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Lezione 2: La cristologia giovannea

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La cristologia giovannea

Fin dai primi anni del movimento, i cristiani cercarono di giungere a visioni comuni sulla natura di Gesù di Nazareth, tale lavoro si concluse nel Concilio di Nicea nel 325 d.C. Nel Nuovo Testamento vi sono molti sforzi atti a formulare quello che i cristiani volevano dire su Gesù, sulla sua persona e sulla sua opera: essi cercano parole adeguate ad esprimere la loro fede in Cristo. Il Vangelo di Giovanni dà un contributo alla visione che i credenti del primo secolo avevano di Cristo.

La cristologia del Logos

Leggiamo di nuovo il prologo di Giovanni (1,1-18) ponendo attenzione a quanto in esso è affermato circa la natura e l’opera della “Parola”:

1 Nel principio era la Parola, la Parola era con Dio, e la Parola era Dio. Essa era nel principio con Dio. 3 Ogni cosa è stata fatta per mezzo di lei; e senza di lei neppure una delle cose fatte è stata fatta. 4 In lei era la vita, e la vita era la luce degli uomini. 5 La luce splende nelle tenebre, e le tenebre non l'hanno sopraffatta.

6 Vi fu un uomo mandato da Dio, il cui nome era Giovanni. 7 Egli venne come testimone per render testimonianza alla luce, affinché tutti credessero per mezzo di lui. 8 Egli stesso non era la luce, ma venne per render testimonianza alla luce. 9 La vera luce che illumina ogni uomo stava venendo nel mondo. 10 Egli era nel mondo, e il mondo fu fatto per mezzo di lui, ma il mondo non l'ha conosciuto. 11 È venuto in casa sua e i suoi non l'hanno ricevuto; 12 ma a tutti quelli che l'hanno ricevuto egli ha dato il diritto di diventar figli di Dio: a quelli, cioè, che credono nel suo nome; 13 i quali non sono nati da sangue, né da volontà di carne, né da volontà d'uomo, ma sono nati da Dio.

14 E la Parola è diventata carne e ha abitato per un tempo fra di noi, piena di grazia e di verità; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre. 15 Giovanni gli ha reso testimonianza, esclamando: «Era di lui che io dicevo: "Colui che viene dopo di me mi ha preceduto, perché era prima di me. 16 Infatti, dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto grazia su grazia"». 17 Poiché la legge è stata data per mezzo di Mosè; la grazia e la verità sono venute per mezzo di Gesù Cristo. 18 Nessuno ha mai visto Dio; l'unigenito Dio, che è nel seno del Padre, è quello che l'ha fatto conoscere.

Questi versetti hanno una composizione riconducibile a un inno, la loro struttura è quella di una poesia, probabilmente era utilizzata nel corso del culto. Questo inno quindi è stato utilizzato dall’evangelista Giovanni come introduzione al suo Vangelo. Non sappiamo se l’inno sia opera dell’evangelista o meno, della sua comunità o di altri. Tuttavia è certo che questo Prologo sia espressione di fede della Comunità giovannea.

Il Logos era presente in diverse accezioni nelle religioni e filosofie di allora. Nello stoicismo era concepito come una sorta di ragione cosmica, mente e centro dell’Universo, spiegava il suo funzionamento, la sua struttura e gli dava un ordine. Un granello di questo Logos universale sarebbe presente in ogni persona, collegando così tutti gli esseri umani al cuore del cosmo.

Anche gli ebrei avevano un Logos che chiamavano “dabar Yahvè” Parola di Dio, questa Parola portò ogni cosa all’esistenza secondo Genesi 1 «Dio disse…».

Egli parlò, e la cosa fu; egli comandò e la cosa apparve. (Salmo 33,9)

Era questa Parola di Dio che si rivolgeva ai profeti e che essi proclamavano al popolo. Successivamente il pensiero giudaico elaborò il concetto di sapienza. La sapienza era con Dio, pervadeva i pii e, in qualche modo, fu fatta persona divina. Leggiamo nel libro dei Proverbi 8,22-31:

23Fui stabilita fin dall'eternità, dal principio, prima che la terra fosse. 24Fui generata quando non c'erano ancora abissi, quando ancora non c'erano sorgenti rigurgitanti d'acqua.

