Stampa questa pagina
Domenica, 12 Gennaio 2020 17:37

Sermone di domenica 12 gennaio 2020

Scritto da

Testo della predicazione: Isaia 42,1-9

«Ecco il mio servo, io lo sosterrò; il mio eletto di cui mi compiaccio; io ho messo il mio spirito su di lui, egli manifesterà la giustizia alle nazioni. Egli non griderà, non alzerà la voce, non la farà udire per le strade. Non frantumerà la canna rotta e non spegnerà il lucignolo fumante; manifesterà la giustizia secondo verità. Egli non verrà meno e non si abbatterà finché abbia stabilito la giustizia sulla terra; e le isole aspetteranno fiduciose la sua legge». Così parla Dio, il Signore, che ha creato i cieli e li ha spiegati, che ha disteso la terra con tutto quello che essa produce, che dà il respiro al popolo che c’è sopra e lo spirito a quelli che vi camminano. «Io, il Signore, ti ho chiamato secondo giustizia e ti prenderò per la mano; ti custodirò e farò di te l’alleanza del popolo, la luce delle nazioni, per aprire gli occhi dei ciechi, per far uscire dal carcere i prigionieri e dalle prigioni quelli che abitano nelle tenebre. Io sono il Signore; questo è il mio nome; io non darò la mia gloria a un altro, né la lode che mi spetta agli idoli. Ecco, le cose di prima sono avvenute e io ve ne annuncio delle nuove; prima che germoglino, ve le rendo note».

Sermone 

            Care sorelle e cari fratelli, nel libro del profeta Isaia vi sono quattro canti cosiddetti del “Servo del Signore”, il nostro è uno di questi nel quale Dio esordisce dicendo: «Ecco il mio Servo, io ho messo il mio Spirito su di lui», così, al capitolo 61, lo stesso profeta dirà:

«Lo Spirito del Signore è su di me,
mi ha unto per portare il lieto messaggio ai poveri,
per fasciare chi ha il cuore spezzato,
per proclamare la liberazione a quelli che sono schiavi,
l’apertura del carcere ai prigionieri».

         «Io ho messo il mio Spirito su di lui», ed è così che i due canti sono legati da un filo rosso che corrisponde al programma del Servo: manifestare la giustizia, portare il lieto messaggio ai poveri, liberare gli schiavi, aprire le carceri ai prigionieri, essere luce delle nazioni.

            La profezia è stata pronunziata quando il popolo era deportato in Babilonia, ormai da oltre 40 anni, era un popolo afflitto, disperato, senza forze e del quale il profeta aveva detto:

«Consolate, consolate il mio popolo, dice il vostro Dio.
Parlate al cuore di Gerusalemme e proclamatele che il tempo della sua schiavitù è compiuto»

(Isaia 40,1-2)

A questa gente il Signore promette la liberazione, la fine delle vessazioni nei loro confronti e della loro sottomissione schiavizzante. E cosà avverrà!

Gesù stesso si identificherà con questo Servo quando dirà nella sinagoga: «Oggi, si è adempiuta questa Scrittura, che voi udite» dopo aver letto le parole del profeta «Lo Spirito del Signore è su di me».

Proprio perché è lo Spirito che permette di essere agenti della misericordia di Dio verso gli ultimi e gli oppressi per annunciare che, dopo le lacrime, è arrivato il tempo della consolazione in cui Dio riporterà la giustizia e la pace.

Ci sono invece dei falsi profeti che pretendono di avere un’autorità che viene da Dio, ma il loro inganno è presto smascherato dall’impegno che mettono per ottenere il proprio tornaconto personale. Il vero profeta è libero dalle preoccupazioni egoistiche, di potere ed economiche. Non accentra il potere, ma lo trasmette alla comunità, dà a tutti la possibilità di prendere parte alla ricostruzione di ciò che era distrutto, così dice il profeta:

«Essi ricostruiranno le antiche rovine,
rialzeranno le case abbattute,
ricostruiranno le città devastate per tanto tempo» (Isaia 61,4).

Il Servo del Signore fa in modo che i credenti siano loro stessi gli artefici del loro destino, della costruzione del loro futuro che va oltre i mattoni stessi. Infatti nel nostro brano di Isaia 42, in pochi versetti, è menzionata la parola “giustizia” per ben quattro volte:

Egli manifesterà la giustizia alle nazioni.
Manifesterà la giustizia secondo verità.
Stabilirà la giustizia sulla terra.
Io, il Signore, ti ho chiamato secondo giustizia.

Ciò che è necessario costruire è la giustizia: l’equità, la solidarietà reciproca, la condivisione. Nell’ultimo Canto del Servo, Dio dice:

«Io, il Signore, voglio che si rispetti il diritto,
non sopporto che si rubi e che si compiano ingiustizie»

Dio è fedele, è giusto, non se la prende con gli ultimi e i poveri, con chi non ce la fa, con chi non ha voce per far valere i propri diritti, non cerca un capro espiatorio contro il quale scaricare le colpe. Per questo dice del Servo:

«Non alzerà la voce… non spezzerà la canna già rotta, non spegnerà la fiammella debole, ma manifesterà la giustizia…» allora «ti prenderò per mano e ti custodirò».

