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NEV - Notizie Evangeliche

Agenzia stampa della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia (FCEI)

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Aquilante: Un dibattito che coinvolge la teologia protestante e la testimonianza evangelica

Roma (NEV), 19 marzo 2014 - "Protestantesimo e democrazia" è il titolo della pubblicazione della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI) in uscita in questi giorni. Il volume, edito dalla Claudiana e a cura di Paolo Naso, intende rivisitare un tema classico della filosofia e della sociologia politica: quello del rapporto tra la teologia riformata e le forme democratiche nate nell'età moderna. "Il volume si sviluppa lungo due binari - spiega il pastore Massimo Aquilante, presidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI) -.

Da una parte richiama le ben note tesi storiografiche secondo cui, pur tra luci ed ombre e lungo un percorso non sempre coerente e lineare, il protestantesimo ha innervato la crescita democratica in alcuni paesi dell'Europa e ovviamente negli USA. D'altra parte rileva come, oggi, tanto la democrazia intesa come astratto sistema di governo, quanto le democrazie come stati organizzati, siano poste di fronte a nuove sfide: la crisi economica globale, la limitatezza delle risorse, i populismi, le questioni di genere, la bioetica. E così mentre le democrazie cercano risposte a domande nuove ed eccezionalmente complesse, il protestantesimo è chiamato a ripensare il ruolo che tradizionalmente ha avuto nei confronti delle realizzazioni e dei modelli democratici".

Mercoledì, 12 Marzo 2014 12:05

Il primo anno di papa Francesco

di Daniele Garrone, professore di Antico Testamento alla Facoltà valdese di teologia

Com'è noto, i protestanti non soltanto non riconoscono per sé l'autorità del Papa, ma ritengono che l’istituzione del papato sia un ostacolo alla cattolicità, cioè all'universalità della chiesa di Gesù Cristo, e che i connotati monarchici assoluti che l’hanno fin qui caratterizzata siano in aperta contraddizione con le visioni dei ministeri attestati nel Nuovo Testamento. Questo, però, è solo un aspetto della questione. I Papi e il papato della Chiesa di Roma esistono nella storia e su questo sfondo vanno valutati, senza ideologismi, senza complessi e con un senso di solidarietà fondato sulla vocazione cristiana, comune a tutte le chiese. Senza l’atteggiamento - temo assai diffuso tra noi evangelici - di prescindere dal profilo - colto nei suoi discorsi e nelle sue decisioni - di ogni Papa, per limitarsi a dire che qualunque cosa dica o faccia, il problema è che è Papa.

Tutti dicono che un anno non basta a trarre valutazioni e a fare previsioni, ma certo non si possono non cogliere motivi di interesse, scorgere novità e anche nutrire speranze.

Papa Francesco riveste la più alta carica gerarchica della Chiesa di Roma, ma ha introdotto cambiamenti che certamente non possono essere valutati come semplice cosmesi né ridotti al personale stile di un "parroco". A fronte della novità epocale dell'emeritazione di un pontefice, destinata ad avere ricadute inevitabili sull'istituzione stessa, il profilo di papa Bergoglio va colto, e apprezzato, in tutta la sua rilevanza: si sono messe giustamente in luce la scelta del nome, certamente programmatico, lo stile di vita, dall'abbigliamento alla residenza, l’immediatezza pastorale del suo rapporto con i fedeli "fratelli e sorelle", lo stile per nulla paludato, ma diretto e franco dei suoi interventi pubblici, spesso con digressioni "a braccio".

a cura di Luca Baratto

Roma (NEV), 5 marzo 2014 – All'inizio di questa settimana è entrata in vigore in Belgio una legge che estende l'eutanasia ai bambini. Su questo testo controverso e, più in generale, sulle questioni etiche legate al tema dell'eutanasia, abbiamo sentito il professor Ermanno Genre, docente emerito di teologia pratica alla Facoltà valdese di teologia di Roma, già membro della Commissione sulla bioetica delle chiese battiste, metodiste e valdesi italiane. Genre ha recentemente pubblicato con l'editrice Claudiana il volume “Introduzione alla bioetica. Bioetica e teologia pastorale in dialogo”.

In Belgio è appena entrata in vigore una controversa legge che estende l'eutanasia ai bambini. Qual è la sua opinione?

La decisione belga non può, ovviamente, che suscitare dibattito. Per quanto mi concerne, la questione non è sì o no all'eutanasia, bensì come affrontare delle situazioni tragiche, quando una giovane vita viene progressivamente devastata da un male aggressivo che non lascia vie d'uscita, se non la morte. Quali forme di accompagnamento al morire (perché di questo si tratta)? Come si interviene per far fronte alla disperazione e all'angoscia dei malati e dei loro familiari? L'estensione ai minori della legge sull'eutanasia in vigore in Belgio richiede “capacità di discernimento”. Che cosa significhi qui “discernimento” è questione difficile da investigare. Ma ci si può legittimamente domandare se di fronte ad una malattia inguaribile che provoca dolore e sofferenza insopportabili, ci sia veramente un diverso grado di “discernimento” tra un adulto e un bambino. Chi lo può dire?