25Fui generata prima che i monti fossero fondati, prima che esistessero le colline, 26 quand'egli ancora non aveva fatto né la terra né i campi né le prime zolle della terra coltivabile. 27Quand'egli disponeva i cieli io ero là; quando tracciava un circolo sulla superficie dell'abisso, 28quando condensava le nuvole in alto, quando rafforzava le fonti dell'abisso, 29quando assegnava al mare il suo limite perché le acque non oltrepassassero il loro confine, quando poneva le fondamenta della terra, 30io ero presso di lui come un artefice; ero sempre esuberante di gioia giorno dopo giorno, mi rallegravo in ogni tempo in sua presenza; 31mi rallegravo nella parte abitabile della sua terra, trovavo la mia gioia tra i figli degli uomini.

Più tardi la speculazione giudaica sulla Sapienza la mise in collegamento con la Torah, la Parola scritta di Dio e anche la Sapienza fu identificata con la Parola di Dio.

L’autore del Prologo di Giovanni ricava i suoi pensieri da questa ricca eredità e la applica a Gesù. Nel Prologo egli vuole affermare che Gesù è il compimento della vasta tradizione di molte differenti religioni e visioni filosofiche dell’universo. L’autore sta affermando che Cristo è il Logos della tradizione stoica, la Parola della Bibbia ebraica e la Sapienza della riflessione giudaica. Tutto concentrato in una sola persona.

Ecco cosa è il Logos per i cristiani: una persona. Non un concetto astratto, né un’esperienza religiosa, né mitologia.

Il Logos è una persona incarnata, vivente: Gesù.

La prima affermazione del Prologo è che Cristo esisteva fin dal principio, ancor prima della creazione. Questa è una vera e propria rivendicazione dei cristiani. Questo è il messaggio di questa prima affermazione del Prologo: Cristo è così importante che non può semplicemente essere venuto all’esistenza come ogni altra persona. Dunque è presentato come trascendente gli esseri viventi.

Gli autori dei Vangeli sinottici, Matteo, Marco e Luca, hanno voluto dare lo stesso messaggio incorporando nella loro narrazione i racconti della nascita verginale e concepimento per mezzo dello Spirito Santo, affermando così che la sua origine è dovuta a una iniziativa divina straordinaria.

Giovanni ha fatto un passo affermando che Cristo non è un essere creato, ma esisteva già prima della creazione.

3Ogni cosa è stata fatta per mezzo di lei; e senza di lei neppure una delle cose fatte è stata fatta.

La Parola è fonte di un nuovo genere di vita, la Parola che redime e salva è l’agente della creazione divina. Questo concetto è espresso anche in Colossesi 1,15-20:

15Egli è l'immagine del Dio invisibile, il primogenito di ogni creatura; 16poiché in lui sono state create tutte le cose che sono nei cieli e sulla terra, le visibili e le invisibili: troni, signorie, principati, potenze; tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui. 17Egli è prima di ogni cosa e tutte le cose sussistono in lui. 18Egli è il capo del corpo, cioè della chiesa; è lui il principio, il primogenito dai morti, affinché in ogni cosa abbia il primato.

19Poiché al Padre piacque di far abitare in lui tutta la pienezza 20e di riconciliare con sé tutte le cose per mezzo di lui, avendo fatto la pace mediante il sangue della sua croce; per mezzo di lui, dico, tanto le cose che sono sulla terra, quanto quelle che sono nei cieli.

I primi cristiani hanno certo colto la funzione di Cristo in riferimento alla redenzione divina, ma vollero andare oltre attribuendogli anche un ruolo nella creazione.

Cristo è così basilare per il significato e per lo scopo dell’esistenza umana che egli è concepito come forza e fondamento di tutto fin dal principio dell’esistenza.

