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Domenica, 10 Maggio 2015 12:37

Sermone di domenica 10 maggio 2015 (Giovanni 16,23b - 28. 33)

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Testo della predicazione: Giovanni 16,23b - 28. 33

«In verità, in verità vi dico che qualsiasi cosa domanderete al Padre nel mio nome, egli ve la darà. Fino ad ora non avete chiesto nulla nel mio nome; chiedete e riceverete, affinché la vostra gioia sia completa. Vi ho detto queste cose in similitudini; l’ora viene che non vi parlerò più in similitudini, ma apertamente vi farò conoscere il Padre. In quel giorno chiederete nel mio nome; e non vi dico che io pregherò il Padre per voi; poiché il Padre stesso vi ama, perché mi avete amato e avete creduto che sono proceduto da Dio. Sono proceduto dal Padre e sono venuto nel mondo; ora lascio il mondo, e vado al Padre. Vi ho detto queste cose, affinché abbiate pace in me. Nel mondo avrete tribolazione; ma fatevi coraggio, io ho vinto il mondo».

Sermone

Cari fratelli e care sorelle, il brano del vangelo di Giovanni che abbiamo ascoltato è inserito all’interno dei discorsi di addio che Gesù rivolge ai suoi discepoli. Gesù annuncia che essere credenti non sempre è facile; spesso può determinare sofferenze e persecuzioni, come quelle dei romani nei confronti dei cristiani della chiesa primitiva.

     Soprattutto dopo l’anno 70, accadde che le sinagoghe ebraiche espulsero gli ebrei che si erano convertiti alle fede in Cristo, lasciando così i cristiani esposti alle persecuzioni romane. Gli ebrei godevano, infatti, del privilegio di non rendere il culto all’imperatore, a questo privilegio non poterono partecipare così i cristiani i quali ritenevano che solo Cristo è Signore, solo Lui può ricevere adorazione e culto, non l’imperatore che si considera come Dio in terra. Infatti il Nuovo Testamento afferma più volte che Gesù è il Re de re e il Signore dei signori, anche il Re dell’imperatore.

     Per questo Gesù ricorda ai discepoli dicendo loro: «Vi espelleranno dalle Sinagoghe… nel mondo avrete tribolazione». I credenti possono illudersi che la loro coerenza cristiana, la loro fede, il loro impegno per il bene comune sia sempre ripagato con riconoscimenti, elogi e approvazioni, ma non è così. Gesù insegna che il male che vi è nel mondo ha un forte potere: il potere di soggiogare, di imprigionare, di rendere schiavi. E ciò può accadere in modo chiaro ed esplicito oppure in modo subdolo, in modo nascosto o inconsapevole: ci si crede liberi, ma si è dipendenti da ciò che produce male al prossimo.

     Tuttavia, Gesù è consapevole che abbandonare i credenti al male del mondo li annienterebbe, così promette loro che non li lascerà mai soli, che invierà lo Spirito santo affinché possano avere la forza di resistere, di perseguire lungo la via della fede nonostante le difficoltà e l’enorme fatica che ciò comporta; lo Spirito li ispirerà nei momenti più delicati e difficili, darà loro la forza di resistere e di non rinunciare, il coraggio di non tornare indietro davanti agli ostacoli più grandi, la fermezza di chi persegue un obiettivo importante, uno scopo che dà senso alla propria vita.

Per questo Gesù afferma: «Io ho vinto il mondo»; sì, Gesù non è stato annullato dalla croce, dal male del mondo e dalla morte, anzi ha trionfato sull’annientamento e sull’oblio con la sua risurrezione, ha sconfitto ciò che può farci arretrare e arrendere.

Dunque, Gesù può dire ai discepoli, e a noi oggi: «Fatevi coraggio». Le stesse parole pronunciate da chicchessia ci lascerebbero indifferenti, non cambierebbero nulla e nessuno, ma quando le pronuncia Gesù, allora tutto cambia, passiamo dalla notte al giorno, dalla tristezza alla gioia, dall’inquietudine alla serenità. «Fatevi coraggio» sono parole che diventano per noi una promessa, una speranza; ci fanno capire che il coraggio che riceviamo da Gesù ci permette di trovare la pace in lui.

Il Signore ci è vicino attraverso il dono dello Spirito Santo, lo Spirito è colui che ci permette di comprendere che Dio è per noi Padre, che ci tratta come figli suoi, figlie sue, e non come delle creature da bastonare e da punire a causa dei propri errori e del proprio peccato; Dio è un padre amorevole che accoglie anche il figlio che se ne va sperperando tutti i suoi beni; anche chi lo rinnega dicendo di non conoscerlo, chi lo tradisce per denaro. Tutto questo accadrà ai discepoli a cui Gesù ora parla, ma dice loro: «Fatevi coraggio».

Gesù giunge a questa conclusione parlando della preghiera, insegna a pregare correttamente: «qualsiasi cosa chiedete al padre nel mio nome egli ve la darà». È l’invito a chiedere con costanza e con perseveranza, nel modo giusto: «nel mio nome», cioè non perché vi è dovuto, non perché Dio sia obbligato, non perché lo meritiate. Chiedere nel nome di Gesù significa pregare con lo spirito con cui pregava Gesù che ha dato la sua per tutti: Gesù non ha pregato semplicemente per se stesso, ma per il bene del mondo, Gesù ha messo in gioco la sua stessa vita per la vita del mondo.

La preghiera di Gesù al Padre, lo ha impegnato affinché Dio stesso realizzasse, attraverso Gesù, il suo progetto di fraternità nel mondo, per vincere il male del mondo. La risurrezione di Gesù è la risposta di Dio.

Pregare nel nome di Gesù non significa pregare per il proprio tornaconto, a scapito di altre persone, solo per se stessi, per il proprio successo e la propria salute. Pregare nel nome di Gesù significa avere a cuore il bene dell’umanità, della società umana, della città in cui viviamo; significa aprirsi al prossimo nell’accoglienza, nella solidarietà, nella condivisione. Pregare solo per se stessi non fa diminuire le guerre, le catastrofi, le morti di chi fugge dalla violenza e dalla morte.

Pregare non significa delegare a Dio le nostre responsabilità, non significa rinfacciare a Dio che il suo mestiere è quello di mettere a posto ciò che noi rompiamo, di ricostruire ciò che noi demoliamo. La preghiera ci impegna in prima persona come ha fatto Gesù; Dio realizza ciò che chiediamo attraverso di noi, attraverso il nostro contributo, la nostra disponibilità: qualsiasi cosa noi chiediamo.

E Gesù sa che non c’è neanche bisogno di dirlo: pregare nel modo giusto è connaturale ad un credente dalla fede autentica che non arretra davanti al proprio impegno concreto che rende la sua fede attiva e partecipe.

«Fatevi coraggio», dunque, fratelli e sorelle, perché nella fatica della vita, nelle prove della vostra esistenza, nella preghiera che rivolgete a Dio, Gesù è presente, vi è vicino, con la forza dello Spirito, con il coraggio dello Spirito che vi permetterà di proseguire con serenità lungo il vostro cammino e di trovare pace in lui. Amen!

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Pastore Giuseppe Ficara

Consacrato nel 1992, ha svolto il suo ministero nelle chiese di Riesi, Caltanissetta, Agrigento, Trapani e Marsala, Palermo.
Pastore a Luserna San Giovanni da Agosto 2013.

 

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