Culto domenicale:
ore 10,00 Tempio dei Bellonatti

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Lezione 4: Così estirperai il male da te

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Un nemico comune per rinsaldare i propri valori 

La violenza di una società contro le minoranze, gli emarginati, i «diversi», affonda spesso le sue radici nel bisogno di fondare una propria identità e sicurezza. Qui l'esistenza di persone che pensano e si comportano diversamente può costituire una minaccia per i propri valori, così, per rinsaldare l'unione della maggioranza e rafforzare la validità delle proprie leggi si  discriminano delle minoranze, si escludono gli emarginati e si costruisce un'immagine negativa del «nemico». Contro i nemici veri o presunti si starà «uniti», si starà «insieme» e si «rifletterà sui propri valori ... »

Questo modo di agire, che pone delle barriere e che assicura la propria identità, lo incontriamo spesso anche nella storia, nella letteratura e nella religione dell'antico Israele. La validità delle prescrizioni del culto, delle norme sociali e morali e delle strutture politiche viene spesso motivata col fatto che servono ad assicurare l'identità di Israele. 

Perciò non c'è da meravigliarsi che negli antichi testi veterotestamentari l'emarginato venga spesso considerato come colui che si sottrae alle regole della comunità, che le mette in pericolo e che perciò deve essere respinto o eliminato.

Si può pensare ad Acan che trasgredisce l'ordine del Signore e viene lapidato dalla comunità (Giosuè 7): 

20Acan rispose a Giosuè e disse: «È vero; ho peccato contro il Signore, il Dio d'Israele; ed ecco precisamente quello che ho fatto. 21 Ho visto fra le spoglie un bel mantello di Scinear, duecento sicli d'argento e una sbarra d'oro del peso di cinquanta sicli; ho desiderato quelle cose e le ho prese ...».

23 Essi presero quelle cose di mezzo alla tenda e le portarono a Giosuè e a tutti i figli d'Israele e le deposero davanti al Signore. 24 Giosuè e tutto Israele con lui presero Acan, figlio di Zerac, l'argento, il mantello, la sbarra d'oro, i suoi figli e le sue figlie, i suoi buoi, i suoi asini, le sue pecore, la sua tenda e tutto quello che gli apparteneva, e li fecero salire nella valle di Acor. 25 E Giosuè disse: «Così come ci hai causato una sventura, il Signore causerà una sventura a te in questo giorno!» E tutto Israele lo lapidò; e dopo aver lapidato gli altri, diedero tutti alle fiamme.

Il violatore del sabato (Numeri 15,32 ss.), 

32Mentre i figli d'Israele erano nel deserto, trovarono un uomo che raccoglieva legna in giorno di sabato. 33Quelli che lo avevano trovato a raccoglier legna lo portarono da Mosè, da Aaronne e davanti a tutta la comunità. 34Lo misero in prigione, perché non era ancora stato stabilito che cosa gli si dovesse fare. 35Il Signore disse a Mosè: «Quell'uomo deve essere messo a morte; tutta la comunità lo lapiderà fuori del campo». 36Tutta la comunità lo condusse fuori dal campo e lo lapidò; e quello morì, secondo l'ordine che il Signore aveva dato a Mosè.

La «ribellione di Core» (Numeri 16)

1Or Core, figlio di Isar, ... 2insorsero contro Mosè con duecentocinquanta Israeliti autorevoli nella comunità, membri del consiglio, uomini rinomati; 3e, radunatisi contro Mosè e contro Aaronne, dissero loro: «Basta! Tutta la comunità, tutti, dal primo all'ultimo, sono santi, e il Signore è in mezzo a loro; perché dunque vi mettete al di sopra dell'assemblea del Signore?». 4 Quando Mosè ebbe udito questo, si prostrò con la faccia a terra; 5 poi parlò a Core e a tutta la gente che era con lui, e disse: «Domani mattina il Signore farà conoscere chi è suo e chi è santo, e se lo farà avvicinare; farà avvicinare a sé colui che egli avrà scelto. (...)

31 Appena egli ebbe finito di pronunciare tutte queste parole, il suolo si spaccò sotto i piedi di quelli, 32la terra spalancò la sua bocca e li ingoiò: essi e le loro famiglie, con tutta la gente che apparteneva a Core e tutta la loro roba. 33 Scesero vivi nel soggiorno dei morti; la terra si richiuse su di loro, ed essi scomparvero dal mezzo dell'assemblea. 34 Tutto Israele che era intorno a loro fuggì alle loro grida; perché dicevano: «Che la terra non ingoi anche noi!» 35 Un fuoco uscì dalla presenza del Signore e divorò i duecentocinquanta uomini che offrivano l'incenso.

Vi sono, nell'Antico Testamento, numerose prescrizioni nelle quali si impone l'eliminazione del comportamento errato. Quella linea di violenza dell'Antico Testamento, nel Deuteronomio viene concettualizzata con la formula ricorrente: 

«Così estirperai il male da te! » (Deut. 13,5) 

Oggi questa è la mentalità che sta dietro all'invocazione della pena di morte, ogni volta che si deve provare la propria onestà reclamando l'eliminazione del male. Si tratta di una sorta di «derattizzazione».

L'Antico Testamento esprime la tendenza umana all'eliminazione di ciò che è ripugnante, all'odio e alla vendetta, ma non si ferma qui!

Il Salmo 137 è uno dei cantici più belli e più delicati di tutto il libro dei Salmi: si riferisce alla condizione dei deportati in esilio a Babilonia e descrive il rapporto storico, religioso, ma soprattutto affettivo di Israele con Gerusalemme e con Sion. 

1Là, presso i fiumi di Babilonia, sedevamo e piangevamo ricordandoci di Sion.

