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Lezione 1: Il quarto Vangelo e i Sinottici, struttura, contesto e datazione

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Introduzione

I Vangeli di Matteo e Luca riportano il racconto della nascita di Gesù e una genealogia, quello di Marco parte dal ministero di Gesù. Il Vangelo di Giovanni inizia con un prologo teologico e con la predicazione di Giovanni Battista, non vi troviamo nessuna narrazione della natività e nessuna genealogia. L’intenzione dell’autore è dare rilievo a Gesù come Parola, Logos, che era con Dio fin dall’inizio, partecipa alla creazione e poi diventa un essere umano. In Giovanni, Gesù non nasce neppure per un intervento straordinario dello Spirito Santo, perché egli esisteva da sempre; è la manifestazione incarnata della Parola eterna.

Nei Vangeli, Gesù si rapporta a Dio chiamandolo “Padre”, nel quarto, Gesù parlando di sé dice “Io sono”, un termine che, nell’Antico Testamento, è riferito a Dio: “Io sono colui che sono” (Esodo 3,14).

Nei Vangeli, la festa di Pasqua, durante il ministero di Gesù, passa una sola volta, nel quarto viene richiamata in tre occasioni deducendone che il ministero di Gesù si sia svolto nel tempo di tre Pasque, mentre, secondo i vangeli sinottici nell’arco di un solo anno. È probabile, tuttavia che Giovanni dia un significato teologico alla Pasqua, infatti Giovanni anticipa la passione di Gesù di un giorno, rispetto agli altri vangeli, affinché la crocifissione coincida con il momento in cui gli ebrei scannavano l’agnello pasquale.

I vangeli sinottici parlano dell’ultima cena come una Cena pasquale, e questa non c’è in Giovanni che riporta, invece, la lavanda dei piedi.

Che Gesù sia crocifisso proprio mentre si uccidono gli agnelli per la Pasqua, significa che egli è davvero «L’agnello di Dio che toglie il peccato del mondo» come dice il Battista in 1,29. Solo Giovanni paragona Gesù all’agnello immolato, gli altri Vangeli, no!

Nel quarto vangelo mancano i seguenti episodi: il battesimo di Gesù; le tentazioni nel deserto; la confessione di Pietro che dice: «Tu sei il Cristo, il Figlio dell’Iddio vivente»; la trasfigurazione, l’agonia nel Getsemani, l’istituzione dell’ultima cena; il grido di abbandono sulla croce. I seguenti elementi sono contenuti solo in Giovanni: le nozze di Cana, il dialogo con Nicodemo, l’incontro con la donna samaritana, la risurrezione di Lazzaro, la lavanda dei piedi ai discepoli.

 

La struttura letteraria

Il quarto Vangelo è molto unito nella sua narrazione, l’autore rende coinvolgente e leggibile il suo racconto conducendo il lettore attraverso diverse tappe, permettendogli di sentirsi coinvolto nella storia e facendo leva sulle sue emozioni.

L’autore introduce il suo scritto con 18 versetti che sono la bussola che ci permette di orientarci attraverso tutto il Vangelo. Si tratta della chiave di lettura del Vangelo stesso.

Leggiamo il prologo in Giovanni 1,1-18

1Nel principio era la Parola, la Parola era con Dio, e la Parola era Dio. 2Essa era nel principio con Dio. 3Ogni cosa è stata fatta per mezzo di lei; e senza di lei neppure una delle cose fatte è stata fatta.

4In lei era la vita, e la vita era la luce degli uomini. 5La luce splende nelle tenebre, e le tenebre non l'hanno sopraffatta. 6Vi fu un uomo mandato da Dio, il cui nome era Giovanni. 7Egli venne come testimone per render testimonianza alla luce, affinché tutti credessero per mezzo di lui. 8Egli stesso non era la luce, ma venne per render testimonianza alla luce. 9La vera luce che illumina ogni uomo stava venendo nel mondo. 10Egli era nel mondo, e il mondo fu fatto per mezzo di lui, ma il mondo non l'ha conosciuto. 11È venuto in casa sua e i suoi non l'hanno ricevuto; 12ma a tutti quelli che l'hanno ricevuto egli ha dato il diritto di diventar figli di Dio: a quelli, cioè, che credono nel suo nome; 13i quali non sono nati da sangue, né da volontà di carne, né da volontà d'uomo, ma sono nati da Dio.

