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Domenica, 18 Ottobre 2020 19:28

Sermone di domenica 18 ottobre 2020 (I Tessalonicesi 1,2-10)

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Testo della predicazione: I Tessalonicesi 1,2-10 (passim)

Noi ringraziamo sempre Dio per voi tutti, ricordandovi nelle nostre preghiere, rammentando l'opera della vostra fede, la fatica dell'amore e la costanza della vostra speranza nel Signore nostro Gesù Cristo davanti a Dio, nostro Padre. Conosciamo, fratelli amati da Dio, la vostra elezione. Infatti, il nostro vangelo non vi è stato annunziato soltanto con parole, ma anche con potenza, con lo Spirito Santo e con piena certezza. Voi siete divenuti imitatori nostri e del Signore, avendo accettato la Parola in mezzo a molte sofferenze, con la gioia dello Spirito Santo, al punto da diventare un esempio per tutti i credenti (…).

Infatti, da voi la Parola del Signore si è sparsa, non soltanto in Macedonia e in Acaia, ma la fama della fede che avete in Dio è giunta in ogni luogo (…). Tutti raccontano (…) del vostro servizio al Dio vivente, nell'attesa del Figlio suo dai cieli e che Egli ha risuscitato dai morti.

Sermone

Cari fratelli e care sorelle, l’apostolo Paolo ringrazia Dio perché i credenti della chiesa di Tessalonica sono fermi nella fede in Cristo. È stato l’apostolo stesso a fondare quella chiesa con la predicazione del Vangelo, un vangelo annunciato con passione e con piena certezza, come dirà egli stesso. Ora, però, l’apostolo è altrove, e non ha modo di visitare i credenti tessalonicesi per consolidarli ulteriormente nella fede, però, avendo inviato Timoteo, un suo compagno nella predicazione, ha ricevuto buone notizie, senz’altro inattese, che lo riempiono di gioia. Per l’apostolo, sapere che dei credenti sono uniti insieme dalla Parola di Dio è una gioia superiore a qualunque altra. Infatti, può ben riconoscere che malgrado le difficili persecuzioni, i credenti di Tessalonica possono vivere la gioia della fede che permette loro si sentirsi uniti.

Così scrive, con grande riconoscenza, una lettera, quella di cui abbiamo ascoltato la parte iniziale.

L’apostolo afferma di pregare, prega per i credenti che sono vittime di persecuzioni, sofferenze e difficoltà della vita, contrarietà di vario genere, prega perché la fede di questi credenti non vacilli a causa delle prove.

Ma un certo punto, la preghiera dell’apostolo si trasforma da preghiera di richiesta a preghiera di ringraziamento. Non ringrazia i credenti per essere fedeli, ma ringrazia Dio che li sostiene e li rende forti e uniti insieme nelle prove e nelle difficoltà della vita. Perciò, i credenti di Tessalonica sono ricordati dall’apostolo Paolo, nelle sue preghiere, per:

  • l’opera della loro fede;
  • la fatica del loro amore;
  • la costanza della loro speranza.

Sono significativi questi termini che ricorreranno molto spesso nelle lettere dell’apostolo. Innanzitutto: la fede, la speranza e l’amore. Poi: l’opera, l’impegno (o la fatica) e la costanza.

È l’amore di Dio che produce in noi la fede che, a sua volta, ci rende capaci di amare. La fede è la consapevolezza di essere amati, di non essere abbandonati, lasciati soli, a noi stessi, alle nostre incapacità, alle nostre fragilità, nelle prove della vita.

La fede è ricevere in dono la capacità di rimetterci nelle mani di Dio; la fede ci rende consapevoli, sì, dei nostri limiti e delle nostre debolezze, ma ci dà anche la certezza di poter contare sul sostegno di Dio che ci permette di superare l’impasse delle nostre paure e delle nostre inquietudini per il nostro futuro incerto, per il nostro domani in dubbio e confuso. La fede… si fida dell’amore di Dio che ci fa sentire accolti e amati anche quando attorno a noi c’è chi ci respinge.

La fede costruisce in noi la speranza, quella speranza che ci permette di non soccombere nella prova, nella fatica della vita, nei dubbi della nostra esistenza, nella sofferenza del nostro dolore. La speranza ci permette di non arrenderci, anzi di vivere con gioia la vita perché ci ridona quella dignità che ci permette di tornare a fare progetti, a sognare, a costruire un futuro nuovo, un mondo rinnovato, un domani migliore. Una persona che non fa progetti, che non sogna, che non vede un futuro davanti a sé, è una persona senza speranza. Per questo l’apostolo dirà: «Non siate tristi come quelli che non hanno speranza» (I Tess. 4,13).

Così è la Chiesa del Signore, anche la nostra chiesa locale, una chiesa chiamata a guardare avanti con gioia, “una” come lo è il corpo, quello di Cristo, e guarda avanti, senza la nostalgia dei tempi passati per accogliere i cambiamenti, le novità delle trasformazioni, per proseguire con progetti nuovi verso un futuro che le sta davanti, la chiesa non può smarrire la speranza senza diventare triste e senza perdere la sua essenza, il suo scopo, la sua missione. La chiesa vive, certamente, un legame con il suo passato, ma non può vivere solo della dimensione di una fede ormai tramontata, quella dei padri e delle madri o dei nonni che tanto ci commuove.

Fede, speranza e amore, sono per l’apostolo un dono del Signore che esige una risposta gioiosa da noi, e cioè l’opera, l’impegno e la costanza. È questo che ci rende partecipi, attivi, vivi; ci rende persone con la consapevolezza che non siamo stati buttate nel mondo così, per caso, ma che viviamo ed esistiamo perché è ci stato affidato un compito significativo, un ruolo importante da portare avanti con convinzione in mezzo agli altri e con gli altri. Tutto questa dà senso al nostro vivere, alla nostra storia, alla nostra comunità, alla nostra gioia di persone che amano incontrarsi perché si scoprono comunità dove condividere ciascuno il proprio compito.

Questa è la chiesa: persone che vanno incontro alla vita con quella gioia che permette loro di vivere nella speranza, cioè nella “certezza della presenza e del sostegno del Signore”, sempre. Il motto dell’apostolo Paolo non è “Chi di speranza vive, disperato muore”, ma “Chi di speranza vive, non muore mai”, perché quella sarà una morte nella la gioia di chi ha vissuto una vita piena che ha dato un senso alla propria e alle altre vite, quella di una fede che lo ha fatto guardare sempre avanti e di un amore che lo renderà sempre vivo alla presenza del Signore che non smetterà mai di amarlo.

Chi vive di speranza speranza agli altri, permettendo alla vera vita, che dà gioia, di perpetuarsi sempre, in un domani senza fine. Amen!

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Pastore Giuseppe Ficara

Consacrato nel 1992, ha svolto il suo ministero nelle chiese di Riesi, Caltanissetta, Agrigento, Trapani e Marsala, Palermo.
Pastore a Luserna San Giovanni da Agosto 2013.

 

Indirizzo: Via Beckwith 49, Luserna San Giovanni (TO), 10062, ITALIA

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