Mercoledì, 26 Febbraio 2014 15:43

Ucraina: Forte condanna della KEK

Roma, 20 febbraio 2014 (NEV-CS05)

La Conferenza delle chiese europee (KEK) ha espresso viva preoccupazione per l'intensificarsi del conflitto in Ucraina.All'indomani dei gravi scontri che hanno provocato decine di morti e centinaia di feriti, il segretario generale della KEK, pastore Guy Liagre, ha condannato con forza l'uso della violenza e ha fatto appello a tutte le parti in causa “affinché agiscano rapidamente per allentare la tensione e trovare una soluzione pacifica alla crisi in corso”.

di Eugenio Bernardini, moderatore della Tavola valdese

La firma il 21 febbraio 1984 e l’approvazione della prima Intesa prevista dalla Costituzione italiana non giunse improvvisa: fu infatti il coronamento di un lungo lavoro teologico, giuridico e politico condotto dalla Chiesa valdese (Unione delle chiese metodiste e valdesi) che possiamo far risalire già ai primi anni del dopoguerra. Nel clima della ricostruzione materiale e morale dell’Italia, un gruppo di teologi sentì il bisogno di ripensare i modi e le forme della Chiesa in uno Stato democratico che, in virtù dell’articolo 8 della Costituzione repubblicana, stabiliva il principio di “uguale libertà” di tutte le confessioni religiose. Seguì una lunga discussione, per molti aspetti meramente teorica dal momento che, complici le forze d’opposizione, l’Italia democristiana di quegli anni non aveva alcuna intenzione di mettere mano alla revisione del Concordato e quindi all’utilizzo di un nuovo strumento di regolazione dei rapporti tra lo Stato e le confessioni religiose “diverse dalla cattolica”. La tendenza era semplicemente a ignorarle, volendo così confermare l’assunto che l’Italia era e rimaneva sostanzialmente cattolica e che la vecchia legge sui “culti ammessi” offriva tutele più che sufficienti alle minoranze.

Si deve all’analisi giuridica e all’azione pubblica di Giorgio Peyrot il tentativo di scalfire questa impostazione affermando che le chiese della Riforma erano altro rispetto al cattolicesimo, e che il loro diritto non si radicava nelle norme statali né in quelle canoniche – spesso intrecciate tra loro – ma nel libero annuncio dell’Evangelo. L’idea chiave di quel ragionamento era che una chiesa protestante dispone di un ordinamento esterno rispetto a quello dello Stato, fondato sulla sua teologia, sulla sua ecclesiologia, e sulla sua stessa vocazione. L’eco teologica della teologia di Giovanni Miegge e della scuola barthiana era più che evidente. In quei decenni, le chiese evangeliche denunciarono ripetutamente l’inazione del governo e del parlamento relativamente all norme costituzionali in materia di libertà religiosa senza che questo producesse risultati apprezzabili.

a cura di Luca Baratto

Roma (NEV), 12 febbraio 2014 – In questi giorni è in discussione in Parlamento il cosiddetto decreto “svuota carceri” che ha provocato numerose polemiche tra schieramenti politici diversi. Sulla legge che deve passare ancora al Senato, sul mondo carcerario italiano e sull'impegno degli evangelici in questo ambito, abbiamo intervistato il pastore Francesco Sciotto, coordinatore del Gruppo di lavoro sulle carceri della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI) e direttore del Centro diaconale valdese “La Noce” di Palermo.

Qual è l'impegno delle chiese evangeliche nell'ambito del mondo carcerario?

E' un impegno che definirei ancora embrionale per estensione e diffusione, ma al tempo stesso articolato. Il caso più comune è quello della visita di pastori evangelici a detenuti che ne fanno richiesta, ma esistono anche delle chiese locali che hanno costituito dei gruppi di volontari che visitano regolarmente le carceri e che organizzano delle attività collettive, non limitate al colloquio personale. Incominciano poi ad esserci dei progetti diaconali sull'accompagnamento di persone che usufruiscono di misure alternative al carcere. A Palermo, per esempio, al Centro diaconale La Noce seguiamo dei progetti di giustizia riparativa con minori o giovani adulti, e a Firenze è stata recentemente aperta una casa d'accoglienza per detenuti a fine pena o che usufruiscono di permessi. Come dicevo, è un intervento articolato nelle formule e nelle attività ma ancora embrionale. Una delle funzioni del Gruppo di lavoro sulle carceri istituito dalla FCEI è di mettere in rete queste attività e cercare di moltiplicarle, di renderle possibili in altri contesti territoriali.