14E la Parola è diventata carne e ha abitato per un tempo fra di noi, piena di grazia e di verità; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre. 15Giovanni gli ha reso testimonianza, esclamando: «Era di lui che io dicevo: "Colui che viene dopo di me mi ha preceduto, perché era prima di me. 16Infatti, dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto grazia su grazia"». 17Poiché la legge è stata data per mezzo di Mosè; la grazia e la verità sono venute per mezzo di Gesù Cristo. 18Nessuno ha mai visto Dio; l'unigenito Dio, che è nel seno del Padre, è quello che l'ha fatto conoscere.

Questo brano ci informa sulla vera identità di Gesù e da dove egli proviene. Gesù è la Parola di Dio fin dal principio, quella Parola che Dio stesso pronunciò alle origini del mondo. Dunque Gesù è una figura divina responsabile dell’esistenza del mondo il quale mondo lo ha rifiutato. Ma a coloro che non lo rifiutano, la Parola di Dio dà «il diritto di diventare figli di Dio» (v. 12).

Così, il lettore sa fin dal primo versetto che Gesù è un essere divino, quindi non si sorprende quando compirà opere meravigliose.

Come essere divino ci aspetteremmo un coro di consensi, invece suscita un vespaio proprio presso le autorità religiose, anche loro sono sorpresi da frasi insolite: Gesù distruggerebbe l’intero Tempio per poi ricostruirlo in tre giorni (2,19); non dimostra sensibilità verso la legge, alcun rispetto per il sabato perché il «Padre» suo opera di sabato (5,17), pronuncia parole difficili da comprendere circa il mangiare il suo corpo e bere il suo sangue (6,56) tanto che anche i discepoli diranno «Questo parlare è duro, chi può ascoltarlo?» (6,60). Sarà da questo momento in poi che le divergenze si acuiranno e si comincerà a parlare della sua condanna a morte (7,1).

In effetti, già il prologo ci aveva detto che Gesù sarebbe stato rifiutato. Infatti, Gesù stesso interpreta l’unzione da parte di Maria di Betania come la preparazione alla sua sepoltura (12,7).

Dal capitolo 13 in avanti, la narrazione subisce una svolta; Gesù si ritira in privato, abbandona la sua missione tra le folle e conversa con i suoi discepoli. Qui lava i piedi ai discepoli, li prepara alla sua partenza; dice loro che sarà glorificato (13,32; 16,14), ma non li lascerà soli, orfani, invierà un Consolatore (14,16.26; 15,26; 16,7).

Gesù muore sulla croce e rende lo spirito (19,30). Il mondo lo schiaccia, lo spegne. Ma l’autore ci aveva ricordato prima le parole di Gesù «Io sono la risurrezione e la vita, chi crede in me non morirà mai» (11,25); l’autore ci aveva informati circa la risurrezione dell’amico Lazzaro; infatti ora Gesù risorge dalla tomba e appare per primo a Maria Maddalena che riceve l’incarico di annunciare la risurrezione di Gesù agli altri discepoli.

Il racconto termina con Gesù risorto che appare ai suoi discepoli. E a questo punto ci viene spiegato lo scopo per cui è stata scritta questa storia e cioè affinché giungiamo «a credere che Gesù è il Cristo, il figlio di Dio, e affinché, credendo, abbiamo vita nel suo nome» (20,31).

Dunque si tratta di una storia diversa dalle altre, non possiamo posare il libro e dire: «Però, è stato interessante». Dobbiamo decidere se la storia ci coinvolge oppure no, se sì allora “crediamo”. L’autore della narrazione vuole condurci ad incrociare la stessa strada sulla quale ha portato i personaggi del racconto, ci chiede di decidere se credere che Gesù sia veramente il Cristo il Figlio di Dio, oppure metterci dalla parte dei suoi oppositori.

 

Scopo, destinazione contesto storico e datazione

Leggiamo al cap. 20,30-31:

30Or Gesù fece in presenza dei discepoli molti altri segni miracolosi, che non sono scritti in questo libro; 31ma questi sono stati scritti, affinché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e affinché credendo, abbiate vita nel suo nome.