«La Parola era con Dio, la Parola era Dio» Siamo condotti in un paradosso. Come ci può essere distinzione e unità allo stesso tempo? Giovanni ci spiega che Cristo è una dimensione di Dio, ma non tutta; è la rivelazione a noi comprensibile, ma nella sua essenza e totalità, Dio è per noi incomprensibile. Nel Logos, dunque, vi è solo la manifestazione di Dio, quella che è giunta tra noi per essere compresa, ma non esaurisce Dio che, tuttavia, rimane altro.

«La Parola è diventata carne e ha abitato per un tempo tra noi» (1,14). Il Logos è fisicamente visibile, può essere toccato, ascoltato, visto, esperimentato.

I titoli cristologici

Leggiamo Giovanni 1,19-51 elencando tutti i titoli che sono riferiti a Cristo:

19Questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei mandarono da Gerusalemme dei sacerdoti e dei Leviti per domandargli: «Tu chi sei?» 20Egli confessò e non negò; confessò dicendo: «Io non sono il Cristo». 21Essi gli domandarono: «Chi sei dunque? Sei Elia?» Egli rispose: «Non lo sono». «Sei tu il profeta?» Egli rispose: «No».

22Essi dunque gli dissero: «Chi sei? affinché diamo una risposta a quelli che ci hanno mandati. Che dici di te stesso?» 23Egli disse: «Io sono la voce di uno che grida nel deserto: "Raddrizzate la via del Signore", come ha detto il profeta Isaia». 24Quelli che erano stati mandati da lui erano del gruppo dei farisei; 25e gli domandarono: «Perché dunque battezzi, se tu non sei il Cristo, né Elia, né il profeta?» 26Giovanni rispose loro, dicendo: «Io battezzo in acqua; tra di voi è presente uno che voi non conoscete, 27colui che viene dopo di me, al quale io non son degno di sciogliere il legaccio dei calzari!» 28Queste cose avvennero in Betania di là dal Giordano, dove Giovanni stava battezzando.

29Il giorno seguente, Giovanni vide Gesù che veniva verso di lui e disse: «Ecco l'Agnello di Dio, che toglie il peccato del mondo! 30Questi è colui del quale dicevo: "Dopo di me viene un uomo che mi ha preceduto, perché egli era prima di me". 31Io non lo conoscevo; ma appunto perché egli sia manifestato a Israele, io sono venuto a battezzare in acqua». 32Giovanni rese testimonianza, dicendo: «Ho visto lo Spirito scendere dal cielo come una colomba e fermarsi su di lui. 33Io non lo conoscevo, ma colui che mi ha mandato a battezzare con acqua, mi ha detto: "Colui sul quale vedrai lo Spirito scendere e fermarsi, è quello che battezza con lo Spirito Santo". 34E io ho veduto e ho attestato che questi è il Figlio di Dio». 35Il giorno seguente, Giovanni era di nuovo là con due dei suoi discepoli; 36e fissando lo sguardo su Gesù, che passava, disse: «Ecco l'Agnello di Dio37I suoi due discepoli, avendolo udito parlare, seguirono Gesù. 38Gesù, voltatosi, e osservando che lo seguivano, domandò loro: «Che cercate?» Ed essi gli dissero: «Rabbì (che, tradotto, vuol dire Maestro), dove abiti?» 39Egli rispose loro: «Venite e vedrete». Essi dunque andarono, videro dove abitava e stettero con lui quel giorno. Era circa la decima ora.

40Andrea, fratello di Simon Pietro, era uno dei due che avevano udito Giovanni e avevano seguito Gesù. 41Egli per primo trovò suo fratello Simone e gli disse: «Abbiamo trovato il Messia» (che, tradotto, vuol dire Cristo); 42e lo condusse da Gesù. Gesù lo guardò e disse: «Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; tu sarai chiamato Cefa» (che si traduce «Pietro»). 43Il giorno seguente, Gesù volle partire per la Galilea; trovò Filippo, e gli disse: «Seguimi». 44Filippo era di Betsàida, della città di Andrea e di Pietro. 45Filippo trovò Natanaele e gli disse: «Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto Mosè nella legge e i profeti: Gesù da Nazaret, figlio di Giuseppe». 46 Natanaele gli disse: «Può forse venir qualcosa di buono da Nazaret?» Filippo gli rispose: «Vieni a vedere».

