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Domenica, 18 Gennaio 2015 12:47

Sermone di domenica 18 gennaio 2015 (Luca 15,1-7)

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Testo della predicazione: Luca 15,1-7

«Tutti i pubblicani e i peccatori si avvicinavano a lui per ascoltarlo. Ma i farisei e gli scribi mormoravano, dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». Ed egli disse loro questa parabola: «Chi di voi, avendo cento pecore, se ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e non va dietro a quella perduta finché non la ritrova? E trovatala, tutto allegro se la mette sulle spalle; e giunto a casa, chiama gli amici e i vicini, e dice loro: "Rallegratevi con me, perché ho ritrovato la mia pecora che era perduta". Vi dico che così ci sarà più gioia in cielo per un solo peccatore che si ravvede, che per novantanove giusti che non hanno bisogno di ravvedimento».

Sermone

Care sorelle, cari fratelli, care bambine e cari bambini della Scuola domenicale, Gesù racconta la parabola della pecora che si smarrisce per dirci quanto Dio ci vuole bene, quanto ci ami; ci dice che quando siamo in pericolo viene a prenderci per avere cura di noi, ci cerca quando non riusciamo a ritrovare la strada per tornare a casa.

L’immagine della pecora è molto bella perché la pecora non è un animale che, in genere, vive da solo, ma vive insieme al gregge, insieme ad altre pecore come lei, e insieme seguono il loro pastore, hanno fiducia in lui, sanno che non le porterà in posti pericolosi dove pascolare, ma in prati sicuri.

Tutti abbiamo fiducia dei nostri genitori, perché ci vogliono bene e, anche quando, per esempio, vi chiedono di fare qualcosa che non volete fare, lo fanno per il vostro bene, per aiutarvi a crescere, a imparare, a diventare dei bravi adulti.

Il gregge è come la nostra famiglia, anche noi abbiamo bisogno di vivere insieme ad altre persone, condividere le nostre gioie, le nostre tristezze, quando stiamo male, quando abbiamo bisogno di essere consolati, rassicurati, sappiamo che l’amore all’interno della famiglia supererà tutti i problemi che si presenteranno lungo il cammino della nostra vita.

Ecco, l’amore è il fondamento di ogni famiglia, come anche della chiesa, della comunità dei credenti; amare ed essere amati ci fa vivere bene, bene con noi stessi e con gli altri, l’amore ci permette di chiedere scusa quando sbagliamo e di essere perdonati; l’amore ci permette di perdonare le persone che ci hanno offeso, che ci hanno ferito, che ci hanno fatto del male.

Qualche volta, però, ci smarriamo anche noi, come la pecora della parabola; ci allontaniamo dal gregge perché pensiamo di vivere bene da soli, di non avere bisogno di stare con gli altri, di non avere bisogno dei loro abbracci, del loro sorriso, del loro incoraggiamento, dei loro consigli.

Ma presto ci rendiamo conto che da soli si diventa tristi; senza nessuno a cui raccontare la nostra giornata, le nostre ore di scuola, di lavoro, sentiamo che ci manca qualcosa: sentiamo un vuoto che ci fa stare tanto male.

E allora scopriamo che qualcuno viene a cercarci, perché ci vuole bene. Prima di tutto vengono nostro padre e nostra madre, e poi quelli che ci vogliono bene e noi siamo contenti di trovare qualcuno che ha fatto tanta strada per noi, per dirci: «Dai! Ci manchi tanto, torna a casa!». Ed è bello tornare a casa.

Allora vediamo gli altri con occhi diversi. Ecco chi è l’altro, è il nostro prossimo: sono persone come noi, che hanno bisogno di noi e noi di loro. Sono persone che possiamo amare perché anche loro hanno bisogno di amore, anche se non lo sanno. Persone che possiamo sostenere, consolare, curare, proteggere; persone con cui essere solidali perché svantaggiati, soli, poveri, senza una patria o senza amici.