Lo scopo del Vangelo è qui esplicitato: far sorgere la fede nei lettori, la fede in Cristo il Messia. Dunque il Vangelo di Giovanni è un documento da utilizzare a scopo missionario, un documento che spingeva, quelli che ancora non avevano abbracciato la fede, a credere e coloro che erano credenti a continuare ad essere rafforzati nella fede.

La comunità giovannea è composta da ebrei, viveva una situazione particolare perché era stata esclusa dalla sinagoga.

Ciò si evince anche dal racconto della persona nata cieca del cap. 9 dove è narrato che le autorità giudaiche «cacciarono fuori» (9,34) la persona guarita dopo aver ascoltato due volte la sua testimonianza. I suoi genitori, per paura dei giudei non testimoniarono, «infatti i giudei avevano già stabilito che se uno avesse riconosciuto Gesù come Cristo sarebbe stato espulso dalla sinagoga» (9,22). Ciò, all’epoca di Gesù non è possibile, ma questo versetto suggerisce che si trattava della situazione che viveva la comunità giovannea. Il racconto in questione sembra indicare che vi era una lotta fra giudei che credevano che Gesù fosse il Messia e quelli che non lo credevano.

Alcuni giudei diventati cristiani continuavano a frequentare la sinagoga senza problemi, senza vedere incompatibilità alcuna con la vita e la prassi giudaica. I membri della sinagoga, però, a un certo punto, dopo aver accettato per lunghi anni i cristiani come una setta interna al giudaismo, decisero di espellerli. Vi era quindi tensione tra giudei e cristiani nella città in cui fu scritto il quarto Vangelo.

Sotto questa luce alcuni elementi del Vangelo di Giovani hanno senso. Per esempio, il Vangelo parla di «giudei» senza utilizzare l’espressione come qualifica etnica, ma è sempre un riferimento diretto agli oppositori di Gesù, quindi della chiesa giovannea. Il Vangelo contrappone Gesù a Mosè, per dimostrare che Gesù è superiore a Mosè:

Poiché la legge è stata data per mezzo di Mosè; la grazia e la verità sono venute per mezzo di Gesù Cristo (1,16-17).

Gesù disse loro: «In verità, in verità vi dico che non Mosè vi ha dato il pane che viene dal cielo, ma il Padre mio vi dà il vero pane che viene dal cielo (6,32).

Inoltre è chiarito nel Vangelo che Gesù, come inviato di Dio, gode di uno status divino, ma che comunque è subordinato al Padre. Si tratta di una risposta dell’evangelista alle accuse da parte dei capi giudaici che i cristiani credessero in due dèi: Gesù e il Padre.

Infine Nicodemo (cap. 3) potrebbe essere un esempio di come alcuni giudei si comportassero al tempo dell’evangelista. Essi erano segretamente cristiani o stavano seriamente pensando di aderire alla fede cristiana, ma lo facevano di notte, col favore delle tenebre.

Dunque l’evangelista ha voluto contribuire con il suo scritto ponendosi al servizio della sua comunità minacciata da quella giudaica.

L’evangelista mostra come Gesù fosse l’ultimo anello della tradizione mosaica, non la sua contraddizione. Il Vangelo, quindi, in primo luogo è rivolto ai cristiani e ha lo scopo di rafforzare la fede dei credenti nella lotta dovuta alla difficile situazione locale.

Gli studiosi ritengono che Giovanni non conosceva i Vangeli sinottici, ma solo alcune tradizioni orali e scritte che formarono gli ingredienti del suo Vangelo. Vi era già una fonte chiamata poi “fonte dei segni” che presentava una serie di miracoli di Gesù e altro materiale in forma storica che Giovanni usò riempendola però di discorsi e di testi narrativi.

La datazione del libro deve essere successiva alla distruzione del tempio di Gerusalemme del 70 d.C. Dopo questa data il giudaismo entrò in una crisi profonda di identità: cosa significava essere giudeo senza più tempio? I cristiani peggioravano questa crisi sostenendo che la distruzione del tempio da parte dei romani esprimesse il giudizio di Dio sul giudaismo (Giov. 2,13-22). Il libro va datato attorno al 90 d.C. se non oltre.

 

Pastore Giuseppe Ficara

Consacrato nel 1992, ha svolto il suo ministero nelle chiese di Riesi, Caltanissetta, Agrigento, Trapani e Marsala, Palermo.
Pastore a Luserna San Giovanni da Agosto 2013.

 

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