Culto domenicale:
ore 10,00 Tempio dei Bellonatti

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Bellonatti

Archivio dei sermoni domenicali

Testo della predicazione: Geremia 9,23-24

Così parla il Signore: «Il saggio non si glori della sua saggezza, il forte non si glori della sua forza, il ricco non si glori della sua ricchezza: ma chi si gloria si glori di questo: che ha intelligenza e conosce me, che sono il Signore. Io pratico la bontà, il diritto e la giustizia sulla terra, perché di queste cose mi compiaccio», dice il Signore.

Sermone

Cari fratelli e care sorelle, avere saggezza è una grande dote umana, tutte le persone sagge, purtroppo non sempre sono riconosciute per la loro saggezza; a volte accade che tale riconoscimento giunga dopo la loro morte. Resta la speranza che non siano vissuti invano.

Così accade anche per le persone forti di temperamento: che non cedono a compromessi, alla corruzione, che si mantengono integri, onesti, autentici; come pure per le persone ricche che ricevono onori e magnificenze a motivo del loro potere dovuto alla ricchezza.

Sappiamo tutti come i profeti biblici tuonano contro l’attaccamento alle ricchezze perché distolgono l’attenzione da ciò che è essenziale, da ciò che è veramente importante e che dona un senso pieno al mondo, alla vita, alle persone.

I profeti tuonano contro tutto ciò che causa annullamento di obiettivi civili raggiunti, di ciò che causa povertà e indigenza. I profeti tuonano contro quelle ricchezze ottenute impoverendo l’”orfano” e la “vedova”.

In realtà, il profeta Geremia di cui abbiamo letto oggi un brano al capitolo 9, non demonizza “a priori” doti come la ricchezza, la saggezza e la forza umane, non tuona contro chi le possiede, e non considera la saggezza, la ricchezza e la forza come peccato.

Il profeta riconosce che ci può essere del bene in tutte le cose, perfino in quelle cose che possono essere reputate negative, insensate, o che si configurano in un orizzonte di superficialità o di “umanità”, il profeta ritiene che Dio possa perfino usarle per la sua gloria e la sua testimonianza.

Sei saggio, forte, ricco? Bene! – afferma il profeta.

Testo della predicazione: I Corinzi 1,26-31

Fratelli, guardate la vostra vocazione; non ci sono tra di voi molti sapienti secondo la carne, né molti potenti, né molti nobili; ma Dio ha scelto le cose pazze del mondo per svergognare i sapienti; Dio ha scelto le cose deboli del mondo per svergognare le forti; Dio ha scelto le cose ignobili del mondo e le cose disprezzate, anzi le cose che non sono, per ridurre al niente le cose che sono, perché nessuno si vanti di fronte a Dio. Ed è grazie a lui che voi siete in Cristo Gesù, che da Dio è stato fatto per noi sapienza, ossia giustizia, santificazione e redenzione; affinché com’è scritto: «Chi si vanta, si vanti nel Signore».

Sermone

Cari fratelli e care sorelle, in questo scritto in cui l’apostolo scrive alla comunità cristiana di Corinto, affronta il tema della gratuità dell’amore, della grazia e del perdono di Dio.

I credenti, sono tali perché hanno ricevuto la fede da Dio, e questa fede non l’hanno ricevuta perché sono più intelligenti, sapienti o più giusti e santi di altri; i credenti, dunque, non possono avere alcun vanto riguardo alla loro fede: essa è un dono gratuito di Dio.

«Guardate la vostra vocazione», scrive l’apostolo, come dire: «Guardate che cosa siete diventati voi, per grazia di Dio, senza alcun merito, senza nessuna delle vostre carte in regola, senza appartenere a classi agiate, o a classi di intellettuali, di persone altolocate che esercitano poteri forti». No, Maria diceva: «Il Signore ha buttato giù dai troni i potenti e ha mandato a mani vuote i ricchi».

Così accadrà che i Magi d’oriente faranno una lunga strada per abbassarsi nell’adorazione di un bambino povero che nasce in una stalla e deposto in una mangiatoia: questa è la logica di Dio, è la logica per la quale non ci sono ceti di appartenenza giusti, come il popolo ebraico, ma tutti hanno accesso alla fede e alla grazia, qualunque sia la propria condizione a patto che riconosca Dio nell’umiltà, nella povertà, nell’impotenza, nella semplicità.

