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Domenica, 03 Marzo 2019 14:37

Sermone di domenica 3 marzo 2019 (Luca 14,15-24)

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Testo della predicazione: Luca 14,15-24

Uno degli invitati, appena udì queste parole di Gesù, esclamò: “Beato chi potrà partecipare al banchetto nel regno di Dio!”. Gesù allora gli raccontò un’altra parabola: «Un uomo fece una volta un grande banchetto e invitò molta gente. All’ora del pranzo mandò uno dei suoi servi a dire agli invitati: Tutto è pronto, venite! Ma, uno dopo l’altro, gli invitati cominciarono a scusarsi. Uno gli disse: “Ho comprato un terreno e devo andare a vederlo. Ti prego di scusarmi”. Un altro gli disse: “Ho comprato cinque paia di buoi e sto andando a provarli. Ti prego di scusarmi”. Un terzo invitato gli disse: “Mi sono sposato da poco e perciò non posso venire”. Quel servo tornò dal suo padrone e gli riferì tutto. Il padrone di casa allora, pieno di sdegno, ordinò al suo servo: Esci subito e va per le piazze e per le vie della città e fa’ venire qui, al mio banchetto, i poveri e gli storpi, i ciechi e gli zoppi. Più tardi il servo tornò dal padrone per dirgli: “Signore, ho eseguito il tuo ordine, ma c’è ancora posto”. Il padrone allora disse al servo: Esci di nuovo e va’ per i sentieri di campagna e lungo le siepi e spingi la gente a venire. Voglio che la mia casa sia piena di gente. Nessuno di quelli che ho invitato per primi parteciperà al mio banchetto: ve lo assicuro!».

Sermone

Care sorelle e cari fratelli, l’argomento della parabola è aperto da una persona che siede a tavola con Gesù, dice: «Beato chi potrà partecipare al banchetto nel Regno di Dio». Questa beatitudine vuole semplicemente indicare che il futuro Regno di Dio, all'epoca di Gesù, era immaginato come un grande convito, un banchetto, un sedere alla stessa tavola e condividere lo stesso pane. E non si trattava semplicemente di mangiare insieme, ma di qualcosa di più dal momento che nella mentalità orientale il sedere alla stessa mensa implicava una compartecipazione e una condivisione non soltanto del cibo, ma anche degli stessi propositi, delle stesse aspirazioni, speranze, scelte, direzioni da percorrere.

Condividere la mensa con altri, significava compromettersi reciprocamente, accogliere ed essere accolti, significava diventare come l'altro, stringere forti legami di amicizia e di fraternità. Per questo i giudei non potevano sedere a tavola con i peccatori e i pagani, perché, mangiando con loro, avrebbero partecipato al loro peccato.

Tante volte Gesù lo faceva e per questo era accusato di mangiare coi peccatori e le prostitute.

Così, «Un uomo imbandisce un grande banchetto», il numero degli invitati fa pensare a una solennità eccezionale. Era usanza comune invitare due volte gli ospiti: si rivolgeva l'invito una prima volta per ricevere l'assenso, e una seconda volta per annunciare il momento in cui tutto era pronto e così si diceva: «Venite, tutto è pronto».

Ma poteva capitare che, al secondo invito, alcuni non fossero pronti e dovessero scusarsi. Così accade nella nostra parabola che, per motivi del tutto futili e insignificanti, gli invitati al banchetto non accolgono l'invito e rifiutano di parteciparvi.

Il padrone, è irritato, ma non si perde d'animo, manda il suo servo a svolgere un'altra missione. Al posto dei primi, che erano di rango sociale e religioso elevato, invita al banchetto i poveri, gli storpi, gli zoppi e i ciechi. Questi, nel linguaggio biblico, sono il popolo del Regno di Dio, persone di ceto umile, emarginati, disperati, stranieri.

