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Domenica, 25 Ottobre 2020 16:03

Sermone di domenica 25 ottobre 2020 (Marco 12,28-34)

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Testo della predicazione: Marco 12,28-34

«Uno degli scribi che li aveva uditi discutere, visto che egli aveva risposto bene, si avvicinò e gli domandò: «Qual è il più importante di tutti i comandamenti?» Gesù rispose: «Il primo è: "Ascolta, Israele: Il Signore, nostro Dio, è l'unico Signore. Ama dunque il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta l'anima tua, con tutta la mente tua, e con tutta la forza tua". Il secondo è questo: "Ama il tuo prossimo come te stesso". Non c'è nessun altro comandamento maggiore di questi». Lo scriba gli disse: «Bene, Maestro! Tu hai detto secondo verità, che vi è un solo Dio e che all'infuori di lui non ce n'è alcun altro; e che amarlo con tutto il cuore, con tutto l'intelletto, con tutta la forza, e amare il prossimo come se stesso, è molto più di tutti gli olocausti e i sacrifici». Gesù, vedendo che aveva risposto con intelligenza, gli disse: «Tu non sei lontano dal regno di Dio». E nessuno osava più interrogarlo».

Sermone

Care sorelle e cari fratelli, a differenza di altri brani analoghi contenuti nei Vangeli, qui, in Marco, lo scriba non vuole mettere Gesù in difficoltà, lo incontra per imparare qualcosa da lui. Ed è questo ciò che accade, lo scriba riprende la risposta di Gesù e prosegue dicendo “È proprio vero, l’amore è tutto, vale più degli olocausti che si sacrificano nel Tempio a Dio”. Gesù si congratula con lo scriba e gli dice: “Tu non sei lontano dal Regno di Dio”.

Infatti, Gesù annunciava il Regno di Dio, un Regno che cominciava nel presente. Oggi siamo abituati a questo tipo di predicazione, ma non era scontata in una realtà nella quale la religione assumeva forme ritualistiche, che si fondava su una serie di regole da osservare e riti per rendere propizio il favore di Dio.

Gesù, e lo scriba, riconoscono insieme che questo modo di credere e vivere la fede allontana da un Dio che è semplicemente amore. Potremmo anche dire che la mera osservanza di riti e regole nasce dall’incapacità di riconoscere questo Dio e di avere una relazione con Lui; il rito nasce per riempire un vuoto. Infatti il rito è staticità, fissità, immobilità, immutabilità, cioè tutto il contrario di Dio che vuole un rapporto dinamico, sempre nuovo e imprevedibile, con i suoi figli e figlie.

Ma allora, se si toglie la legge che regola il rapporto con Dio e tra i credenti, e se scompaiono i riti, cosa rimane? Quali saranno i punti di riferimento di una religione autentica?

Questa è infatti la domanda dello scriba, che è espressa così: “Qual è il più importante di tutti i comandamenti?” in realtà significa: qual è il fondamento della vera religione? Su cosa deve essere fondato il nostro rapporto con Dio e con il prossimo?

Gesù risponde: «Ama… il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta l’anima tua, con tutta la mente tua e con tutta la forza tua e ama il tuo prossimo come te stesso. Non c’è nessun altro comandamento maggiore di questo».

Gesù, pone qui un fondamento nuovo sul quale costruire la pratica della fede, la religione stessa, che così sarà autentica perché non più immutabile, ma legata alla storia e alla vita; una religione non più dogmatica, perché sempre riformabile; un Dio che potrà essere conosciuto a partire dal suo amore per l’umanità e non più attraverso regole e riti; una volontà di Dio non più conosciuta tramite leggi e sentenze, ma attraverso un amore che manifesta in Gesù che viene per noi, muore per noi, risuscita per noi e vive, oggi, per noi.

Affinché il rapporto con Dio sia vero e autentico, Gesù dice che sono essenziali tre elementi: tu, Dio e il prossimo. Perché c’è un legame forte e potente fra loro, e questo legame è l’amore: l’amore per se stessi, l’amore per Dio e l’amore per il prossimo.

