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Mercoledì, 25 Dicembre 2019 19:04

Sermone di Natale 2019 (Galati 4,4-7)

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Testo della predicazione: Galati 4,4-7

Quando giunse la pienezza del tempo, Dio mandò suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge, per riscattare quelli che erano sotto la legge, affinché noi ricevessimo l’adozione. E, perché siete figli, Dio ha mandato lo Spirito del Figlio suo nei nostri cuori, che grida: «Abbà, Padre». Così tu non sei più servo, ma figlio; e se sei figlio, sei anche erede per grazia di Dio.

Sermone

Care sorelle e cari fratelli, nel brano alla nostra attenzione, l’apostolo Paolo parla del Natale, della venuta del Cristo nel mondo come di un evento atteso, ma che solo in un determinato tempo poteva accadere, perché il tempo era quello giusto, quello opportuno, l’apostolo parla di “pienezza del tempo”: è il kairòs un tempo preciso, non uno fra tanti, uguali.  

Le antiche profezie si adempiono, nel momento in cui una fitta oscurità avvolge i popoli e le tenebre coprono la terra, su di noi sorge il Signore, appare una luce, una stella che splende nell’oscurità del nostro cielo.

          Perciò Maria canta: «Dio ha suscitato un potente Salvatore come aveva promesso da tempo per bocca dei profeti», ma la potenza di questo “potente Salvatore” non è manifestata attraverso un grande esercito; questa potenza non è quella di chi ha la spada sguainata su un destriero bianco per sterminare un nemico, non si tratta di un’arma micidiale che annienta tutti i fautori del male; non è la potenza del più forte che sottomette chi è più debole. La potenza del Salvatore di cui parla Maria si manifesta attraverso un figlio che nasce, come tutti, da una donna, ed è sottomesso, come tutti noi, alle dinamiche umane: alla fragilità di tutti i bambini, alle malattie, al freddo e al gelo, o al caldo insopportabile.

La potenza del Salvatore risiede nell’amore senza limiti di Dio per noi che rinuncia alla sua gloria per venire a condividere la nostra umanità fragile, ad abitare e a vivere con noi, tra noi, come uno di noi, per toccarci, ascoltarci, guarirci dal nostro egoismo, dall’incapacità di costruire relazioni fondate sulla dimensione del dono e della gratuità, senza tornaconto e senza secondi fini.

La sua potenza sta nel venire per riscattarci dalla nostra incapacità di salvarci da soli: da noi stessi, dal nostro peccato, dai nostri fallimenti, dalle nostre storture, dalla nostra auto-sufficienza quando ci sentiamo capaci, o dal nostro auto-assolverci quando pensiamo di essere giusti.

Gesù, che è il figlio di Dio, ha voluto riscattarci in modo che fossimo considerati anche noi “figli/e” e non più soltanto creature: sì siamo stati adottati; eravamo sotto una legge naturale che non permetteva il nostro riscatto, ma Egli è venuto e ha pagato a caro prezzo la nostra libertà e siamo diventati liberi; adesso, anche noi possiamo chiamare Dio “Padre”, anzi, di più: possiamo chiamarlo “papà”. Questo è il significato della parola “Abbà”.

Siamo diventati liberi: per l’apostolo significa che non siamo più schiavi, servi di chi ci sottomette, servi dell’idolatria: del potere, del denaro, del consumismo, del razzismo contro gli stranieri, dell’omofobia, del misoginismo contro le donne… ci sono tanti luoghi, tante prigioni e dante catene dalle quali abbiamo sempre bisogno di essere liberati.

E ce n’è data la possibilità dal momento che dopo l’adozione che Gesù ha operato per noi, come figli, abbiamo ricevuto lo Spirito nei nostri cuori che grida “Abbà”, papà, in modo così intimo e affettuoso: grida a Dio che non manca mai di venirci incontro per stare con noi, per tenerci per mano quando si fa buio, per donarci tutta l’energia e la forza che ci permettono di andare oltre l’inerzia della fitta oscurità che ci avvolge, oltre la paralisi cui ci fanno cadere i nostri errori, oltre la depressione del male o il senso di colpa.

Questa possibilità ci è data, dice l’apostolo, perché, in qualità di figli, siamo diventati eredi della grazia di Dio. Ed ereditare, oggi, qui e ora, questa grazia significa ricevere il perdono, cioè la possibilità di rialzarci dalle nostre cadute e di ricominciare, da capo, riceviamo la possibilità di riconciliarci con chi abbiamo sbagliato, di ricostruire quelle relazioni che abbiamo distrutto o l’hanno fatto gli altri; di gettare nuovi ponti perché la vita, vera, la vitalità di tutti noi non si misura nella quantità di tempo in cui siamo lasciati in pace a casa nostra o con noi stessi, ma, al contrario, nelle relazioni, fraterne, di amicizia, di compagnia,  e tanto altro che riusciamo a intessere e che ci fanno crescere, maturare, ci rendono vivi, autentici e non più soli.

Gesù è venuto per questo, perché potessimo vivere una vita che ha un senso, liberi da ogni schiavitù, consapevoli di essere ascoltati da Dio, amati, perdonati e resi capaci, a nostra volta, di ascoltare, amare, perdonare, e vivere relazioni autentiche fondate sulla semplicità e sulla gratuità dei nostri gesti e del dono di noi stessi, come ha fatto Gesù per noi.

È questo il senso dei doni che mettiamo sotto l’albero e che ci scambiamo a Natale. Non dobbiamo mai perdere di vista questa dimensione del dono che esprime la gratuità dell’amore di Dio e, quindi, del nostro amore che viene da lui. E non dobbiamo mai trasferire la manifestazione del nostro affetto, del nostro amore, della nostra fede, ad un regalo, bello o costoso per quanto possa essere. Se vogliamo dire: “Ti voglio bene”, “Ci tengo a te” diciamolo davvero, con le nostre parole e con i nostri gesti, senza vergogna e imbarazzi.

Ma facciamo sempre, perché Cristo nasce sempre nel nostro cuore, per permetterci di sentirci sempre amati, ascoltati e sostenuti. Così concludo con una parte di una canzone che mio figlio Matteo, una volta, aveva 12 anni, mi ha fatto notare, una canzone di Jovanotti e Luca Carboni che cantano:

 

E intanto i negozi brillano... e le offerte speciali...
E intanto ci facciamo i regali,
il giorno che è nato Cristo arricchiamo gli industriali.
E intanto noi ci mangiamo i panettoni,
il giorno che è nato Cristo diventiamo più ciccioni.
Lo sai cos’è? Dovremmo stringerci le mani.
O è Natale tutti i giorni o non è Natale mai.

Buon Natale a tutti e tutte. Amen!

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Pastore Giuseppe Ficara

Consacrato nel 1992, ha svolto il suo ministero nelle chiese di Riesi, Caltanissetta, Agrigento, Trapani e Marsala, Palermo.
Pastore a Luserna San Giovanni da Agosto 2013.

 

Indirizzo: Via Beckwith 49, Luserna San Giovanni (TO), 10062, ITALIA

Tel/Fax: (+39) 0121/30.28.50

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