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Domenica, 01 Aprile 2018 12:46

Sermone di domenica 1 aprile 2018 - Pasqua (I Samuele 2,1-2. 6-8)

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Testo della predicazione: 1 Samuele 2,12. 6-8 (TILC)

Anna pregò così: «Il Signore ha riempito il mio cuore di gioia, il Signore ha risollevato il mio spirito abbattuto. Ora posso ridere dei miei nemici; Dio mi ha aiutata: sono piena di gioia. Solo il Signore è santo, lui solo è Dio. Solo il Signore è roccia sicura. Il Signore fa morire e fa vivere, fa scendere e risalire dal regno dei morti. Il Signore rende poveri e ricchi, umilia e innalza. Rialza il povero dalla polvere, solleva l'infelice dalla miseria: lo fa sedere in mezzo ai prìncipi, gli riserva un posto d'onore, perché il Signore è il fondatore del mondo e lo sostiene».

Sermone

Cari fratelli e care sorelle, l’evento della nascita del figlio di Anna, narrato nel primo libro di Samuele riguarda non solo Anna, ma la comunità intera a cui Anna appartiene: Israele. La nascita di un figlio da una donna o un uomo sterile, oggi può essere senz’altro una gioia, ma non è strano perché può accadere attraverso la tecnologia medica e scientifica. Nell’antico Israele, è l’occasione di una festa straordinaria: Anna riacquista la sua dignità di donna e il suo posto accanto al marito è ristabilito.

Dunque, Anna canta, deve cantare perché quelli che la mortificavano amareggiandole la vita, rinfacciandole la sua sterilità, adesso sarebbero stati zitti davanti all’opera di Dio!

Quello di Anna, non è un canto rivolto alla fatalità oppure alla fortuna, è il canto di chi è consapevole del fatto che Dio è davvero all’opera e che ha un disegno che vuole portare avanti.

Rendere possibile un figlio ad una donna sterile riguarda l’intera comunità afflitta, l’intero popolo sofferente. Non è un miracolo privato quello che accade qui, ma è affermata la volontà di Dio di offrire una possibilità nuova, una nuova vita.

Anche Israele deve cantare con Anna.

Dio genera la vita, là dove c’è disperazione mortale, impossibilità di un nuovo inizio, incapacità di riscattarsi da soli. La nascita di un neonato, in una realtà di oppressione, è un messaggio di speranza.

E qui è Dio che dona la speranza, lui permette di vedere al di là della disperazione, dell’angoscia, al di là del buio che affligge l’anima e la svuota di senso.

Per questo, Anna canta un antico inno d’Israele, un inno che vede l’intervento di Dio nella storia, un intervento che trasforma la realtà in cui i poteri dei potenti marginalizzano e respingono i deboli, i poveri, chi è caduto in miseria e non ha modo di riscattarsi, anzi è soggiogato ulteriormente: ora posso ridere di loro – dice Anna - di chi si arroga il potere per umiliare gli indifesi.

Canta Anna, consapevole che Dio innalza ora i poveri restituendo loro dignità e rispetto, pregio e benessere. Anna canta la potenza di Dio, celebra il capovolgimento che Dio mette in atto quando la prepotenza e l’abuso prevaricano sui deboli e gli indifesi, sui senza voce e sugli ultimi.

L’intervento di Dio capovolge le sproporzioni causate dai poteri umani, anzi si invertono i ruoli perciò canta Anna:

«Quelli che una volta erano sazi si offrono a giornata per il pane, e quanti erano affamati ora hanno riposo. La sterile partorisce sette volte, ma la donna che aveva molti figli diventa fiacca. Il Signore fa morire e fa vivere; fa scendere nel soggiorno dei morti e ne fa risalire» (I Sam. 2,5-7).

Ecco, questa è la Confessione di Fede di Anna e di Israele, questa confessione di fede riconosce un Dio che è libero e non si piega, né si sottomette a un principe o a un nobile. Dio non si adegua a sistemi sociali umani, Dio è libero di dare un nuovo ordine alla terra e lo fa a favore degli emarginati e dei respinti.

Perciò Dio permette di risalire anche dal soggiorno dei morti.

La risurrezione, dunque, nella Bibbia è lo strumento di riscatto di Dio, la risurrezione è un progetto di vita che Dio mette in atto affinché non vi sia più asservimento, schiavitù, povertà, respingimento, inimicizia. Non vi sia più abuso, strapotere, distruzione, guerra, morte, disumanità.

Gesù è risuscitato perché Dio ha iniziato quest’opera nel mondo; la risurrezione di Gesù non significa semplicemente che la vita si prolunga anche oltre la morte, ma che c’è una speranza mentre siamo in vita e che questa vita può contenere un senso profondo che la rende degna di essere vissuta; una vita che non ha davanti a sé solo disperazione, dolore, sofferenze, distruzione e buio pesto, ma una vita nella quale si aprono nuove possibilità che permettono un cambiamento, a dispetto di una realtà il cui futuro sembra negato e  tristemente compromesso.

Risurrezione significa avere la capacità di sperare quando tutto sembra contraddire la speranza, quando sembra che il buio e il non senso prevalgano, quando sembra che il deserto e il vuoto, come l’ignoranza e la capacità di vedere oltre, abbiamo il sopravvento.

Risurrezione significa credere che è possibile non arrendersi, ma continuare a lottare, con forza, contro la prepotenza, la violenza, il razzismo, l’omofobia che si propongono come soluzioni definitive contro il male, mentre sono esse stesse un “male”.

Per questo Martin Luther King, il pastore nero protestante che ha lottato contro il razzismo e i diritti dei neri negli Stati uniti, e di cui quest’anno ricorre il 50mo anniversario del suo assassinio, soleva predicare che «Il buio non si può scacciare con il buio, ma solo la luce può farlo. Così, la violenza non può scacciare l’odio perché solo l’amore può farlo».

È questo l’amore che Dio ci ha dimostrato quando Gesù è morto sulla croce, un amore che ha sconfitto l’odio nella risurrezione di Gesù.

È questo amore che ci permette di vedere un arcobaleno nel persistente grigiore della pioggia. È questo amore che ci dà la capacità di dire no al sopruso e allo sfruttamento, all’ingiustizia, alla guerra al respingimento dei deboli. Amore è risurrezione, capacità di rialzare la testa, consapevoli del diritto e della giustizia, della dignità e del rispetto per ogni essere umano.

Non deve stupire dunque che Anna canti.

Anche noi siamo chiamati a cantare con Anna perché il potere di Dio non risiede nella paura, ma in quell’amore che ci dona la speranza e che, oggi, ci tiene insieme e, insieme a noi, tutto il mondo. Amen!

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Pastore Giuseppe Ficara

Consacrato nel 1992, ha svolto il suo ministero nelle chiese di Riesi, Caltanissetta, Agrigento, Trapani e Marsala, Palermo.
Pastore a Luserna San Giovanni da Agosto 2013.

 

Indirizzo: Via Beckwith 49, Luserna San Giovanni (TO), 10062, ITALIA

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