47Gesù vide Natanaele che gli veniva incontro e disse di lui: «Ecco un vero Israelita in cui non c'è frode». 48Natanaele gli chiese: «Da che cosa mi conosci?» Gesù gli rispose: «Prima che Filippo ti chiamasse, quando eri sotto il fico, io ti ho visto». 49Natanaele gli rispose: «Rabbì, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d'Israele». 50Gesù rispose e gli disse: «Perché ti ho detto che ti avevo visto sotto il fico, tu credi? Tu vedrai cose maggiori di queste». 51Poi gli disse: «In verità, in verità vi dico che vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sul Figlio dell'uomo».

Questo brano è pieno di affermazioni cristologiche. Dopo il Prologo, una serie di titoli viene attribuita a Cristo.

«Agnello di Dio»: evoca l’agnello pasquale; in collegamento con la Pasqua fa riferimento a immagini di liberazione del popolo dalla schiavitù. Il Battista sottolinea che questo agnello «toglie i peccati del mondo», facendo così riferimento all’agnello sacrificale pasquale. La sua morte è espiatoria: viene offerta a Dio e cancella il peccato. Il titolo «Agnello di Dio» appare nella letteratura apocalittica giudaica, si tratta di una figura che distrugge il male nel mondo (vedi Apoc. 5). In Isaia 53 è il Servo sofferente” che è descritto come un agnello:

Isaia 53: 5Egli è stato trafitto a causa delle nostre trasgressioni, stroncato a causa delle nostre iniquità; il castigo, per cui abbiamo pace, è caduto su di lui e grazie alle sue ferite noi siamo stati guariti.

7Maltrattato, si lasciò umiliare e non aprì la bocca. Come l'agnello condotto al mattatoio, come la pecora muta davanti a chi la tosa, egli non aprì la bocca.

«Agnello di Dio»:

  • è simbolo della nuova Pasqua, della nuova liberazione dalla schiavitù;
  • è la vittima innocente la cui morte ottiene il perdono del peccato;
  • è il Servo di Dio le cui sofferenze sono l’espiazione per il peccato.

Secondo Giovanni, la morte di Gesù avviene nel momento in cui si uccidevano gli agnelli in preparazione della cena pasquale. Gesù è, dunque, l’Agnello di Dio la cui morte produce liberazione.

Per questo Giovanni dice: «Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi» (8,32). La verità è Gesù stesso, in quanto rivela di Dio; conoscere Gesù, quindi la rivelazione, significa ricevere la liberazione.

«Figlio di Dio»: nel giudaismo, il Messia riveste l’idea di un sovrano politico; nel primo secolo è visto come una figura che avrebbe liberato il popolo dall’oppressione, corretto le ingiustizie e le falsità e avrebbe distrutto le forze del male nel mondo. Giovanni sottolinea che Gesù è l’adempimento di tutte le attese messianiche.

Natanaele chiama Gesù “Figlio di Dio”, ma anche Re d’Israele, sottolineando così l’aspetto politico del Messia e che l’evangelista vuole modificare cercando di spiegare che Gesù sì è Re d’Israele, Messia e Figlio di Dio, ma molto di più.

Le affermazioni del Battista tendono a sottolineare la superiorità di Gesù dal Battista: «Egli era prima di me» (v. 30); «Io non sono il Cristo» indica la preoccupazione rispetto a quel gruppo di persone discepoli del Battista che sostenevano essere lui il Messia.

«Figlio dell’uomo»: ha un significato escatologico. La mitologia giudaica diede origine a una figura celeste dalle forme umane che era con Dio a partire dalla creazione.