La giustizia di Dio è quella di prendersi cura di chi è indietro, di chi non ce la fa, degli ultimi con i quali Gesù stesso si identificherà. Per il Signore, la giustizia è quella di riscattare gli esclusi dal banchetto, gli esclusi cui viene negato il diritto di vivere in pace, con la propria famiglia, con un lavoro, il diritto di avere accesso all’acqua, al pane, ai farmaci essenziali, a ciò che minimo e necessario per vivere. Mentre invece c’è chi gode di una tale giustizia, da privarne altri per averne di più.

Così, l’opera del Servo, il suo programma che viene ad esercitare sulla terra ha uno scopo, un senso profondo. Così, Gesù ha voluto manifestare a tutti l’opera che il Servo del Signore è venuto a compiere: «Portare il lieto messaggio ai poveri, aprire gli occhi ai ciechi, essere luce delle nazioni, far uscire dal carcere i prigionieri e dalle prigioni coloro che abitano il paese delle tenebre».

Gesù è quel Servo che non si è sottratto al compito di essere tra la gente e per la gente, come colui che trasmette a tutti quell’amore sconfinato di Dio che porta la giustizia, un amore che ci incontra e che travolge la nostra esistenza per renderla piena di senso e di pace. Una condizione che ci permette di essere a nostra volta annunciatori dell’amore, della giustizia e della pace di Dio.

         «Io ho messo il mio Spirito su di lui» è l’adempimento di una missione che ha avuto inizio ai tempi del profeta, ha proseguito con Gesù e continua ad adempiersi oggi attraverso tutti noi credenti: è la Scrittura che si adempie ogni volta che è proclamata con convinzione e con forza, è Dio stesso che rinnova le sue promesse, la sua alleanza in Cristo, per perdonarci e trasformarci da schiavi senza forze in un regno di sacerdoti, cioè di credenti che hanno il permesso di comparire davanti a Dio, di dialogare con lui e di ricevere il suo perdono senza mediatori. Tutto ciò perché pone il suo Spirito su di noi.

         Cosa produce lo Spirito del Signore quando è su di noi?

         Ci rende credenti che hanno una vocazione, un compito, una missione:

  • Portare la giustizia attorno a noi;
  • annunciare il lieto messaggio della grazia, della giustizia, del perdono e dell’amore di Dio ai poveri;
  • curare le persone che hanno il cuore spezzato dalla durezza della vita, dalla sofferenza e dal dolore;
  • rendere liberi coloro che sono schiavi da nuove forme di schiavitù, di sottomissione e umiliazione moderne che possono accadere nei luoghi di lavoro con orari massacranti e paghe da fame, con lo sfruttamento delle donne e dei minori, nella scuola con forme di discriminazione o di bullismo, nella famiglia con costrizioni e umiliazioni, nei luoghi pubblici in cui si è respinti, giudicati a motivo dell’essere maschio o femmina, per avere una religione, una cultura, un colore della pelle diversi;
  • aprire il carcere ai prigionieri condannati per proclamare i diritti umani per tutti, la libertà e la dignità per ogni uomo e ogni donna, bambino, bambina, anziano, anziana. Così il pastore protestante cinese Wang Yi, noto attivista dei diritti umani, il 30 dicembre è stato condannato a 9 anni di carcere per «incitamento a sovvertire il potere statale». Il pastore Wang Yi ha scritto quindi: «Questo è il modo in cui predico il Vangelo, ed è il mistero del Vangelo che predico». Senza dimenticare che Nelson Mandela per lo stesso motivo ha vissuto per 27 anni in carcere.

         Quando lo Spirito è su di noi, nessun interesse personale ed egoistico ha luogo, ma quello del prossimo che riempie di gioia l’esistenza e l’intera vita dei credenti nonostante difficoltà e prove.

         «Io ho messo il mio Spirito su di lui», significa che siamo chiamati a confessare la fedeltà di Dio per noi, un Dio che continua a prendersi cura di noi attraverso il dono del suo Spirito che trasforma le nostre incapacità in servizio gioioso e in canto di lode e di speranza. Uno Spirito che ci fa essere forti della forza e della fedeltà di Dio attraverso la quale ci dà di instaurare la giustizia sulla terra e, con la giustizia, la pace di cui abbiamo tutti, oggi più che mai, con i venti di guerra attorno a noi, tanto bisogno. Amen!

Letto 1512 volte
Pastore Giuseppe Ficara

Consacrato nel 1992, ha svolto il suo ministero nelle chiese di Riesi, Caltanissetta, Agrigento, Trapani e Marsala, Palermo.
Pastore a Luserna San Giovanni da Agosto 2013.

 

Indirizzo: Via Beckwith 49, Luserna San Giovanni (TO), 10062, ITALIA

Tel/Fax: (+39) 0121/30.28.50

Mail: Per contattare il pastore via mail, clicca qui

 

Ultimi da Pastore Giuseppe Ficara