L’amore per Dio non si vive attraverso un rito perché si rimane del tutto estranei, l’amore per Dio ci impegna il cuore, la mente e tutte le nostre forze. Perfino la preghiera può diventare un rito quando si estranea dalla vita quotidiana, dai singoli momenti di ogni giorno, quando è recitata meccanicamente o è considerata come una formula magica. L’amore di cui parla Gesù, invece, è partecipazione e coinvolgimento, con Dio e con gli altri, in un progetto comune: questo è il senso della chiesa che vive della sola grazia di Dio e della sola fede che ci fa riconoscere fratelli e sorelle che camminano insieme verso un obiettivo comune, che lavorano insieme per uno scopo, che ricercano il senso della loro vocazione e guardano al loro futuro e al futuro dell’umanità con la speranza che nasce dalla fede.

«Come te stesso» dice Gesù, perché ci raccomanda di restare attivi, partecipi e consapevoli. Nell’amore, la persona che ama non deve annullarsi, né scomparire. Amore non è annullamento di se stessi, al contrario l’amore è riconoscere che tutti siamo all’interno di una dinamica di reciprocità: “Dio, il prossimo, te stesso/a”. Nessuno deve mai scomparire.

«Come te stesso» significa amare Dio e gli altri con l’amore con cui si ha cura di se stessi, della propria persona e come ci si cura quando stiamo male. Gesù ci insegna a non trascurare nessuno in questo rapporto triplice, neppure se stessi. Gesù ci insegna, innanzitutto, a curare la propria dignità e il rispetto per se stessi.

Se qualcuno non ama se stesso e non si prende cura di sé, esce dalla dinamica di amore tra sé, Dio e il prossimo; potrà pensare, sbagliando, di donare tutto il suo amore agli altri privandosi di quello per se stesso, ma Gesù ci parla di un amore talmente abbondante che nessuno deve farne a meno, neppure per se stesso.

D’altra parte, chi non ama se stesso/a non avrà un equilibrio interiore tale da bilanciare la propria autostima con le proprie incapacità e fragilità; nel rapporto con gli altri non avrà quella sensibilità necessaria per un rapporto costruttivo ed edificante. La chiesa stessa fallisce nella sua vocazione, se non sa mantenere l’equilibrio proposto da Gesù: Tu, Dio, il prossimo.

Abbiamo, dunque, questi tre elementi che Gesù menziona:

- Dio è l’unico Signore.

- Ama Dio.

- Ama il prossimo e te stesso.

Dire che Dio è l’unico Signore, significa riconoscere che tante possiamo avere diversi signori a cui rivolgiamo la nostra devozione e adorazione. Dire: “Dio è l’unico Signore” significa domandarsi: Su quale fondamento costruisco la mia vita? In quale direzione sto andando? Da chi mi lascio guidare?

Gesù Dice: “Dio è l’unico Signore”. Non ci possono essere nella vita riferimenti più importanti di Lui.

Dire di amare Dio con il cuore, l’anima, la mente e le forze, significa semplicemente amare in modo coinvolgente e non freddo e distaccato (non sarebbe amore), in un impegno costante e incessante. Amare Dio è orientare la propria intelligenza verso un servizio consapevole, con le proprie mani, con la forza che abbiamo, con gli strumenti di cui disponiamo, così come siamo.

Amare il prossimo e noi stessi, in fondo è la verifica dell’amore per Dio; come dice la prima lettera di Giovanni (4,20): “Chi non ama suo fratello che ha visto non può amare Dio che non ha visto”. Questo è il vero amore di cui siamo inondati e che ci rende capaci di amare, perché l’amore è gratuito, come gratuito è il dono di sé di Dio, la grazia di Dio e il perdono di Dio. Amen!

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Pastore Giuseppe Ficara

Consacrato nel 1992, ha svolto il suo ministero nelle chiese di Riesi, Caltanissetta, Agrigento, Trapani e Marsala, Palermo.
Pastore a Luserna San Giovanni da Agosto 2013.

 

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