Culto domenicale:
ore 10,00 Tempio dei Bellonatti
Numero di telefono del presbiterio: 0121.30.28.50
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Archivio dei sermoni domenicali
Testo della predicazione: Marco 12,28-34
«Uno degli scribi che li aveva uditi discutere, visto che egli aveva risposto bene, si avvicinò e gli domandò: «Qual è il più importante di tutti i comandamenti?» Gesù rispose: «Il primo è: "Ascolta, Israele: Il Signore, nostro Dio, è l'unico Signore. Ama dunque il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta l'anima tua, con tutta la mente tua, e con tutta la forza tua". Il secondo è questo: "Ama il tuo prossimo come te stesso". Non c'è nessun altro comandamento maggiore di questi». Lo scriba gli disse: «Bene, Maestro! Tu hai detto secondo verità, che vi è un solo Dio e che all'infuori di lui non ce n'è alcun altro; e che amarlo con tutto il cuore, con tutto l'intelletto, con tutta la forza, e amare il prossimo come se stesso, è molto più di tutti gli olocausti e i sacrifici». Gesù, vedendo che aveva risposto con intelligenza, gli disse: «Tu non sei lontano dal regno di Dio». E nessuno osava più interrogarlo».
Sermone
Care sorelle e cari fratelli, a differenza di altri brani analoghi contenuti nei Vangeli, qui, in Marco, lo scriba non vuole mettere Gesù in difficoltà, lo incontra per imparare qualcosa da lui. Ed è questo ciò che accade, lo scriba riprende la risposta di Gesù e prosegue dicendo “È proprio vero, l’amore è tutto, vale più degli olocausti che si sacrificano nel Tempio a Dio”. Gesù si congratula con lo scriba e gli dice: “Tu non sei lontano dal Regno di Dio”.
Infatti, Gesù annunciava il Regno di Dio, un Regno che cominciava nel presente. Oggi siamo abituati a questo tipo di predicazione, ma non era scontata in una realtà nella quale la religione assumeva forme ritualistiche, che si fondava su una serie di regole da osservare e riti per rendere propizio il favore di Dio.
Testo della predicazione: I Tessalonicesi 1,2-10 (passim)
Noi ringraziamo sempre Dio per voi tutti, ricordandovi nelle nostre preghiere, rammentando l'opera della vostra fede, la fatica dell'amore e la costanza della vostra speranza nel Signore nostro Gesù Cristo davanti a Dio, nostro Padre. Conosciamo, fratelli amati da Dio, la vostra elezione. Infatti, il nostro vangelo non vi è stato annunziato soltanto con parole, ma anche con potenza, con lo Spirito Santo e con piena certezza. Voi siete divenuti imitatori nostri e del Signore, avendo accettato la Parola in mezzo a molte sofferenze, con la gioia dello Spirito Santo, al punto da diventare un esempio per tutti i credenti (…).
Infatti, da voi la Parola del Signore si è sparsa, non soltanto in Macedonia e in Acaia, ma la fama della fede che avete in Dio è giunta in ogni luogo (…). Tutti raccontano (…) del vostro servizio al Dio vivente, nell'attesa del Figlio suo dai cieli e che Egli ha risuscitato dai morti.
Sermone
Cari fratelli e care sorelle, l’apostolo Paolo ringrazia Dio perché i credenti della chiesa di Tessalonica sono fermi nella fede in Cristo. È stato l’apostolo stesso a fondare quella chiesa con la predicazione del Vangelo, un vangelo annunciato con passione e con piena certezza, come dirà egli stesso. Ora, però, l’apostolo è altrove, e non ha modo di visitare i credenti tessalonicesi per consolidarli ulteriormente nella fede, però, avendo inviato Timoteo, un suo compagno nella predicazione, ha ricevuto buone notizie, senz’altro inattese, che lo riempiono di gioia. Per l’apostolo, sapere che dei credenti sono uniti insieme dalla Parola di Dio è una gioia superiore a qualunque altra. Infatti, può ben riconoscere che malgrado le difficili persecuzioni, i credenti di Tessalonica possono vivere la gioia della fede che permette loro si sentirsi uniti.
Testo della predicazione: Deuteronomio 30,11-14
Questi comandamenti, che oggi vi do, non sono incomprensibili per voi, e neppure irraggiungibili. Essi non stanno in cielo, così da dover dire: «Chi salirà in cielo e li porterà a noi, perché possiamo conoscerli e metterli in pratica?». Essi non stanno neppure al di là del mare, così da dover dire: «Chi andrà al di là del mare e li porterà a noi, perché possiamo metterli in pratica?». La Parola del Signore è molto vicina a voi, sulle vostre labbra e nel vostro cuore, affinché vi sia possibile metterla in pratica.
