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Mercoledì, 12 Marzo 2014 12:05

Il primo anno di papa Francesco

Scritto da

di Daniele Garrone, professore di Antico Testamento alla Facoltà valdese di teologia

Com'è noto, i protestanti non soltanto non riconoscono per sé l'autorità del Papa, ma ritengono che l’istituzione del papato sia un ostacolo alla cattolicità, cioè all'universalità della chiesa di Gesù Cristo, e che i connotati monarchici assoluti che l’hanno fin qui caratterizzata siano in aperta contraddizione con le visioni dei ministeri attestati nel Nuovo Testamento. Questo, però, è solo un aspetto della questione. I Papi e il papato della Chiesa di Roma esistono nella storia e su questo sfondo vanno valutati, senza ideologismi, senza complessi e con un senso di solidarietà fondato sulla vocazione cristiana, comune a tutte le chiese. Senza l’atteggiamento - temo assai diffuso tra noi evangelici - di prescindere dal profilo - colto nei suoi discorsi e nelle sue decisioni - di ogni Papa, per limitarsi a dire che qualunque cosa dica o faccia, il problema è che è Papa.

Tutti dicono che un anno non basta a trarre valutazioni e a fare previsioni, ma certo non si possono non cogliere motivi di interesse, scorgere novità e anche nutrire speranze.

Papa Francesco riveste la più alta carica gerarchica della Chiesa di Roma, ma ha introdotto cambiamenti che certamente non possono essere valutati come semplice cosmesi né ridotti al personale stile di un "parroco". A fronte della novità epocale dell'emeritazione di un pontefice, destinata ad avere ricadute inevitabili sull'istituzione stessa, il profilo di papa Bergoglio va colto, e apprezzato, in tutta la sua rilevanza: si sono messe giustamente in luce la scelta del nome, certamente programmatico, lo stile di vita, dall'abbigliamento alla residenza, l’immediatezza pastorale del suo rapporto con i fedeli "fratelli e sorelle", lo stile per nulla paludato, ma diretto e franco dei suoi interventi pubblici, spesso con digressioni "a braccio". Personalmente sono colpito dalla sostanza biblica ed evangelica (libertà, grazia, perdono, speranza...) dei suoi discorsi che ho avuto modo di ascoltare o leggere, sempre pronunciati con l’atteggiamento di chi intende riscoprire il senso della vocazione cristiana nel mondo di oggi. Penso ad esempio alla felice formulazione dell’Angelus di domenica scorsa: di fronte alle tentazioni Gesù non argomenta con Satana, ma si rifugia nella Parola di Dio. Oppure all'immagine usata con i partecipanti al convegno ecclesiale della diocesi di Roma (17 giugno 2013): se il pastore del Vangelo lascia le 99 pecore per cercare quella perduta, le chiese spesso si limitano a pettinare e accarezzare l’unica pecora che hanno, avendo lasciato disperdere le 99. Credo che questa aperta e serena sollecitudine per la sostanza del messaggio biblico ci debba trovare solidali, anche se viene dal Papa.

Certamente la sua elezione ha voluto essere una risposta ai seri problemi che affliggono la Chiesa di Roma e che il suo predecessore non era in grado di affrontare. Un Papa non è soltanto un predicatore o un pastore, ma su di lui incombono atti di governo. Non credo che la scelta del card. Bergoglio sia stata ingenua o che si sia ritenuto che egli stesso fosse ingenuo. E anche qui dobbiamo cogliere con attenzione e interesse – direi anche con spirito solidale – i passi che ha incominciato a muovere per la riforma della sua chiesa, che è appunto la sua e non la nostra: penso alla riforma dello IOR e alla gestione finanziaria, all'interpellazione sui temi della famiglia, ai progetti di riorganizzazione della Curia romana, alla scelte che potrà effettuare sulla collegialità, sul ruolo dei laici, all'impronta che ha iniziato a dare e che potrà accentuare nell'ermeneutica del Concilio Vaticano II.

È ancora presto per dire quale impronta papa Francesco darà al rapporto con le altre chiese cristiane e con le religioni, ma anche qui ciò che sappiamo del suo impegno come vescovo in questi ambiti suscita interesse. Non si tratta però solo di attendere e vedere: mentre ci stiamo preparando al Cinquecentenario della Riforma del 1517, la nostra prospettiva ecumenica nei confronti della chiesa di Roma deve essere la stessa, chiunque sia papa? La storia concreta, con le sue figure e i suoi profili, non interpella anche noi? Io credo di sì. (nev-notizie evangeliche 11/14)

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