Culto domenicale:
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Domenica, 24 Dicembre 2017 11:51

Sermone di domenica 24 dicembre 2017 (Matteo 1,18-24)

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Testo della predicazione: Matteo 1,18-24

La nascita di Gesù Cristo avvenne in questo modo. Maria, sua madre, era stata promessa sposa a Giuseppe e, prima che fossero venuti a stare insieme, si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe, suo marito, che era uomo giusto e non voleva esporla a infamia, si propose di lasciarla segretamente. Ma mentre aveva queste cose nell'animo, un angelo del Signore gli apparve in sogno, dicendo: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua moglie; perché ciò che in lei è generato, viene dallo Spirito Santo. Ella partorirà un figlio, e tu gli porrai nome Gesù, perché è lui che salverà il suo popolo dai loro peccati».  Tutto ciò avvenne, affinché si adempisse quello che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: «La vergine sarà incinta e partorirà un figlio, al quale sarà posto nome Emmanuele», che tradotto vuol dire: «Dio con noi». Giuseppe, destatosi dal sonno, fece come l'angelo del Signore gli aveva comandato e prese con sé sua moglie.

Sermone

Care sorelle e cari fratelli, oggi abbiamo raggiunto un grado significativo circa la paternità e la maternità, l’avere dei figli. Si può parlare oggi di maternità responsabile, si pianifica un figlio, oppure no se non possiamo garantirgli una condizione di vita accettabile.

Anche se purtroppo succede che sono sempre meno le donne e gli uomini che sono pronti ad accettano la responsabilità di avere un figlio/a. E può capitare che, quando una gravidanza è frutto di “un incidente di percorso”, allora essa è recepita come uno spezzare la tranquillità che si voleva, o l’interruzione di progetti diversi.

I figli certamente cambiano la vita ed essa non sarà più la stessa di prima.

Come una gravidanza non programmata, in modi diversi, Dio interviene nella nostra vita e ne interrompe il corso in modo inatteso, ci fa cambiare direzione. E noi ci troviamo impreparati e l’accaduto ci scombussola, scompiglia i nostri progetti.

È quanto è accaduto a Maria di Nazareth e al suo fidanzato Giuseppe. Essi si trovano ora improvvisamente di fronte ad una gravidanza inattesa e la loro vita non sarà più la stessa. Si sentono chiamati a riflettere, e ciò che riescono a capire è che Dio, per loro, ha propositi diversi.

La loro vita prende improvvisamente una direzione nuova.

Dio sconvolge la vita privata di queste persone semplici, come noi, normali. Dio fa vacillare le loro sicurezze, Dio si inserisce dentro il loro “spazio”, dentro quello spazio che ognuno di noi protegge dalle intrusioni!

Per noi, l’ambito del privato è qualcosa di sacro, una sorta di “Sancta sanctorum” nel quale solo noi possiamo entrare. Oggi si chiama “privacy”. È anche giusto proteggersi da persone particolarmente invadenti o pettegole e “ficcanaso” ed è bene che per loro la porta della nostra sfera personale sia chiusa.

Ma talvolta questo diventa parte del nostro carattere, diventa una chiusura costante, talvolta esasperata perché vede in tutte le persone dei potenziali distruttori della nostra tranquillità.

Ed è così che ci rinchiudiamo nella nostra solitudine.

Con Dio, accade in modo simile!

Noi vorremmo che neppure Dio invadesse il nostro intimo, la nostra sfera privata, che condizionasse troppo la nostra vita. Vorremmo, certo che Dio ci benedicesse, che ci sostenesse e guidasse, ma solo quando ne abbiamo bisogno. Vorremmo che Dio facesse parte della nostra vita, ma fino ad un certo punto!

In fondo, vorremmo che la sua presenza non fosse un disturbo per noi; vorremmo che Egli intervenisse, sì, ma quando decidiamo noi, che non ci sorprendesse con visite improvvise, e che non capitasse in casa nostra quando abbiamo ospiti.

Non vorremmo mai che Dio sconvolgesse i nostri piani! Vorremmo Dio dalla nostra parte, ma che non disturbi troppo; che riconosca che ci sono momenti poco opportuni.

