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Lunedì, 26 Marzo 2018 22:33

Sermone di domenica 25 marzo 2018 - Domenica delle Palme (Isaia 50,4-9)

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Testo della predicazione: Isaia 50,4-9

Dio, il Signore mi ha insegnato le parole adatte per sostenere i deboli. Ogni mattina mi prepara ad ascoltarlo, come discepolo diligente. Dio, il Signore, mi insegna ad ascoltarlo, e io non gli resisto né mi tiro indietro. Ho offerto la schiena a chi mi batteva, la faccia a chi mi strappava la barba. Non ho sottratto il mio volto agli sputi e agli insulti. Ma essi non riusciranno a piegarmi, perché Dio, il Signore, mi viene in aiuto, rendo il mio viso duro come la pietra. So che non resterò deluso. Il Signore mi è vicino, egli mi difenderà. Chi potrà accusarmi? Dio, il Signore, mi viene in aiuto. Chi mi dichiarerà colpevole? Tutti i miei avversari scompariranno. Diventeranno come un abito logoro, divorato dai tarli.

Sermone

Cari fratelli e care sorelle, nel libro del profeta Isaia abbiamo ascoltato il «terzo canto del servo del Signore». È un canto autobiografico. Il servo è il popolo stesso, Israele, che vive il segno profondo della sofferenza e dell’umiliazione a causa della deportazione in Babilonia per opera del re Nabucodonosor. Lo hanno colpito, gli hanno tirato la barba, lo hanno insultato, gli hanno sputato in faccia. Al servo è indicato il compito di proclamare anche in cattività la Parola di Dio, ed è questa Parola che gli permette di resistere alle ostilità e può sfidare i suoi oppositori invitandoli a un confronto davanti a un giudice in tribunale.

Tutta la violenza e l’umiliazione non hanno alcun potere, infatti egli dice, «il Signore è vicino, mi difenderà, chi potrà accusarmi?».

Ecco, si tratta della consapevolezza che credere in Dio non significa vivere senza dubbi e interrogativi, e neppure senza esperienze dolorose e delusioni. Credere in Dio significa invece, sentire crescere dentro di sé la forza per far fronte all’annientamento a cui ci porterebbero i colpi della vita e della nostra storia.

È un mistero quello che spesso accade, e cioè che il più battuto e vittima del dolore e delle lacrime è anche colui o colei che ha la forza di dare conforto agli altri. Perciò questo servo del Signore può dire: «Dio mi ha soccorso, non sono stato abbattuto» (v. 7).

Infatti la sorte degli avversari è ormai segnata, perché il re persiano Ciro sta avanzando e la caduta dell'Impero babilonese è vicina. Israele sarà finalmente libero e potrà tornare a servire Dio come fa un discepolo nei confronti del suo maestro.

Dice il testo originale ebraico del nostro canto: «Il Signore mi ha dato una lingua da discepolo, perché io sappia aiutare con la parola chi è stanco; egli risveglia ogni mattina il mio orecchio perché io ascolti come ascoltano i discepoli».

La lingua pronta del discepolo non è quella di chi ha sempre qualcosa da dire, né quella sfrontata di chi parla sempre, ma si tratta della lingua del discepolo che parla dopo aver ascoltato le parole del suo maestro. Il discepolo è colui che ascolta e impara, e non smette mai di imparare nella vita.

Il discepolo non si ferma su ciò che ha imparato, infatti, il suo ascolto è una relazione permanente con il suo maestro, con il Signore. Questo significa essere discepoli: aprirsi costantemente ad una relazione: con il Signore e con gli altri. È questo il miracolo del rapporto tra Dio e gli esseri umani.

Questo ascolto nella relazione con Dio, diventa ubbidienza, cioè impegno per un’azione concreta, ecco perché dice:

«Il Signore mi ha dato una lingua da discepolo, perché io sappia aiutare con la parola chi è stanco».

Ecco, servire il Signore, seguire la Parola di Dio non significa diventare bigotti e non porsi domande, ma significa semplicemente porsi all’ascolto sempre di Dio, del prossimo e sentirsi impegnati verso chi è stanco, cioè verso chi non ha voce, diritti da far valere, in sostanza, verso gli ultimi.

Questo è il grande miracolo che provoca la Parola di Dio quando la ascoltiamo: ci forma, ci cambia, ci modella la coscienza, le nostre abitudini, il nostro modo di essere; ci permette di vedere il miracolo di un nuovo inizio, di una riconciliazione, il miracolo della liberazione, quello del sereno confronto, aperto, senza paure, sincero, autentico che apre nuove strade, nuove porte, nuovi orizzonti.

Aiutare chi è stanco, non le parole di tutti possono produrre questi risultati, ma la parola del discepolo sì, perché egli ha prima ascoltato; è questo ascolto che lo ha reso capace di dare una parola concreta che non sia una tra le tante, un ciarlare.

Eppure la via del discepolo non è facile, spesso è una via esposta al giudizio violento della gente e perfino alla persecuzione: «Mi hanno percosso, mi hanno strappato la barba, mi hanno insultato…».

La solidarietà e la condivisione con gli ultimi, con chi è stanco, non suscita sempre il gradimento di tutti, molti si scagliano anche violentemente contro il discepolo: «Quelli che aiuti sono diversi, non sono come noi, sono fannulloni, puzzano, devono andarsene…». Ma il profeta aggiunge «Il Signore verrà in mio aiuto, chi mi condannerà?».

Oggi è la domenica delle Palme, oggi ricordiamo quell’evento che porta Gesù a entrare a Gerusalemme accolto festosamente dalle folle come un re vittorioso; ma è anche il giorno in cui Gesù si avvia verso la sua sofferenza e la morte. Gesù, il servo di Dio fedele, che annuncia la grazia di Dio, l’amore e il perdono, è lo stesso che subisce la violenza, la condanna e la morte, proprio da quelli che oggi gridano “Osanna”.

Il servo del Signore tradisce le attese di chi attende privilegi, posti d’onore, ricchezza, applausi, doni materiali. Il servo del Signore è venuto per liberare gli oppressi, stare dalla parte di chi non ha voce, di chi è oltraggiato, respinto, discriminato per il colore della pelle, per la sua cultura, per la sua etnia.

Anche noi siamo chiamati ad essere servi e discepoli che si pongono all'ascolto della Parola del maestro che è la sola che ci rende capaci di dare conforto a chi è stanco, a chi non ce la fa più.

L'apostolo Paolo dirà: «Dopo essere stati da Dio stesso consolati, possiamo a nostra volta dare parole di conforto e di consolazione». Sono questi i frutti che produce la Parola del Signore. Sono ogni giorno i miracoli della Parola di Dio che trasformano l’umanità per renderla più umana. Amen!

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Pastore Giuseppe Ficara

Consacrato nel 1992, ha svolto il suo ministero nelle chiese di Riesi, Caltanissetta, Agrigento, Trapani e Marsala, Palermo.
Pastore a Luserna San Giovanni da Agosto 2013.

 

Indirizzo: Via Beckwith 49, Luserna San Giovanni (TO), 10062, ITALIA

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