È Figlio dell’uomo perché verrà fra gli uomini, alla fine dell’età presente, per sconfiggere il male e stabilire il Regno di Dio sulla terra. Rappresenta il prototipo degli esseri umani e restauratore escatologico dell’umanità. Il suo destino è entrare nella storia e portarla al culmine. Ecco, l’evangelista coglie anche questa figura e la riconduce al Cristo.

«Io sono»

Il detto esclusivamente giovanneo «Io sono» è una parola molto pregnante ed enfatica, in greco è: evgw, eivmi (egō eimi).

8,24 «Se non credete che io sono, morirete nei vostri peccati»;

8,28 «Quando avrete innalzato il Figlio dell’uomo, allora conoscerete che io sono»;

6,20 «Ma egli disse loro: “io sono” non temete».

6,35 Gesù disse loro: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà più fame...».

6,51 Io sono il pane vivente, che è disceso dal cielo».

8,12 Gesù parlò loro di nuovo, dicendo: «Io sono la luce del mondo».

10,7 Perciò Gesù di nuovo disse loro: «In verità, in verità vi dico: io sono la porta» ….

11,25 Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita».

Il Vangelo di Giovanni utilizza l’espressione «Io sono» in forma profondamente cristologica.

Nel mondo ellenistico del primo secolo d.C. il dio che si rivelava parlava anch’esso con l’enfatico evgw, eivmi. In una iscrizione si trova Iside che utilizza l’espressione evgw, eivmi. Troviamo formulazioni greche di questa portata: «Il messaggero di luce io sono», «Il tesoro io sono, il tesoro della vita»; ma anche: «un pastore io sono, che ama le sue pecore» e «un pescatore io sono che…». Dunque anche nel mondo ellenistico vi era la prassi di attribuire alla divinità gli enfatici evgw, eivmi.

Così, Giovanni vuole affermare l’identità di Cristo in contrasto con le pretese di altre divinità. Quando Gesù dice «Io sono il buon pastore» (10,14) intende affermare un contrasto con altri che rivendicavano quello status. Gesù infatti è il «buon» pastore che dà la sua vita per le pecore, non è un mercenario.

Per quanto riguarda la Bibbia ebraica, il detto «Io sono» si trova in Esodo 3,14:

Dio disse a Mosè: «Io sono colui che sono». Poi disse: «Dirai così ai figli d'Israele: "l'IO SONO mi ha mandato da voi"».

Giovanni vuole proprio indurre a riconoscere che il nome sacro di Dio “YHWH” corrispondesse a «Io sono». Infatti, la traduzione greca della Bibbia ebraica (la LXX) utilizza l’espressione evgw, eivmi per tradurre l’Io sono ebraico: «Io sono colui che sono».

Dunque, secondo l’evangelista Giovanni, i detti «Io sono» indicano Dio stesso, si ha a che fare con la rivelazione divina. Sia i lettori ebrei che ellenistici capivano bene il significato dei detti «Io sono», nei primi si riferiva alla rivelazione di Dio a Mosè, nei secondi alla divinità. Qui si afferma che Dio è presente in Cristo e in lui si rivela agli esseri umani.

Dunque solo Gesù è il vero rivelatore del divino. Anzi, come YHWH è l’unico vero Dio, così Cristo è l’unico vero Dio.

Il nome di Dio YHWH contiene in sé il verbo essere, i giudei avevano proibito di pronunciare il nome di Dio, anche perché non si conoscevano le vocali per pronunciarlo. Ora, accade che quando Gesù dice «Io sono» sta pronunciando il nome proprio di Dio. L’implicazione è che egli stesso è Dio. Qui abbiamo una delle più alte rivendicazioni sulla divinità di Cristo dell’intero Nuovo Testamento.

 

Pastore Giuseppe Ficara

Consacrato nel 1992, ha svolto il suo ministero nelle chiese di Riesi, Caltanissetta, Agrigento, Trapani e Marsala, Palermo.
Pastore a Luserna San Giovanni da Agosto 2013.

 

Indirizzo: Via Beckwith 49, Luserna San Giovanni (TO), 10062, ITALIA

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