Previste numerose iniziative in tutta Italia: la partecipazione degli evangelici

Roma (NEV), 15 gennaio 2014 - "Cristo non può essere diviso!": E' questo versetto tratto dalla Prima lettera di Paolo ai Corinzi (1:1-17) che guiderà gli incontri e le riflessioni della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani (SPUC) 2014. Evento ecumenico internazionale promosso congiuntamente dal Consiglio ecumenico delle chiese (CEC) e dal Pontificio Consiglio per la promozione dell'unità dei cristiani (PCPUC), la Settimana si celebra in tutto il mondo dal 18 al 25 gennaio. Il tema generale è stato scelto dai cristiani del Canada che hanno prodotto anche il relativo materiale liturgico e omiletico.

L'importanza di questo momento di incontro e di preghiera tra cristiani di diverse tradizioni è stato sottolineato, a livello continentale, dal pastore Guy Liagre, segretario generale della Conferenza delle chiese europee (KEK): “Pregare insieme per l'unità della chiesa è il modo migliore per le chiese membro della KEK di esprimere il loro spirito ecumenico”, ha scritto Liagre rivolgendosi alle 115 chiese anglicane, ortodosse, protestanti e veterocattoliche che appartengono al raggruppamento ecumenico europeo.

di Paolo Naso, politologo e coordinatore della Commissione studi della FCEI

Ogni Comune deve prevedere spazi per moschee e luoghi di culto delle varie confessioni religiose: in sintesi è quanto all'inizio dell’anno ha sentenziato il TAR di Brescia accogliendo il ricorso di un’associazione islamica locale. Bocciato così il Comune che, nel suo Piano di governo del territorio (Pgt, il vecchio “piano regolatore”), aveva previsto oratori e campanili ma aveva escluso la possibilità di costruire moschee, templi buddhisti, chiese pentecostali e così via.

Nella visione e nell'intenzione degli amministratori locali Brixia fidelis era e resta una città cattolica che non prevede spazi per le altre confessioni religiose. Il TAR ha però corretto questa interpretazione facendo valere le norme costituzionali secondo le quali “tutte le confessioni religiose sono ugualmente libere di fronte alla legge” (art. 8) e “tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume” (art. 19). Un boccone amaro per la giunta di centrosinistra: solo qualche mese fa si era insediata dopo aver clamorosamente sconfitto il centrodestra responsabile del Pgt ed oggi si trova sullo stesso banco degli accusati sul quale da decenni siedono i leghisti, da sempre impegnati in una rumorosa guerra “alle moschee” che in realtà si intende rivolta a tutti i luoghi di culto non cattolici frequentati in prevalenza o interamente da immigrati. Per parte sua, la comunità islamica si era prontamente mobilitata e aveva denunciato l’incostituzionalità della negazione di spazi pubblici destinati alle numerose comunità di fede che negli ultimi venti anni si sono insediate a Brescia, la città – va ricordato – con una concentrazione di immigrati tra le più alte d’Italia.

Presente una delegazione della Federazione delle chiese evangeliche in Italia

Roma (NEV), 4 dicembre 2013 – "La diversità è un valore ed ognuno di noi deve essere culturalmente curioso dell’altro. Conoscere l’altro, il suo modo di vita, la sua cultura, la sua religione è conoscere l’umanità ed i modi in cui essa si esprime. L’intolleranza è ignoranza. Scelta consapevole di non dialogare e confrontarsi. Fedeli di religioni diverse hanno lottato l'uno contro l'altro e in nome della religione vere e proprie guerre sono state combattute. Dobbiamo rifiutare diffidenze e paure e aprirci al confronto". Lo ha detto oggi pomeriggio la ministra per l’Integrazione Cécile Kyenge all’apertura del "Tavolo incontro delle religioni per l'integrazione", il nuovo organismo di confronto tra esponenti di comunità di fede voluto dalla ministra.

Mercoledì, 09 Ottobre 2013 02:00

Strage di Lampedusa

Esposto dal balcone della sede dell'UCEBI uno striscione che denuncia la giustizia negata

Roma (NEV), 9 ottobre 2013 - “Fatti drammatici e prevedibili che interrogano la nostra coscienza di europei e di cristiani e ci costringono a ripensare le politiche migratorie”: lo scorso 3 ottobre con un comunicato stampa il presidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI), pastore Massimo Aquilante, ha commentato così la strage di Lampedusa, forse il più grave naufragio di immigrati mai avvenuto alle porte dell'Europa. "Quello che accade sulle coste siciliane è la conseguenza di squilibri economici, guerre e violenze politiche e religiose che non possiamo ignorare - ha dichiarato Aquilante -. Al contrario sono fatti che ogni giorno più drammaticamente ci dimostrano che l'Europa tutta, non solo l'Italia, deve ripensare le sue politiche migratorie e di cooperazione con i paesi africani e mediorientali, cercando, da una parte, di sostenere l'economia di paesi devastati e, dall'altra, di realizzare politiche responsabili di accoglienza e di asilo. Per noi cristiani - ha concluso Aquilante - gli immigrati di Lampedusa sono il prossimo che bussa alla nostra porta, l'altro che interroga e mette in discussione la nostra condizione di privilegio, il volto di Gesù che ci chiama e ci rivolge una vocazione all'accoglienza e alla fraternità".