Culto domenicale:
ore 10,00 Tempio dei Bellonatti
Numero di telefono del presbiterio: 0121.30.28.50
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«Io non sono nulla» dice l’apostolo Paolo, «Dio è tutto». Del resto, la Scrittura dice: «Tutte le nazioni sono come nulla dinanzi a Dio, egli le reputa meno di nulla, una vanità» (Isaia 40,17). Oggi, molti nostri contemporanei capovolgono questa affermazione nel suo contrario e dicono: «L’uomo è tutto, Dio non è nulla». Ma l’apostolo Paolo dice chiaro e tondo: «Io non sono nulla, Dio è tutto».
Ma è proprio vero che Paolo non è nulla? No, non è vero. Paolo è qualcosa, anzi è molto. Egli dice di sé: «Io ho piantato», cioè ha fondato molte chiese. Una nullità non riesce a fondare chiese come ha fatto Paolo: fondare una chiesa è un’impresa stupenda, per non dire miracolosa. Neppure Apollo, il collega di Paolo nell’apostolato, è nulla: lui infatti «ha annaffiato», cioè ha continuato e sviluppato l’opera di Paolo. Ma allora perché Paolo dice che lui e Apollo sono nulla e che Dio è tutto?
Lo dice perché essi sono sì importanti per piantare e annaffiare, ma sono nulla per la crescita, perché la crescita è unicamente opera sua; Dio è tutto per la crescita, mentre Paolo e Apollo sono tutto per piantare e annaffiare, ma sono nulla per far crescere; ma per far crescere cosa? Per far crescere la chiesa, ovviamente, è della chiesa che qui Paolo sta parlando. Ma l’immagine che egli adopera è tratta da ciò che accade in natura, dove possiamo piantare e annaffiare, ma non possiamo far crescere.
Proprio questa è la convinzione di fede che sta alla base della «festa del raccolto»: la convinzione che Dio, e solo lui, fa crescere, quindi se non ci fosse Dio non ci sarebbe il raccolto, né la festa del raccolto. Noi certo ariamo il campo, lo dissodiamo, lo prepariamo, lo concimiamo, seminiamo, piantiamo, annaffiamo e raccogliamo i rutti, ma non possiamo far nulla per la crescita.
Ad esempio, nessuno di noi può creare un pomodoro. Mettiamo la piantina in terra, la concimiamo, l’annaffiamo, ma chi fa crescere la pianta e fa nascere, su di essa, il pomodoro non siamo noi, è Dio. E qui dobbiamo leggere e rileggere il Salmo 104, che descrive e contempla le meraviglie del creato, ma non loda il creato, bensì il Creatore, come fece stupendamente Francesco d’Assisi: «Laudato sii, mi’ Signore, con tutte le tue creature…».
Ma è proprio vero che è Dio che «fa crescere», e non sono piuttosto le energie vitali celate in seno alla Terra? Dio fa crescere attraverso la terra, alla quale, nel racconto della creazione, comandò di produrre tutti gli innumerevoli frutti, fiori e piante che nutrono il nostro corpo: «Produca la terra della verdura, delle erbe che facciano seme e degli alberi fruttiferi …» (Genesi 1,11). Dando questo ordine Dio infuse nella terra quelle energie vitali che fedelmente, anno dopo anno, stagione dopo stagione, producono quei beni che noi raccogliamo e per i quali celebriamo la «festa del raccolto».
Ma perché Dio ha dato quest’ordine: «Produca la terra…»? Perché Dio vuole che ci sia vita su questa terra, perciò la suscita, la cura, la guarisce, la salva, la ricupera – per questo è venuto Gesù, per cercare quello che era perduto: gli stava a cuore la vita fisica, perciò guariva i malati; gli stava a cuore la vita morale, perciò perdonava i peccatori; gli stava a cuore la vita spirituale, perciò predicava Dio, la sua vicinanza, la sua paternità, il suo regno di libertà, giustizia e grazia.
E qui comprendiamo che cosa significa celebrare la «festa del raccolto»: significa celebrare il Dio «che fa crescere», cioè il Dio creatore, nel quale c’è «la fonte della vita» (Salmo 36,9); significa ricordare che la vita, in tutte le sue forme e manifestazioni, è il dono più prezioso di Dio, il miracolo più grande che si svolge ogni giorno su questa terra, sotto i nostri occhi, e per il quale non dobbiamo stancarci di rendergli grazie e di lodare il suo santo nome. Amen!