Culto domenicale:
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Domenica, 04 Ottobre 2020 19:52

Sermone di domenica 4 ottobre 2020 (Matteo 15,21-28)

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Testo della predicazione: Matteo 15,21-28

«Una donna cananea venne fuori e si mise a gridare: «Abbi pietà di me, Signore, Figlio di Davide. Mia figlia è gravemente tormentata da un demonio». Ma egli non le rispose parola. E i suoi discepoli si avvicinarono e lo pregavano dicendo: «Mandala via, perché ci grida dietro». Ma egli rispose: «Io non sono stato mandato che alle pecore perdute della casa d'Israele». Ella però venne e gli si prostrò davanti, dicendo: «Signore, aiutami!» Gesù rispose: «Non è bene prendere il pane dei figli per buttarlo ai cagnolini». Ma ella disse: «Dici bene, Signore, eppure anche i cagnolini mangiano delle briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni». Allora Gesù le disse: «Donna, grande è la tua fede; ti sia fatto come vuoi». E da quel momento sua figlia fu guarita».

Sermone

Care sorelle e cari fratelli, una donna pagana distoglie l'attenzione su Gesù, grida dietro al corteo che segue Gesù. È una donna non ebrea che si rivolge a Gesù, ad un maestro ebreo per rivolgergli la preghiera di guarire sua figlia affetta da una grave malattia: è tormentata, dice il testo, da un demone maligno.

Tuttavia, l'attenzione del brano biblico non si ferma su questo aspetto, ma sul rapporto che la donna vuole avere con Gesù. Perciò grida per farsi sentire da lui, non si può avvicinare troppo, è pagana e potrebbe “contaminare” il maestro con la sua impurità, come chi ha una malattia contagiosa. Ma la donna non si arrende, non si perde d'animo, e grida ancora più forte per farsi sentire da Gesù.

Però «Gesù non le rivolge la parola». Gesù è muto, e il suo silenzio è assordante, strano, urtante… proprio lui, che consolava degli afflitti; lui, che rasserenava coloro che piangevano, lui che soccorreva i tormentati; che guariva tante persone; Gesù, alla donna, non risponde nulla.

Gesù si mostra indifferente al suo dramma, e quando i discepoli, seccati dalle urla della donna, chiedono a Gesù di fare qualcosa per mandarla via, allora Gesù le rivolge finalmente la parola come farebbe qualunque ebreo che odia i pagani; le si rivolge in modo ostile: «Non è bene prendere il pane dei figli per buttarlo ai cani». I cani erano gli infedeli, coloro che non erano degni di Dio. Una risposta che la donna non avrebbe mai voluto ascoltare da un maestro pio e religioso come Gesù.

Questa donna, senza nome, non si arrende, è senza nome perché è l’espressione di tutti coloro che lottano per la dignità e la libertà, che non si arrendono di fronte alle catastrofi, alle rovine, alla fatica della vita. Perciò, la donna, al rifiuto di Gesù, risponde con la sua fede. Non si era arresa davanti al silenzio di Gesù e, ora che Gesù le parla in modo da annullare il suo rapporto con lei, la donna gli risponde perfino con umorismo: «Dici bene, Signore; eppure anche i cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni».

Come dire: «È vero che Israele è il popolo eletto, ma questo privilegio significa forse che Dio escluda gli altri?». La donna è determinata, ha buon senso, ha fede!

Ciò che accade è davvero grande, è un miracolo! A Gesù non resta che dire: Donna, grande è la tua fede.

Questo è il vero miracolo che accade in questo racconto, Gesù è scosso dall’incrollabile fede della donna, non c’è più nulla da aggiungere, null’altro da fare o da dire, perciò il racconto si chiude dicendo: «E da quell’ora sua figlia fu guarita».

Il miracolo è avvenuto. Il miracolo della fede della donna legato alla liberazione della figlia, una figlia schiava di chi si impossessa di lei. Qui si apre una nuova prospettiva: la liberazione dai pregiudizi verso gli altri, verso persone, popoli, nazioni, etnie. Questo brano invita i cristiani e le loro comunità ad aprirsi, piuttosto che a rinchiudersi dentro le proprie sicurezze, le proprie case o chiese.

