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Domenica, 01 Settembre 2019 10:58

Sermone di domenica 1 settembre 2019 (Salmo 24)

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Testo della predicazione: Salmo 24

Del Signore è la terra con le sue ricchezze, il mondo con i suoi abitanti. Lui l’ha fissata sopra i mari, l’ha resa stabile sopra gli abissi.

Chi è degno di salire al monte del Signore? Chi entrerà nel suo santuario?

Chi ha cuore puro e mani innocenti; chi non serve la menzogna e non giura per ingannare.

Egli sarà benedetto dal Signore e accolto da Dio, suo salvatore.

Così sono quelli che lo cercano, quelli che lo vogliono incontrare: questo è il popolo di Giacobbe!

Alzate, porte, i vostri frontoni, alzatevi, porte antiche: entra il re, grande e glorioso!

Chi è questo re grande e glorioso?  È il Signore, valoroso e forte, è il Signore che vince le guerre!

Alzate, porte, i vostri frontoni, alzatevi, porte antiche: entra il re, grande e glorioso!

Chi è questo re grande e glorioso?  È il Signore, Dio dell’universo: è lui il re grande e glorioso!

Sermone

È solo da pochi anni che abbiamo visto, per la prima volta nella storia dell'umanità, il nostro pianeta dallo spazio: una sfera con più di due terzi d'acqua, terre e continenti, miliardi di persone. E sappiamo bene che questo globo può trasformarsi, in meno di un secolo, in un paesaggio spettra­le e desertico. La tecnica che abbiamo sviluppato e messo in opera ha già provocato danni che possiamo definire irreversibili o che potranno essere sanati solo dopo diverse centinaia di anni (Chernobyl), la lacerazione dello strato di ozono; l’innalzamento delle temperature, dovuto all’inquinamento dell’atmosfera, scioglie i ghiacciai (una volta detti “perenni”) e delle calotte polari provocando l’innalzamento dei mari e l’arretramento di enormi lembi di terra: a breve scompariranno molte città costiere. Siamo solo all’inizio, ma già in Puglia il mare ha coperto oltre 15 metri di terra asciutta.  E continua il processo di desertificazione del globo terre­stre, continua la distruzione del grande polmone della terra costituito dalle foreste tropicali.

Oggi non possiamo più vivere inerti davanti alla distruzione dell'ambiente in cui viviamo perché tra noi e l'ambiente c'è una interdipendenza che risulta oggi fatale: distruggere il creato significa autodistruggersi.

Sono gli adolescenti come Greta Thumberg che stanno rendendo attenta l’umanità del pericolo cui va incontro, eppure la voce profetica dei più piccoli non sembra ascoltata dai più grandi. C’è chi parla di allarmismo esagerato e di catastrofismo insensato, quando non nega l’evidenza e cioè che stiamo davvero imboccando una strada senza ritorno se non ci ravvediamo.

Nei grandiosi scenari cosmici della Bibbia in cui confluiscono le diverse tradizioni dell'antico Israele, emerge un insegnamento chiaro: Dio non ha solo un legame con l'essere umano, ma con tutto l'ambiente che lo circonda. Dopo il diluvio Dio stabilisce un nuovo patto:

«Ecco il segno del patto che io faccio tra me e voi e tutti gli esseri viventi che sono con voi, per tutte le generazioni a venire. Io pongo il mio arco nelle nuvole e servirà di segno del patto fra me e la terra... io mi ricorderò questo patto fra me, voi e ogni essere vivente» (Genesi 9,12-15).

Per troppi anni abbiamo parlato solo dell'essere umano, della creatura, dimenticando la creazione, ignorando il rapporto della per­sona umana con l'ambiente naturale che lo circonda. Il rapporto che Dio instaura è sì con gli esseri umani, ma anche con la sua creazione, nostra sorella.

Non possiamo più considerare l'ambiente della terra come un'im­mensa riserva da consumare, saccheggiare e dissipare. Viviamo nell'a­ria irrespirabile dei centri urbani e continuiamo a cementifi­care e a consumare in modo abnorme.

L'essere umano è stato creato ad immagine di Dio, ma quest'immagi­ne non è certo quella dell'insaziabile occidentale, stordito dal con­sumismo, anestetizzato dalla televisione e proteso a consumare la crea­zione con voracità incredibile.