Eppure non mancano credenti ancora convinti che Dio stia dalla parte dei potenti che altri onorano e riveriscono. Credenti che affermano: «Dio non mi ascolta perché non ho influenza politica», o «perché non ho alcun potere», o «perché non ho l’intelligenza di capire la Bibbia». No, Paolo dice chiaramente: «Dio ha chiamato voi alla fede, proprio perché non siete né ricchi, né potenti».

Lunedì, 25 Dicembre 2017 12:47

Culto di Natale 2017

Testo della predicazione: Luca 2,1-20

In quel tempo uscì un decreto da parte di Cesare Augusto, che ordinava il censimento di tutto l'impero. Questo fu il primo censimento fatto quando Quirinio era governatore della Siria. Tutti andavano a farsi registrare, ciascuno alla sua città. Dalla Galilea, dalla città di Nazaret, anche Giuseppe salì in Giudea, alla città di Davide chiamata Betlemme, perché era della casa e famiglia di Davide, per farsi registrare con Maria, sua sposa, che era incinta. Mentre erano là, si compì per lei il tempo del parto; ed ella diede alla luce il suo figlio primogenito, lo fasciò, e lo coricò in una mangiatoia, perché non c'era posto per loro nell'albergo. In quella stessa regione c'erano dei pastori che stavano nei campi e di notte facevano la guardia al loro gregge. E un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore risplendé intorno a loro, e furono presi da gran timore. L'angelo disse loro: «Non temete, perché io vi porto la buona notizia di una grande gioia che tutto il popolo avrà: "Oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è il Cristo, il Signore. E questo vi servirà di segno: troverete un bambino avvolto in fasce e coricato in una mangiatoia"». E a un tratto vi fu con l'angelo una moltitudine dell'esercito celeste, che lodava Dio e diceva: «Gloria a Dio nei luoghi altissimi, e pace in terra agli uomini ch'egli gradisce!» Quando gli angeli se ne furono andati verso il cielo, i pastori dicevano tra di loro: «Andiamo fino a Betlemme e vediamo ciò che è avvenuto, e che il Signore ci ha fatto sapere». Andarono in fretta, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia; e, vedutolo, divulgarono quello che era stato loro detto di quel bambino. E tutti quelli che li udirono si meravigliarono delle cose dette loro dai pastori. Maria serbava in sé tutte queste cose, meditandole in cuor suo. E i pastori tornarono indietro, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com'era stato loro annunciato.

Sermone

Il racconto del Natale secondo Luca, pur noto, ci può ancora riservare delle sorprese.

Tanto per cominciare, qual è il centro della storia? Non lo è il bambino che nasce: tutto il racconto di Maria e di Giuseppe, che in povertà arrivano a Betlemme, è di una semplicità estrema e non vuole essere celebrativo. Neanche i pastori sono il centro del discorso: loro dovranno essere dei testimoni. Di che cosa? Ecco il punto! Avvolti nella sua gloria, ricevono dall'angelo l’annuncio che è nato il Messia. Dio ha adempiuto le Sue promesse di salvezza. E lo ha fatto in modo paradossale, perché la sua azione salvifica diviene visibile in un luogo umile e povero. I pastori accorrono e riconoscono che quelle parole erano veritiere e diffondono la notizia.

Testo della predicazione: Matteo 1,18-24

La nascita di Gesù Cristo avvenne in questo modo. Maria, sua madre, era stata promessa sposa a Giuseppe e, prima che fossero venuti a stare insieme, si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe, suo marito, che era uomo giusto e non voleva esporla a infamia, si propose di lasciarla segretamente. Ma mentre aveva queste cose nell'animo, un angelo del Signore gli apparve in sogno, dicendo: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua moglie; perché ciò che in lei è generato, viene dallo Spirito Santo. Ella partorirà un figlio, e tu gli porrai nome Gesù, perché è lui che salverà il suo popolo dai loro peccati».  Tutto ciò avvenne, affinché si adempisse quello che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: «La vergine sarà incinta e partorirà un figlio, al quale sarà posto nome Emmanuele», che tradotto vuol dire: «Dio con noi». Giuseppe, destatosi dal sonno, fece come l'angelo del Signore gli aveva comandato e prese con sé sua moglie.

