, per pochi eletti e che per i peccatori non ci sia possibilità di scampo. Lo possono negare con la bocca, ma lo credono nel cuore.

Gesù si rivolge anche a quella chiesa che vive semplicemente per auto-perpetuarsi, per restare una semplice istituzione religiosa. Quante volte guardiamo con orrore i numeri dei membri di chiesa che diminuiscono. Questa preoccupazione è legata a una identità religiosa che non vogliamo scompaia, ma Gesù ci dice che il nostro cuore deve battere non tanto per l’esaltazione di una istituzione benché religiosa, ma per la grazia di Dio, per l’esaltazione dell’amore di Dio che continua ancora oggi a condurre le persone alla conversione, al ravvedimento, al perdono, al rinnovamento, della mente, del cuore, dei rapporti umani.

È una sfida quella di Dio, una sfida che ci è presentata ogni giorno della nostra vita.

La sfida è questa: «Figlio, va’ a lavorare nella vigna oggi». OGGI: l’oggi di questa frase è molto importante, è lo stesso “oggi” della richiesta del pane nel Padre Nostro (Matt. 6,11), dell’erba dei campo che “oggi è” e domani è gettata nella fornace (Matt. 6,30). È l’oggi di Dio, un Dio sempre all’opera che ci chiede di partecipare, con la nostra adesione convinta, al suo progetto di pace, di condivisione, di solidarietà, di fraternità. Oggi Dio attende la nostra risposta chiara, convinta e un’azione conseguente.

«Figlio, va’ a lavorare nella vigna oggi»: è l’oggi di ogni giorno, che significa lasciar trasparire nel mondo di oggi l’amore di cui siamo amati, significa palesare con il nostro modo di vivere la gratuità della grazia di Dio e del suo perdono.

Siamo chiamati a rispondere al perdono di Dio perdonando a nostra volta, guardando l’altro/a con gli occhi di chi ne scopre per la prima volta l’esistenza, con la meraviglia di chi vede spuntare il sole o un nuovo tralcio nella vigna come un dono di Dio.

Gesù dice: «I pubblicani e le prostitute entreranno prima di voi nel regno di Dio perché hanno creduto», cioè, coloro che erano giudicati indegni del perdono di Dio lo hanno, invece, ricevuto e accolto; coloro che nell’immaginario collettivo hanno detto “no” sono coloro che hanno accettato in loro la conversione e la testimonianza dell’amore di Dio.

Non è l’apparenza che ci rende credenti e figli obbedienti, ma la nostra risposta e la nostra gratitudine al perdono gratuito di Dio e alla sua proposta di esserci vicino, di accompagnarci sempre. 

Siamo solo invitati a essere coinvolti nel rinnovamento della grazia di Dio, senza nasconderci, senza vergognarci, senza arrossire per il nostro impegno, ma vivendo con gioia questo impegno in un mondo mondo che ha bisogno della fede dei credenti, della passione dei credenti per tutte le creature di Dio, dell’amore per gli ultimi, dell’impegno concreto nei confronti dei poveri, degli emarginati con cui Gesù stesso si identifica.

Gesù ci pone davanti alla nostra risposta, per coinvolgerci interamente in un rinnovamento che, sì, ci spiazza sicuramente, ma ci porta vicino a coloro che attendono di sentirsi dire che Dio li ama nella loro condizione umana, nelle loro disgrazie, nelle loro sfortune, e che per loro Dio è vicino con la sua liberazione.

I segni del nostro tempo, difficili da interpretare positivamente, e gli eventi storici che attraversiamo, come la crisi finanziaria, l’immigrazione, le guerre, il terrorismo nel nome di Dio, sono l’oggi nel quale siamo chiamati ad impegnarci per essere vicini a tutti coloro che attraversano l’oggi con enormi difficoltà.

Il nostro sì sia, dunque, convinto e appassionato, disposto ad all’accoglienza, nella grande vigna del Signore, là, egli ci chiama al suo servizio oggi. Amen!

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Pastore Giuseppe Ficara

Consacrato nel 1992, ha svolto il suo ministero nelle chiese di Riesi, Caltanissetta, Agrigento, Trapani e Marsala, Palermo.
Pastore a Luserna San Giovanni da Agosto 2013.

 

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