Ma la missione, successiva, rivolta a coloro che sono per strada o lungo le siepi, è rivolta a persone ancora più emarginate e rifiutate le quali devono essere, come dice il testo originale, «costrette ad entrare» nella versione della TILC che abbiamo letto traduce: «spingi la gente ad entrare» ma è il verbo è “costringere” proprio perché la gente non si aspetta più nessun segno di bontà e ospitalità e resta incredula e diffidente nei confronti di tanta generosità.

Questa parabola ha un rapporto con la missione che Gesù è venuto a compiere e con la storia della salvezza. La salvezza è opera di Dio, per questo egli organizza un banchetto. I servi, benché in ombra, sono i profeti che hanno annunciato il disegno di salvezza di Dio. Ma l'attenzione principale si concentra sul «servo» che è il Messia, colui che il Padre ha mandato per invitare tutti alla grande cena. Gesù è venuto cioè per tutto il genere umano, e soprattutto per gli umili, i discriminati, i rifiutati e gli emarginati, coloro che non avevano diritto a entrare come gli stranieri.

A loro è promesso il Regno.

La parabola ricorda che storicamente è accaduto che i più saggi, i più religiosi, i più spirituali e più attenti, non hanno capito l'annuncio di Gesù e non lo hanno accolto: «Tutto è pronto!» grida il padrone di casa della parabola come a riecheggiare l'annuncio di Gesù «Il Regno è giunto, il Regno di Dio è vicino» o quando dirà sulla croce: «Tutto è compiuto».

Da parte dei primi invitati non c'è nessuna motivazione seria per rifiutare l'invito. Si tratta di superficialità, di leggerezza, di indifferenza. Si tratta di persone distratte dagli impegni quotidiani, preferiscono continuare il proprio cammino, fatto di tradizioni e sicurezze, piuttosto che scegliere la parte migliore, nuova.

La parabola ha anche un contenuto teologico e si oppone alla concezione secondo la quale la salvezza sia riservata agli eletti, ai giusti, ai santi. Gesù stesso con il suo comportamento ha voluto smentire questa concezione che ancora oggi è radicata nel cristianesimo. Gesù si è fatto chiamare amico dei pubblicani e dei peccatori, amico delle prostitute, come dire che il primo posto, nel Regno di Dio sarà loro.

E noi, dove siamo all’interno di questa parabola? Storicamente facciamo parte di quelle persone che erano per le strade e per le siepi costrette ad entrare, siamo cioè gli stranieri pagani che sono entrati nel progetto di salvezza di Dio. Ma teologicamente potremmo anche essere quelle persone religiose e spirituali che rifiutano l'invito. Non tanto perché rifiutiamo di credere in Cristo, quanto perché spesso ci adagiamo sulla falsa fiducia della nostra salvezza, ma anche sulla nostra indifferenza verso Dio e verso il prossimo.

Questa parabola, invece, mette dentro di noi il dubbio, non la sicurezza, l'agitazione, non la calma, ci toglie ogni posizione di privilegio religioso e ci chiama a diventare quei servi che hanno l'incarico di testimoniare, di invitare alla tavola di Dio i poveri, gli storpi, gli zoppi e i ciechi, gli stranieri.

Oggi parteciperemo anche alla Comunione, alla Cena del Signore che è segno del Regno di Dio, la partecipazione alla Cena è un invito pressante del Signore che ci chiede tutto l'impegno e il riguardo verso i diseredati, i poveri, gli emarginati, gli stranieri, i disperati che lasciano la loro terra alla volta di una speranza che spesso non trovano.

Sia questo per noi l'annuncio del Regno di Dio a cui la parabola ci chiama: la capacità di impegnarci in modo attivo e credibile per poter dire a tutti coloro che incontriamo: «Venite…, venite, tutto è stato apparecchiato. Venite, tutto è pronto». Amen!

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Pastore Giuseppe Ficara

Consacrato nel 1992, ha svolto il suo ministero nelle chiese di Riesi, Caltanissetta, Agrigento, Trapani e Marsala, Palermo.
Pastore a Luserna San Giovanni da Agosto 2013.

 

Indirizzo: Via Beckwith 49, Luserna San Giovanni (TO), 10062, ITALIA

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