Sermone

Care sorelle e cari fratelli, oggi abbiamo raggiunto un grado significativo circa la paternità e la maternità, l’avere dei figli. Si può parlare oggi di maternità responsabile, si pianifica un figlio, oppure no se non possiamo garantirgli una condizione di vita accettabile.

Anche se purtroppo succede che sono sempre meno le donne e gli uomini che sono pronti ad accettano la responsabilità di avere un figlio/a. E può capitare che, quando una gravidanza è frutto di “un incidente di percorso”, allora essa è recepita come uno spezzare la tranquillità che si voleva, o l’interruzione di progetti diversi.

I figli certamente cambiano la vita ed essa non sarà più la stessa di prima.

Come una gravidanza non programmata, in modi diversi, Dio interviene nella nostra vita e ne interrompe il corso in modo inatteso, ci fa cambiare direzione. E noi ci troviamo impreparati e l’accaduto ci scombussola, scompiglia i nostri progetti.

Testo della predicazione: 1 Giovanni 4,16-19 (passim)

«Noi abbiamo conosciuto l'amore che Dio ha per noi, e vi abbiamo creduto. Dio è amore. In questo l'amore è reso perfetto in noi: che noi abbiamo fiducia. Nell'amore non c'è paura; anzi, l'amore perfetto caccia via la paura, perché chi ha paura teme un castigo. Quindi chi ha paura non è perfetto nell'amore. Noi amiamo perché Dio ci ha amati per primo».

Sermone

Cari bambini e care bambine, monitrici, fratelli e sorelle: «Nell’amore non c’è paura, perché l’amore caccia via la paura» dice la Bibbia.

Che significa questa frase? Che chi ama non ha paura?

Significa che, se voi volete bene i vostri genitori, non dovete avere paura? Beh, sì, perché i vostri genitori vi proteggono, si prendono cura di voi, vi dicono dove sono i pericoli, vi danno sempre buoni consigli (alle vote anche degli ordini cui obbedire) e lo fanno per il vostro bene.

Perché lo fanno? Perché tante volte si disperano per voi?

Lo fanno perché vi vogliono bene! Vi amano, e vogliono che voi cresciate bene, imparando a conoscere il mondo, il bene, il male, e affinché un giorno potrete fare tutto da soli, senza più loro attorno.

Ma quando sarete adulti, non domani!

Testo della predicazione: Apocalisse 5,1-7

Vidi nella destra di colui che sedeva sul trono un libro scritto di dentro e di fuori, sigillato con sette sigilli. E vidi un angelo potente che gridava a gran voce: «Chi è degno di aprire il libro e di sciogliere i sigilli?» Ma nessuno, né in cielo, né sulla terra, né sotto la terra, poteva aprire il libro, né guardarlo. Io piangevo molto perché non si era trovato nessuno che fosse degno di aprire il libro e di guardarlo. Ma uno degli anziani mi disse: «Non piangere, ecco, il leone della tribù di Giuda, il discendente di Davide, ha vinto per aprire il libro e i suoi sette sigilli». E vidi un Agnello in piedi, che sembrava essere stato immolato, venne e prese il libro dalla destra di colui che sedeva sul trono.

Sermone

Cari fratelli e care sorelle, l’Apocalittica è un genere letterario che i credenti usavano nei periodi di persecuzione per rafforzare la fede e confortare i deboli e chi era colpito dalle oppressioni. Si tratta di parole da decifrare e interpretare prima di poter intenderne il messaggio. Così, l’Apocalisse del Nuovo Testamento fa in modo che il credente che legge sia tanto emotivamente coinvolto da metterlo nelle condizioni di partecipare agli eventi che il libro descrive.

Oggi tenteremo di capire il messaggio del brano alla nostra attenzione facendo un piccolo viaggio nel mondo del veggente Giovanni che scrive il libro.

La visione si apre con una scena di giudizio. Un trono è posto al centro della scena, su di esso siede il Dio giudice. Attorno a lui una schiera di servi e ministri che gli danno gloria con inni e con pronunciamenti solenni. A un certo punto l’attenzione si rivolge a qualcosa di importante: è un libro. In tutte le scene del genere, appare un libro. Anche nel libro di Daniele ritroviamo la stessa scena di giudizio con lo stesso trono e i servi attorno; l’atmosfera è carica di tensione a motivo dell’imminente giudizio e così irrompe, maestosa, una voce che dice: “...e i libri furono aperti”.