            L'antico salmista, invece, ci insegna ad amare la creazione:

«Come sono grandi le tue opere, oh signore,
e tutte le hai fatte con arte!
La terra è piena delle tue creature.
Ecco il mare, sterminato ed immenso:
là si muovono animali piccoli e grandi
che non si possono contare.
Là vanno e vengono le navi;
va e viene il drago marino che tu hai creato
perché giochi tra le onde»

- Salmo 104: 24-26

Il miraggio consumi­stico dell'Occidente ci spinge ad una continua crescita di bisogni da soddisfare e ad una richiesta sempre maggiore di risorse, ma anche le risorse naturali hanno un limite.

Il 29 luglio abbiamo utilizzato tutte le risorse naturali dell’intero anno. E' il cosidetto Overshoot Day, il giorno del sorpasso, che dagli anni '70 in poi continua a cadere con anticipo sempre maggiore. Nell'arco di circa 40 anni siamo passati dal 29 dicembre 29 luglio.

La stima del consumo delle risorse, elaborata dalla Global Footprint Network, mostra quanto il pianeta sia diventato vorace. I parametri di riferimento sono il consumo di frutta, verdura, carne, pesce, acqua e legno: se il pianeta riuscisse a spostare in avanti ogni anno di 4 giorni e mezzo questa data, si tornerebbe in pari entro il 2050. «Al momento abbiamo bisogno dell'equivalente di 1,7 Terre per soddisfare le nostre esigenze», afferma il WWF, partner di Global Footprint Network. E per soddisfare il fabbisogno degli italiani servirebbero 4,3 Italie.

Occorre fare qualcosa per consegnare questo nostro mondo alle generazioni che verranno e che vorranno vivere, come lo vogliamo noi, in un ambiente pulito e accettabile.

Un saggio rabbino camminava per strada, quando vide un uomo che stava piantando un albero. Il rabbino gli chiese: «Quanti anni ci vorranno perché questo albero porti frutto?» L’uomo rispose che ci sarebbero voluti settant’anni. Il rabbi allora domandò: «Sei così sano e forte che ti aspetti di vivere tanto a lungo da poterne mangiare il frutto?». L’uomo rispose: «Ho trovato un mondo ricco di frutti perché i miei padri hanno piantato alberi per me. Lo stesso farò io per i miei figli.

La prima cosa da fare è di sviluppare un nuovo senso di responsabilità sul futuro dell’umanità, e questo dipende dal nostro presente.

Occorre spezzare il circolo vizioso di produrre di più e consumare di più; bisogna che nelle comunità cristiane si ritorni a scoprire quella sobrietà evangelica che sa dire “no” al ban­chetto consumistico, all'accaparramento e all'ingordigia, ma che è invece attenta nei consumi, nel rappor­tarsi con l'ambiente e con il proprio prossimo.

Non dobbiamo accontentarci di ammirare il creato, ma dalla contemplazione occorre passare alla dimensione della responsabilità per ciò che ci è stato affidato. Come credenti vorremmo che la lode del creato tornasse a risuonare non come il ricordo di qualcosa di perduto, ma come qualcosa di ritrovato, come parte integrante di noi stessi.

Sì, la nostra vita non consiste in quello che abbiamo o possediamo, ma in una giusta relazione con gli altri, con l’ambiente, con noi stessi e, quindi, con Dio.

La terra non ci appartiene, siamo noi che apparteniamo alla terra. Possiamo usare ogni cosa, ma ogni volta dobbiamo riflettere sulle conseguenze di quello che facciamo. Dopo di noi, altri abiteranno questo pianeta e potranno scoprire, grazie ai nostri comportamenti di oggi, che la terra è davvero il teatro della gloria di Dio. Amen!

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Pastore Giuseppe Ficara

Consacrato nel 1992, ha svolto il suo ministero nelle chiese di Riesi, Caltanissetta, Agrigento, Trapani e Marsala, Palermo.
Pastore a Luserna San Giovanni da Agosto 2013.

 

Indirizzo: Via Beckwith 49, Luserna San Giovanni (TO), 10062, ITALIA

Tel/Fax: (+39) 0121/30.28.50

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