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Lunedì, 06 Maggio 2019 12:09

Sermone di domenica 5 maggio 2019 (Giovanni 10,11-16)

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Testo della predicazione: Giovanni 10,11-16

Io sono il buon pastore; il buon pastore dà la sua vita per le pecore. Il mercenario, che non è pastore, a cui non appartengono le pecore, vede venire il lupo, abbandona le pecore e si dà alla fuga (e il lupo le rapisce e disperde), perché è mercenario e non si cura delle pecore. Io sono il buon pastore, e conosco le mie, e le mie conoscono me, come il Padre mi conosce e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. Ho anche altre pecore, che non sono di quest'ovile; anche quelle devo raccogliere ed esse ascolteranno la mia voce, e vi sarà un solo gregge, un solo pastore.

Sermone

Cari fratelli e care sorelle, nel Vangelo di Giovanni, Gesù si presenta come il buon pastore, generoso, che ha a cuore non tanto la lana delle sue pecore o il loro latte, non il profitto, ma la salute e il bene del suo gregge.

Gesù “Buon pastore” significa che il suo obiettivo è unicamente quello di prendersi cura del suo gregge e di ogni singola pecora, anche a costo della sua vita; anzi, egli dà perfino la sua vita per le sue pecore.

La regola per tutti gli altri pastori è salvarsi quando giunge un pericolo: quando giunge un branco di lupi o una tempesta o quando frana la montagna, tornare a casa vivi è la priorità, se poi capita che il gregge sia preda dei lupi o finisce in un dirupo a causa di una tempesta, anche questo è messo in conto dagli altri pastori.

Ma non dal “Buon pastore”: qui “buono” è, in greco, “Kalòs” cioè generoso, perfetto; egli non può permettere che il suo gregge soccomba, che sia vittima di violenza distruttiva che lo annienti. Il Buon pastore dà perfino la sua vita perché le sue pecore vivano, perché il gregge sia salvato dai lupi che rapiscono le pecore e le disperdono.

Qui, il riferimento alla morte di Gesù qui è chiaro, anzi, di più: qui è spiegato il significato della morte di Gesù: Gesù perde la sua vita per darla agli altri; Gesù perisce perché nessuno perisca più; Gesù subisce violenza perché non vi sia più violenza nel mondo; Gesù subisce lo scherno perché nessuno sia più schernito né discriminato, ma rispettato della dignità; Gesù subisce un giudizio ingiusto perché nessuno sia più giudicato a motivo del colore della sua pelle, appartenenza etnica o religione; Gesù muore solo, perché nessuno sia mai più solo; Gesù è abbandonato dai suoi perché nessuno si senta più abbandonato; Gesù non salva se stesso per salvare noi, da noi stessi, dai nostri egoismi, dalla nostra auto-distruttività.

Ma Gesù risuscita perché tutti possiamo risuscitare, cioè tornare a vivere trovando in lui una speranza, un futuro. Gesù ci offre un orizzonte oltre il quale non c’è il nulla o la notte, ma la luce che illumina il nostro buio per diradarlo ed eliminarlo: il buio della violenza del mondo, il buio dell’indifferenza verso gli ultimi, accusati perfino di minare la pace e il quieto vivere, il buio delle nostre angosce, delle nostre paure, dei nostri sgomenti, delle nostre preoccupazioni, delle nostre sofferenze.

«Io sono il buon pastore» significa che abbiamo la possibilità di sperimentare la sua bontà verso di noi, che le pecore del “Buon pastore” sono unite a lui da una vera relazione d’amore, da un rapporto di conoscenza reciproco, una conoscenza che ci permette di riconoscere la sua voce da quella del mercenario; di riconoscere ciò che viene da Dio e ciò che viene da chi vuole sfruttare un’occasione a proprio vantaggio ed esercitare un diritto di proprietà esclusivo che ci rende vittime e oppressi.

«Io sono il buon pastore» significa che Gesù entra nella nostra vita, nella nostra storia, nel nostro orizzonte e determina un cambiamento, una conversione, una guarigione dell’anima. Significa diventare credenti non in un dio che ci perseguita e di bastona a causa dei nostri errori, o che esiga da noi doni, ma significa diventare credenti in un Dio che viene a noi nella dimensione del dono di sé, della gratuità, nella proposta di una vita liberata dall’angoscia e dalla paura delle nostre incapacità per rimettere a lui, fiduciosi, il nostro domani.

«Io sono il buon pastore» significa che Gesù è un modello da seguire: «Come io mi propongo a voi in un rapporto d’amore, così anche i vostri rapporti siano fondati non sul pregiudizio, non sul pettegolezzo, ma sulla capacità di donare agli altri voi stessi, ciò che siete e ciò che avete». Dando, non sarete impoveriti, ma arricchiti dalla gioia, dalla riconoscenza degli altri, dal senso di ricchezza di cui sarai ricolmato ogni volta che offri una parte di te per dare conforto, sostegno, aiuto, soccorso, amicizia, solidarietà. Gesù è un modello da seguire perché egli viene a ricucire ciò che il nostro peccato, la nostra incapacità di amare, ha strappato. Gesù viene a restituirci il vero senso della vita.

«Io sono il buon pastore» significa che lo è di tutti, che egli non esclude nessuno, una comunità, una chiesa, un popolo, una nazione. Infatti, dice: «Io ho anche altre pecore» per sottolineare l’unità dei credenti nonostante le loro differenze di cultura, teologia o colore della pelle.

Gesù ammonisce le chiese dal pericolo dell’esclusivismo, di considerarsi il solo gregge di Gesù. Gesù ci insegna l’unità, semplicemente, perché egli si propone come pastore di tutti.

«Io sono il buon pastore» significa per noi che Gesù è garanzia di salvezza di fronte ai pericoli e alle minacce della vita. Da lui possiamo rifugiarci quanto ci sentiamo insicuri, quando il nostro cammino si fa incerto e difficile, quando abbiamo paura, quando la vita ci riserva sofferenze e dolori. Egli rimane sempre il nostro “Buon pastore”, che non ci abbandona a noi stessi, ma ci cerca, come fa con la pecora che si smarrisce e non trova la strada del ritorno. Gesù la va a trovare nel luogo della solitudine e del pericolo e la prende in braccio.

Sì, di lui possiamo davvero fidarci!

Gesù è colui che ci permette di capire che la nostra vita non è destinata a soccombere sotto il peso delle difficoltà, perciò ci rassicura sul suo amore per noi, e ci promette di condurci sempre verso «verdeggianti pascoli e acque quiete». Amen!

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Pastore Giuseppe Ficara

Consacrato nel 1992, ha svolto il suo ministero nelle chiese di Riesi, Caltanissetta, Agrigento, Trapani e Marsala, Palermo.
Pastore a Luserna San Giovanni da Agosto 2013.

 

Indirizzo: Via Beckwith 49, Luserna San Giovanni (TO), 10062, ITALIA

Tel/Fax: (+39) 0121/30.28.50

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