Sermone
Care sorelle e cari fratelli, il brano alla nostra attenzione, tratto dal libro del Deuteronomio, ci riporta indietro nel tempo in cui Dio parla a Mosè e dà i Comandamenti, offrendo al popolo un’opportunità per mantenere la libertà che aveva ricevuto fuggendo dalla schiavitù dell’Egitto. I Comandamenti, sono un riferimento anche per noi oggi e perfino una base sulla quale costituire diritti universali riconosciuti da buona parte di popoli sulla terra.
Quando una nuova legge viene emanata deve sempre fare i conti con la resistenza della gente non abituata a regole nuove: «Ma non si capisce niente, non ha senso, non sta né in cielo né in terra, è lontana mille miglia dalla realtà, è impossibile metterla in pratica» (poi noi italiani… non ci lamentiamo neppure perché tanto sappiamo che ci sono sempre gli escamotage: “fatta la legge, trovato l’inganno!”).
Ma Dio dice a Mosè qualcosa di significativo sui suoi comandamenti: «Questi comandamenti sono semplici, non incomprensibili, non si trovano in cielo, né in fondo al mare, difficili da andarli a prendere per conoscerli e metterli in pratica. Anzi ce li hai già nel cuore e nella mente».
Si parla qui di una regola, come dire, “innata”, che fa parte della natura delle cose, come “non uccidere”, “non rubare”, tutti sappiamo che è sbagliato a prescindere dalla nostra cultura, religione, etnia, realtà sociale.
Ma il messaggio importante per noi oggi è quello che Dio dice a Mosè: «La Parola del Signore è nel vostro cuore».
Testo della predicazione: Matteo 15,21-28
«Una donna cananea venne fuori e si mise a gridare: «Abbi pietà di me, Signore, Figlio di Davide. Mia figlia è gravemente tormentata da un demonio». Ma egli non le rispose parola. E i suoi discepoli si avvicinarono e lo pregavano dicendo: «Mandala via, perché ci grida dietro». Ma egli rispose: «Io non sono stato mandato che alle pecore perdute della casa d'Israele». Ella però venne e gli si prostrò davanti, dicendo: «Signore, aiutami!» Gesù rispose: «Non è bene prendere il pane dei figli per buttarlo ai cagnolini». Ma ella disse: «Dici bene, Signore, eppure anche i cagnolini mangiano delle briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni». Allora Gesù le disse: «Donna, grande è la tua fede; ti sia fatto come vuoi». E da quel momento sua figlia fu guarita».
Sermone
Care sorelle e cari fratelli, una donna pagana distoglie l'attenzione su Gesù, grida dietro al corteo che segue Gesù. È una donna non ebrea che si rivolge a Gesù, ad un maestro ebreo per rivolgergli la preghiera di guarire sua figlia affetta da una grave malattia: è tormentata, dice il testo, da un demone maligno.
Tuttavia, l'attenzione del brano biblico non si ferma su questo aspetto, ma sul rapporto che la donna vuole avere con Gesù. Perciò grida per farsi sentire da lui, non si può avvicinare troppo, è pagana e potrebbe “contaminare” il maestro con la sua impurità, come chi ha una malattia contagiosa. Ma la donna non si arrende, non si perde d'animo, e grida ancora più forte per farsi sentire da Gesù.
Però «Gesù non le rivolge la parola». Gesù è muto, e il suo silenzio è assordante, strano, urtante… proprio lui, che consolava degli afflitti; lui, che rasserenava coloro che piangevano, lui che soccorreva i tormentati; che guariva tante persone; Gesù, alla donna, non risponde nulla.
Testo della predicazione: I Corinzi 3,9-17
Noi siamo infatti collaboratori di Dio, voi siete il campo di Dio, l'edificio di Dio. Secondo la grazia di Dio che mi è stata data, come esperto architetto, ho posto il fondamento; un altro vi costruisce sopra. Ma ciascuno badi a come vi costruisce sopra; poiché nessuno può porre altro fondamento oltre a quello già posto, cioè Cristo Gesù. Ora, se uno costruisce su questo fondamento con oro, argento, pietre di valore, legno, fieno, paglia, l'opera di ognuno sarà messa in luce; perché il giorno di Cristo la renderà visibile; poiché quel giorno apparirà come un fuoco; e il fuoco proverà quale sia l'opera di ciascuno. Se l'opera che uno ha costruita sul fondamento rimane, egli ne riceverà ricompensa; se l'opera sua sarà arsa, egli ne avrà il danno; ma egli stesso sarà salvo; però come attraverso il fuoco. Non sapete che siete il tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi? Se uno guasta il tempio di Dio, Dio guasterà lui; poiché il tempio di Dio è santo; e questo tempio siete voi.