In questo libro vi sono contenuti dei nomi di coloro che sono stati fedeli fino alla morte, altrove, nella Bibbia, è chiamato “il libro della vita” (Salmo 69,29; Apoc. 13,8).

Dunque, la presenza di un libro introduce una scena di giudizio che però, nel nostro brano, diventa diversa da quella di Daniele.

Qui, nessuno è trovato degno di aprire il libro. La fine delle persecuzioni non può dunque avere luogo perché non può iniziare la fine della violenza del mondo. Perciò Giovanni dice: “Io piangevo molto... perché nessu­no poteva aprire il libro”. Che tristezza!

Testo della predicazione: Marco 8,22-26

Giunsero a Betsaida; fu condotto a Gesù un cieco, e lo pregarono che lo toccasse. Egli, preso il cieco per la mano, lo condusse fuori dal villaggio; gli sputò sugli occhi, pose le mani su di lui, e gli domandò: «Vedi qualche cosa?» Egli aprì gli occhi e disse: «Scorgo gli uomini, perché li vedo come alberi che camminano». Poi Gesù gli mise di nuovo le mani sugli occhi; ed egli guardò e fu guarito e vedeva ogni cosa chiaramente. Gesù lo rimandò a casa sua e gli disse: «Non entrare neppure nel villaggio».

Sermone

Care sorelle e cari fratelli, è la strana guarigione di un cieco quella che si presenta oggi alla nostra riflessione. Strana perché Gesù prima conduce il cieco fuori dal villaggio, Betsaida, poi con la saliva gli tocca gli occhi, pone le mani su di lui, ma non è ancora del tutto guarito: il cieco vede le persone come alberi che camminano, e Gesù deve porre ancora una volta le mani sul cieco guarito a metà, perché veda chiaramente. E, infine, Gesù gli proibisce di rientrare nel villaggio.

Sono delle strane informazioni quelle che l’evangelista fornisce che ci fanno restare, sì, un po’ perplessi ma ci costringono a cercare di capire il senso che queste immagini vogliono avere.

Cerchiamo, quindi, di entrare dentro il racconto, approfondendo la nostra ricerca.

Innanzitutto bisogna ricordare che ogni racconto biblico ci comunica un messaggio, quando leggiamo la Bibbia non dobbiamo mai pensare di avere davanti un resoconto storico perché, in realtà, l’intenzione degli autori biblici è quella di trasmettere il messaggio della Parola di Dio e non l’evento storico in sé.

¿Il cieco guarito, quindi, che cosa rappresenta per gli autori biblici? Rappresenta la possibilità nuova che ci è donata di vedere, cioè di intendere e capire la Parola di Dio. L’aveva annunciato il profeta Isaia che il Servo del Signore «Non frantumerà la canna rotta e non spegnerà il lucignolo fumante… ma manifesterà la giustizia secondo verità» e sarà «luce delle nazioni per aprire gli occhi ai ciechi… per far uscire dalle prigioni quelli che abitano nelle tenebre» (Isaia 42,3-4.7).

Testo della predicazione: Matteo 10,26b-27. 29-32

Non c’è niente di nascosto che non debba essere scoperto, né di occulto che non debba essere conosciuto. Quello che io vi dico nelle tenebre, ditelo nella luce; e quello che udite dettovi all’orecchio, predicatelo sui tetti. E non temete coloro che uccidono il corpo, ma non possono uccidere l’anima; temete piuttosto colui che può far perire l’anima e il corpo nella geenna. Due passeri non si vendono per un soldo? Eppure non ne cade uno solo in terra senza il volere del Padre vostro. Quanto a voi, perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati. Non temete dunque; voi valete più di molti passeri. Chi dunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch’io riconoscerò lui davanti al Padre mio che è nei cieli. Ma chiunque mi rinnegherà davanti agli uomini, anch’io rinnegherò lui davanti al Padre mio che è nei cieli.

Sermone

Care sorelle e cari fratelli, cari bambini e bambine della Scuola domenicale, Gesù ci insegna a diventare delle persone che credono che davvero Egli ci ami e ci perdona, ma anche a dirlo ad alta voce che Dio c’è davvero vicino a noi e che ci ama, sempre, in ogni circostanza, anche quando sbagliamo.