La fede della donna straniera conduce perfino Gesù a cambiare programma: Gesù abbatte i muri che separano ebrei e cananei, residenti e stranieri, credenti dell’una o dell’altra religione, ora l’amore di Dio è per tutti, non più ristretto e arginato da steccati di separazione che dividono degni e indegni. Ora tutto cambia: non ci sono meritevoli e abietti, ma un amore straripante che inonda tutto e tutti. È questa la grazia di Dio: è l’amore gratuito di Dio che non chiede nulla in cambio.

Questo è il senso del battesimo della piccola Diana che oggi abbiamo celebrato: la gratuità di Dio, della sua grazia e del suo amore per tutti e tutte.

Allo stesso tempo, l’amore gratuito di Dio è qualcosa che ci impegna, infatti, questo brano del Vangelo di Matteo ci consegna un Gesù che ci insegna a non aver paura degli altri, che nessuno può respingere un altro, che nessuno può rimandare al mittente chi chiede soccorso e aiuto. Uno straniero può essere visto con paura, guardato con sospetto, ma Gesù ci insegna a convertirci e a cambiare i nostri pregiudizi, come è accaduto a lui quando ha giudicato male una straniera.

Questo racconto ci parla della fede, ci dice che la fede non accampa diritti: la donna non chiede perché pensa di avere il diritto di ricevere qualcosa da Gesù, la fede spera senza pretendere nulla, senza far valere il diritto di essere aiutati.

La fede è credere anche davanti al silenzio di Dio.

La fede resiste ai momenti difficili, non si tira indietro nelle difficoltà, ma reagisce, anche lottando con Dio, come la donna cananea.

Un ebreo nascosto in una cantina buia e fredda, dell’epoca nazista, poi condotto nei lager tedeschi dove ha trovato la morte, ha scritto su una parete della cantina: «Credo nel sole anche quando non splende; credo nell’amore, anche quando non lo sento; credo in Dio anche quando tace».

Caro fratello, cara sorella, Gesù ti incoraggia a essere forte, a non arrenderti mai, neppure quando, davanti ai perché, non ottieni risposta.

A volte il tuo diventa un grido di dolore, come quello della donna cananea la cui figlia era stata colpita da qualcosa che la rendeva schiava e le toglieva il senso della vita e le energie vitali.

Quante volte ti sei sentito/a inadeguato/a davanti alla tua debolezza, come essere umano, a ricevere una risposta da Dio? In fondo, la fede non è “pretendere di avere dei diritti speciali”, la fede è una relazione tra noi e Dio che ci cambia, entrambi, come è accaduto a Gesù.

E Gesù apre a tutti noi orizzonti nuovi, apre alla relazione fraterna con tutti, apre a rapporti umani senza pregiudizi. Grazie a questa donna senza nome, Gesù ha rivolto lo sguardo anche verso di noi che non siamo ebrei.

Questa donna non ha un nome perché porta il nome di ciascuno di noi; questa donna è in ciascuno di noi, siamo noi, la sua fede è la nostra fede, che non se ne sta in silenzio, che non resta indifferente davanti al dolore e alla sofferenza degli altri.

Così, la Parola di Dio invita tutti ad aprirsi, a non rinchiudersi nelle proprie sicurezze, nella propria teologia, nella propria verità. Lo ha fatto perfino Gesù che si è aperto all’universale, abbattendo i muri dei pregiudizi e dell’indifferenza che separavano ebrei e cananei.

L’invito a questa apertura ha la sua origine nell’amore di Dio rivolto a tutti e non solo a pochi eletti. Nessuno, dunque, ha il diritto di respingere un altro, ma tutti siamo chiamati a fare parte di una famiglia umana fraterna e solidale perché amata da Dio. Amen!

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Pastore Giuseppe Ficara

Consacrato nel 1992, ha svolto il suo ministero nelle chiese di Riesi, Caltanissetta, Agrigento, Trapani e Marsala, Palermo.
Pastore a Luserna San Giovanni da Agosto 2013.

 

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