Sermone
Cari fratelli e care sorelle, l’apostolo si esprime senza mezzi termini circa la nostra fede e quello che diventiamo attraverso il dono della grazia di Dio, dice: «Voi siete il campo di Dio… voi siete l’edificio di Dio… voi siete il Tempio di Dio».
Parla alla chiesa di Corinto, Paolo, l’ha fondata lui stesso, e si paragona a un architetto che pone le fondamenta sostenendo così che la chiesa deve poggiare su basi solide, essa stessa deve avere quella resistenza che non la farà crollare nelle difficili prove della vita. Possiamo pensare alla catastrofe che provocherebbe un terremoto se un edificio non fosse costruito con criteri antisismici. Anche questo Tempio è stato colpito da un terremoto di notevole forza (era il 1808), è stato lesionato, ma ha retto; potremmo dire che le sue fondamenta sono solide; tuttavia l’apostolo non ricorre all’immagine dei movimenti tellurici, ma a quella del fuoco che, nell’Antico Testamento, è simbolo del giudizio di Dio, ma anche della presenza dello Spirito: ricordate il pruno ardente, il carro di fuoco di Elia, e nel Nuovo Testamento le lingue di fuoco a Pentecoste.
Testo della predicazione: Luca 18,9-14
Gesù disse questa parabola per certuni che erano persuasi di essere giusti e disprezzavano gli altri: «Due uomini salirono al tempio per pregare; uno era fariseo, e l’altro pubblicano. Il fariseo, stando in piedi, pregava così dentro di sé: “O Dio, ti ringrazio che io non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri; neppure come questo pubblicano. Io digiuno due volte la settimana; pago la decima su tutto quello che possiedo”. Ma il pubblicano se ne stava a distanza e non osava neppure alzare gli occhi al cielo; ma si batteva il petto, dicendo: “O Dio, abbi pietà di me, peccatore!”. Io vi dico che questo tornò a casa sua giustificato, piuttosto che quello; perché chiunque s’innalza sarà abbassato; ma chi si abbassa sarà innalzato».
Sermone
Care sorelle, cari fratelli, l’evangelista Luca, nel contesto attorno al nostro brano, tratta argomenti molto legati tra loro e con il nostro brano. Per esempio, riporta l’esortazione di Gesù a perdonare anche sette volte al giorno, invita ad avere fede quanto un granello di senape, invita alla preghiera persistente come quella della vedova che chiedeva ragione del suo diritto al giudice; chiama a un atteggiamento di umiltà, che significa “affidarsi alla bontà e alla misericordia di Dio”. Tutto il contrario della presunzione del fariseo della nostra parabola.
Con questi esempi, Gesù vuole metterci in guardia dal cadere nella presunzione del fariseo e di avere, quindi, una relazione errata con Dio, quella che abbiamo quando ci sentiamo innocenti perché non abbiamo fatto male a nessuno, perché non abbiamo rubato, ucciso!
In realtà, il giudaismo dell’epoca, era convinto di poter preparare la via del Regno di Dio con l’osservanza scrupolosa e precisa di tutta la legge di Mosè. Il fariseo della nostra parabola, addirittura, fa di più, va oltre la legge, digiuna due volte la settimana quando la legge prescriveva un solo giorno all’anno di digiuno, nel giorno della riconciliazione. Questa pratica del fariseo serviva per espiare non solo i propri peccati, ma anche quelli del popolo.
Così pure il pagamento della decima su tutti gli averi dipendeva dal timore di fare uso di cose per le quali non fosse stata pagata la decima, ma c’era chi pagava più del dovuto per osservare la legge per conto di quelli che non l’osservavano.
Testo della predicazione: Romani 11,25-32
«Fratelli, non voglio che ignoriate questo mistero, affinché non siate presuntuosi: un indurimento si è prodotto in una parte d'Israele, finché non sia entrata la totalità degli stranieri; e tutto Israele sarà salvato, così come è scritto: «Il liberatore verrà da Sion. Egli allontanerà da Giacobbe l'empietà; e questo sarà il mio patto con loro, quando toglierò via i loro peccati». Per quanto concerne il vangelo, essi sono nemici per causa vostra; ma per quanto concerne l'elezione, sono amati a causa dei loro padri; perché i carismi e la vocazione di Dio sono irrevocabili. Come in passato voi siete stati disubbidienti a Dio, e ora avete ottenuto misericordia per la loro disubbidienza, così anch'essi sono stati ora disubbidienti, affinché, per la misericordia a voi usata, ottengano anch'essi misericordia. Dio infatti ha rinchiuso tutti nella disubbidienza per far misericordia a tutti».