Questo amore di Dio ci fa amare anche gli altri, perfino le persone più scorbutiche e strane, o addirittura quelli che ci fanno del male e ci feriscono. In fondo sono persone sole, che hanno bisogno di attenzioni, di amore e di affetto che gli manca.

Gesù ci insegna che il suo amore rispetta sempre gli altri, prima di tutto noi. L’amore di Gesù rispetta la nostra libertà, ci rende liberi, e vuole che tutti siano liberi, e perciò vuole che noi crediamo nella libertà di tutti, nella libertà di esprimersi, di confessare la propria religione, anche la libertà di imparare dai propri errori.

Gesù ci aspetta, non ha fretta, rispetta il nostro tempo e quello per prendere le nostre decisioni.

L’amore di Gesù per tutti significa che tutti hanno diritto di esistere, di vivere in pace, con la loro integrità e la loro dignità di persone umane.

Gesù ci dice che non si tratta di cose poco importanti, ma molto importanti: predicatelo sui tetti, dice, cioè ditelo a tutti, nessuno deve dimenticare che tutti siamo fratelli e sorelle e formiamo una grande famiglia nel mondo.

Questa verità non deve restare in silenzio, perché il silenzio può soffocare la verità, può spegnere la luce delle persone, quella luce che ciascuno di noi porta dentro.

Testo della predicazione: Marco 10,17-27

Mentre Gesù usciva per la via, un tale accorse e, inginocchiatosi davanti a lui, gli domandò: «Maestro buono, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?» Gesù gli disse: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, tranne uno solo, cioè Dio. Tu sai i comandamenti: "Non uccidere; non commettere adulterio; non rubare; non dire falsa testimonianza; non frodare nessuno; onora tuo padre e tua madre"». Ed egli rispose: «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia gioventù». Gesù, guardatolo, l'amò e gli disse: «Una cosa ti manca! Va', vendi tutto ciò che hai e dallo ai poveri e avrai un tesoro in cielo; poi vieni e seguimi». Ma egli, rattristato da quella parola, se ne andò dolente, perché aveva molti beni. Gesù, guardatosi attorno, disse ai suoi discepoli: «Quanto difficilmente coloro che hanno delle ricchezze entreranno nel regno di Dio!» I discepoli si stupirono di queste sue parole. E Gesù replicò loro: «Figlioli, quanto è difficile entrare nel regno di Dio! È più facile per un cammello passare attraverso la cruna di un ago, che per un ricco entrare nel regno di Dio». Ed essi sempre più stupiti dicevano tra di loro: «Chi dunque può essere salvato?» Gesù fissò lo sguardo su di loro e disse: «Agli uomini è impossibile, ma non a Dio; perché ogni cosa è possibile a Dio».

Sermone

Cari fratelli e care sorelle, Pietro Valdo fondò su questo racconto biblico la sua conversione: era un ricco mercante di Lione e, per porsi al seguito di Gesù, come fecero i discepoli, decise di lasciare ogni cosa che gli impediva di seguire la Parola che Gesù aveva ordinato al giovane ricco. «Vieni e seguimi» è il fine e il senso di questo racconto. I credenti sono autentici nella loro fede se seguono il loro Cristo.

Il problema non è tanto l’intimazione che Gesù rivolge al giovane e anche a noi oggi «Vieni e seguimi», ma «Va’, vendi tutto quello che hai e dallo ai poveri». Come dire che seguire Cristo nei ritagli di tempo, o seguirlo con la mente e con il cuore, ma non concretamente, è una pia illusione di seguirlo, mentre, invece, si sta seguendo, nei fatti, qualcun altro.

Gesù qui si mostra, come sempre, radicale, il suo messaggio non può essere annacquato, ammorbidito, alleggerito nella sua portata: la vita con Gesù è totalizzante, non può essere parziale. E Gesù rincara la dose quando collega il “seguire Cristo” all’ingresso nel Regno di Dio: chi lo segue, lasciando ogni cosa, potrà far parte del Regno di Dio, chi non lo fa, non vi entrerà, sarà lasciato fuori.

Così la conclusione dei discepoli è ovvia: «Chi, dunque può essere salvato?».