Dio, però, non è così, non corrisponde all’immagine che ce ne siamo fatta e non attende il nostro permesso!

Così accade a Maria e al suo fidanzato, Giuseppe. Maria accoglie la volontà di Dio, la sua intrusione, perché è consapevole che le scelte di Dio sono per il suo bene, e per quello di tutti.

Dio scompagina tutti i progetti di questa coppia: una casa, un lavoro, dei figli. Poteva essere forse biasimata Maria per desiderare una vita tranquilla, felice e realizzata? Certo che no!  Ma le cose si mettono in modo diverso. Improvvisamente è incinta! Che avrebbe pensato la gente! Che vergogna per Giuseppe, che non ne era responsabile. Avrebbe sicuramente chiesto di rompere il fidanzamento.

Tutto, improvvisamente sembra crollare, ed era colpa di Dio!

Ma Dio non lascia soli quando interviene attraverso di noi. Dio si presenta a Giuseppe, in sogno, dicendo innanzitutto: «Non temere». Quando Dio interviene, ci parla e ci dice: «Non temere» perché è la prima preoccupazione di Dio per noi.

Quando pensiamo che tutto remi contro di noi, che le cose potevano andare diversamente, meglio, quando ci sentiamo vittima delle difficili prove della vita, Dio viene e ci dice: «Non temere, sono venuto per starti vicino».

Questo è Natale, care sorelle e cari fratelli, il segreto del Natale sta nella capacità, che Dio ci dona, di porre la nostra vita in Lui, di affidarla a Lui, così potrà accadere che Dio possa porre la sua vita in noi, possa nascere… in noi.

C’è un parallelo tra questo racconto antico e noi, ed è questo: ciò che è accaduto a Maria e a Giuseppe è ciò che pure deve accadere in noi, in ciascuno di noi. Il racconto biblico vuole affermare che Dio desidera essere fecondo in noi e si presenta per nascere nella parte più nascosta di noi stessi.

Il suo nascere in noi significa essere attraversati dalla sua preoccupazione per il bene del genere umano. Il fatto che Dio nasca in noi, nel mezzo della nostra umanità, significa che possiamo avere speranza, nonostante la malvagità umana, il nostro egoismo, la nostra logica del tornaconto, le nostre chiusure e le nostre diffidenze.

Dio “nasce in noi” comunque, a dispetto delle nostre paure per i cambiamenti, e allora tutto cambia, nulla è più come prima. I cambiamenti non sono la negazione di Dio, anzi, fanno parte dell’essere di Dio, della presenza di Dio, della sua Parola che non torna a vuoto senza aver portato il suo frutto: il frutto di una vita che intesse rapporti, che getta ponti, che si orienta sempre per la riconciliazione, per la condivisione, per la solidarietà; è così che la vita diventa “pregnante di significato” e di frutti.

È questo il Natale: Dio nasce, non soltanto a Betlemme, ma nel cuore dell’umanità di ogni epoca, anche se non gli viene riservato alcun posto in albergo o altrove. Dio viene anche in una mangiatoia. Non c’è un posto nel quale siamo sicuri che non vi andrà e non nascerà. Dopo la mangiatoia nulla dovrà sorprenderci neppure che siamo noi il luogo in cui viene, nonostante ci reputiamo indegni. È così che Dio ragiona.

Dio viene e ci dice, come gli angeli ai pastori, a Giuseppe, ad Abramo: «Non temere». Non temere il fatto che il messaggio di Natale ti sconvolga la vita, anche se è difficile da credere, è così che Dio ricostruisce la tua vita: prima frantumandola e poi ricomponendola, per donarle un futuro, un senso, una speranza, un sogno, un orizzonte nuovo.

Come Maria e poi Giuseppe potremo rispondergli di “sì”, e permettergli di disturbarci e di entrare nella nostra privacy per guarire le ferite della nostra anima, le sofferenze del nostro cuore e poi, con noi e per noi di noi, quelle dell’umanità.

Amen!

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Pastore Giuseppe Ficara

Consacrato nel 1992, ha svolto il suo ministero nelle chiese di Riesi, Caltanissetta, Agrigento, Trapani e Marsala, Palermo.
Pastore a Luserna San Giovanni da Agosto 2013.

 

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