Sermone
Cari fratelli e sorelle, l’apostolo Paolo affronta un argomento spinoso che si ponevano i credenti della chiesa di Roma, e cioè: Gli ebrei che non hanno riconosciuto Gesù come Figlio di Dio, saranno salvati? Israele è da considerare ancora popolo di Dio, scelto da Dio, eletto da Dio, così come scritto nell’Antico Testamento? Oppure Dio ha distolto il suo sguardo da Israele?
Senza andare troppo lontano nel tempo, possiamo renderci conto di come, nella storia, la risposta che i cristiani hanno dato a questa domanda sia stato un “no!” categorico: «Israele non è più il popolo di Dio», un verdetto pronunciato senza appello e senza ascoltare quello ciò aveva da dire l’apostolo Paolo al riguardo. Le persecuzioni nei confronti degli ebrei, considerati un popolo che ha rinnegato Dio e suo Figlio Gesù, ci sono talmente vicine che le ferite nazifasciste inflitte loro le sentiamo vive e lancinanti ancora oggi. Le testimonianze delle persone e degli stessi campi di sterminio gridano forte, ancora oggi, tutto il disprezzo per questo popolo, ma soprattutto per il prossimo e per la vita stessa. Non solo, i neofascismi e i neonazismi di oggi non sono meno pericolosi di quelli di 80 anni fa, anzi lo sono di più perché si mascherano dietro la libertà e la democrazia.
Testo della predicazione: Michea 7,18-20
Quale Dio è come te, che perdoni l’iniquità e passi sopra alla colpa del resto della tua eredità? Egli non serba la sua ira per sempre, perché si compiace di usare misericordia. Egli tornerà ad avere pietà di noi, metterà sotto i suoi piedi le nostre colpe e getterà in fondo al mare tutti i nostri peccati. Tu mostrerai la tua fedeltà a Giacobbe, la tua misericordia ad Abraamo, come giurasti ai nostri padri, fin dai giorni antichi.
Sermone
Cari fratelli e care sorelle, «Quale Dio è come te che perdona?» afferma il profeta. La domanda è retorica, e tutti noi abbiamo la risposta: «Non c’è nessuno come te», anzi «nessun dio è come te, che perdona gratuitamente, che offre la sua grazia senza chiedere nulla in cambio e che ama benché nessuno meriti il suo amore!».
In modo più approfondito, questo brano biblico esporrà, nella sua brevità, questa realtà di Dio e la nostra. Bisogna dire che il nostro brano ha un contesto liturgico all’interno del culto d’Israele.
Secondo gli studiosi della Bibbia, ci troviamo all’epoca in cui Israele sta per essere liberato dall’esilio babilonese dopo la distruzione delle città e la sua cattività avvenuta 50 anni prima. Tuttavia, la schiavitù in Babilonia era un’esperienza che stava per concludersi, la fiducia in Dio diventava sempre più forte e la gioia della liberazione sempre più vicina, malgrado tutto il popolo affermava di essere come delle «ossa secche» Ez. 37), senza forze per organizzare la propria liberazione e il ritorno in patria.
Testo della predicazione: Luca 18,31-34
Gesù prese con sé i dodici, e disse loro: «Ecco, noi saliamo a Gerusalemme, e saranno compiute riguardo al Figlio dell’uomo tutte le cose scritte dai profeti; perché egli sarà consegnato ai pagani, e sarà schernito e oltraggiato e gli sputeranno addosso; e, dopo averlo flagellato, lo uccideranno; ma il terzo giorno risusciterà». Ed essi non capirono nulla di tutto questo; quel discorso era per loro oscuro, e non capivano ciò che Gesù voleva dire.
Sermone
Cari fratelli e care sorelle, Gesù è a pochi giorni da Gerusalemme, la città lo accoglierà festante, con ramoscelli di ulivo e di palme e dicendo: «Benedetto colui che viene nel nome del Signore». Sarà la stessa città che diventerà il luogo della passione, della disfatta, della distruzione del corpo del Signore.
In questo brano accade una cosa insolita, vi è una descrizione dettagliata della passione di Gesù, mentre in genere, la Bibbia, negli annunci profetici, preferisce non scendere nei particolari, ma qui è spiegato che Gesù sarà consegnato ai pagani, cioè ai Romani, deriso, insultato, coperto di sputi, flagellato e ucciso.
Non è attrazione per il tragico quello che Luca sente, ma si tratta della necessità di ricordare ai suoi lettori che la Passione del Messia non è una parola vuota che va riempita dalla risurrezione, ma una parola con una rilevanza inimmaginabile che trova il suo luogo e il suo tempo: il Golgota nel tempo della Pasqua ebraica.