Anche noi siamo prossimo degli altri e così anche noi abbiamo bisogno di affetto, di solidarietà, di incoraggiamento. Essere prossimo è un fatto reciproco perché tutti siamo dentro una realtà umana, come il gregge, uscendo dalla quale restiamo soli.

Lo Studio biblico, a novembre e dicembre ha seguito il tema della predestinazione che, nella storia, è stato trattato sotto diversi punti di vista: ora come un pensiero dogmatico e filosofico, ora come una realtà di vita da vivere fino in fondo e da condividere.

La Bibbia ci parla della predestinazione per dirci semplicemente che Dio, nella sua libertà, ha deciso di salvare noi, il genere umano, la creazione stessa. La predestinazione non ha a che fare con la credenza del destino o del fato, ma con la grazia di Dio. Che cos’è la grazia di Dio?

La grazia è offerta a coloro che hanno subìto una condanna, a causa dei loro torti, dei loro errori, del loro peccato. Dio decide di offrire a tutti la sua grazia, a coloro che non la meritano, anche a coloro che la rifiutano, a coloro che non l’accettano: a tutti. Qui entra in scena la predestinazione, essa è quella grazia che possiamo solo ricevere da Dio e che nessuno può darsi da solo.

Non è facile accogliere la grazia di Dio, perché per accoglierla dobbiamo fare un atto di umiltà: riconoscerci trasgressori, peccatori, persone che sbagliano, che commettono degli errori più o meno gravi: a loro è offerta la grazia, cioè a tutti noi!

È così che tutti rappresentiamo la pecora smarrita, perché a motivo del nostro orgoglio, dei nostri egoismi, delle nostre convinzioni esclusiviste che ostinatamente portiamo avanti, ci isoliamo, ci allontaniamo dagli altri e da Dio stesso credendo di poter vivere da soli, con le nostre capacità, con le nostre forze.

Ma non è così, questo è solo il nostro peccato, la nostra voglia di autoassolverci, di autogiustificarci, quando non accettiamo di riconoscere di sbagliare.

Qui entra in gioco la nostra libertà, la nostra possibilità di scegliere: è quella di riconoscere ciò che siamo veramente, cioè persone che hanno bisogno di essere perdonate, perché tutti sbagliamo e siamo privi di quella dignità della vita che solo il Signore può restituirci con il suo perdono, il suo amore e la sua grazia.

Questa è la predestinazione: è il Signore che viene a cercarci nel luogo della nostra colpa, della nostra perdizione, nel luogo del nostro smarrimento, quando crediamo che non Dio, ma noi stessi possiamo rendere la nostra vita degna di essere vissuta, quando crediamo più in noi stessi o quando ci affidiamo alla sorte.

La predestinazione è grazia di Dio perché non è in mano nostra, perché non la possiamo governare, orientare, disporne. La riceviamo dal di fuori di noi stessi. La grazia di Dio ci raggiunge sempre per suscitare in noi la fede, anche se non crediamo, anche se il nostro peccato è grande, anche se non la meritiamo in alcun modo. Tutti gli essi umani sono destinatari di questa grazia, anche se non lo sanno.

Siamo riconoscenti al Signore che non ci lascia mai a noi stessi, alla nostra fragilità, alla nostra debolezza, al nostro destino, ma viene a cercarci, a prenderci per mano e a dirci: «Dai, mi manchi tanto, torna a casa». Gesù ci riconduce a sé, nel luogo dell’amore e della grazia, nel luogo dell’affetto, dell’amicizia, in famiglia, nella comunità dei credenti, e ci dà il dono della condivisione che sostiene la nostra fede e la nostra stessa vita. Amen!

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Pastore Giuseppe Ficara

Consacrato nel 1992, ha svolto il suo ministero nelle chiese di Riesi, Caltanissetta, Agrigento, Trapani e Marsala, Palermo.
Pastore a Luserna San Giovanni da Agosto 2013.

 

Indirizzo: Via Beckwith 49, Luserna San Giovanni (TO), 10062, ITALIA

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