2Ai salici delle sponde avevamo appeso le nostre cetre.

3Là ci chiedevano delle canzoni quelli che ci avevano deportati,

dei canti di gioia quelli che ci opprimevano, dicendo:

«Cantateci canzoni di Sion!»

4Come potremmo cantare i canti del Signore in terra straniera?

5Se ti dimentico, Gerusalemme, si paralizzi la mia destra;

6resti la mia lingua attaccata al palato, se io non mi ricordo di te,

se non metto Gerusalemme al di sopra di ogni mia gioia.

Ma il Salmo non termina con queste parole; termina con crudeli desideri di vendetta: 

7Ricòrdati, Signore, dei figli di Edom, che nel giorno di Gerusalemme

dicevano: «Spianatela, spianatela, fin dalle fondamenta!»

8Figlia di Babilonia, che devi essere distrutta,

beato chi ti darà la retribuzione del male che ci hai fatto!

9 Beato chi afferrerà i tuoi bambini e li sbatterà contro la roccia! 

Il desiderio di vendetta e l'odio contro gli avversari, nell'Antico Testamento non compaiono come norma, ma come modo di comportamento; l'odio e la vendetta devono sempre essere superati dalla linea della solidarietà e dell'amore, che nella Bibbia appare la più forte. Il superamento della violenza comincia nell'ammettere onestamente che l'odio quando è represso non può essere superato. Ammettere l'esistenza dell'odio e del desiderio di vendetta è il primo passo per il loro superamento definitivo. Per questo non vengono taciuti nei Salmi e altrove.

Inoltre, quest'odio, che non è odio cieco, ma odio rivolto contro una cattiva situazione, è un modo per esprimere tutta la propria avversione dell'ingiustizia

Il grido di vendetta dell'Antico Testamento viene considerato superato dalla teologia cristiana odierna, ma tuttavia dobbiamo farci questa domanda: oggi, l'odio e la vendetta sono superati o sono solamente rimossi e continuano a vivere segretamente? Nella nostra società, l'odio, la vendetta e l'idea della distruzione compaiono innanzitutto come protesta contro l'ingiustizia? 

Oggi, spesso, si aggiunge anche l'odio contro le vittime dell'ingiustizia. Il discorso dell'Antico Testamento sull'odio e sulla vendetta non è l'ultima parola. In realtà l'Antico Testamento, che usa l'aggressione e l'odio contro l'ingiustizia, allo stesso tempo sostiene che l'odio e la vendetta non sono l'ultima parola, ma la prima parola sincera a cui ne seguono altre.

 

Abbiamo parlato dell'eliminazione dell'emarginato. In Israele, avviene una evoluzione: la tendenza ad eliminare colui che si era sottratto alle regole della comunità, viene progressivamente corretta e verrà dimostrato che, invece, saranno molti singoli individui che, con la loro fede, manterranno viva l'identità d'Israele, contro la maggioranza.

Vengono presi in considerazione i singoli individui perseguitati e sofferenti, come GeremiaGiobbe e, infine, il servo sofferente di Dio di cui si parla in Isaia 53. Sta accadendo che l'Antico Testamento sostituisce quella linea che cerca l'identità e la sicurezza mediante l'eliminazione dei diversi, con un'altra linea che conosce la verità nel dubbiola propria identità nell'esperienza dell'esclusionela difesa nella resistenza.

Già l'Antico Testamento esprime la speranza di una conciliazione di queste due linee, al di là del falso problema se la virtù stia nella collettività o sempre soltanto nel singolo individuo, mediante l'accenno a colui che è veramente il singolo e veramente l'umanità: perché il discorso del figlio di Dio non intende altro che questo. 

«Ama il tuo prossimo perché è come te!» 

Nella Bibbia ebraica si parla spesso con franchezza sconcertante di violenza, odio, vendetta e guerra come di elementi normali del comportamento umano. Questa franchezza realistica con cui l’essere umano è visto nell'Antico Testamento costituisce il fondamento della profonda umanità contenuta nel comandamento dell'amore per il prossimo. 

«Amerai il prossimo tuo come te stesso!» (Levitico 19,18). 

Martin Buber traduce così questo testo:

«Ama il tuo prossimo, poiché è come te!». 

Questa massima è fondamentale e pone come suo fondamento il rapporto tra gli umani con tutte le loro virtù e debolezze.

«L'altro potrei essere anche io (opp.: sono anche io» - questo è il fondamento dell'amore del prossimo.

Questa valutazione si sviluppa nell'Antico Testamento nel comportamento richiesto di fronte ai deboli: 

Non opprimere lo straniero: voi conoscete l'animo dello straniero, perché siete stati stranieri nel paese d'Egitto (Esodo 23,9). 

Si tratta di solidarietà che viene dall'esperienza comune: l'altro, sono anche io.  L'Antico Testamento considera l'essere umano in modo reale e franco, senza di ciò tale solidarietà resterebbe astratta. Il comandamento dell'amore per il prossimo diventa significativo per il fatto che si riferisce all'essere umano reale e non a come dovrebbe essere. Eppure il Sermone sul Monte giudicherà questa solidarietà troppo limitata. Gesù la porta alle estreme conseguenze con il comandamento dell'amore per il nemico (Matteo 5,44-45): 

Ma io vi dico: amate i vostri nemici, [benedite coloro che vi maledicono, fate del bene a quelli che vi odiano,] e pregate per quelli [che vi maltrattano e] che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; poiché egli fa levare il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. 

L'etica dell'Antico Testamento è certo limitata perché interna ad un processo che fa il suo percorso storico, tuttavia è reale, non si riduce a pure espressioni verbali come spesso accade a chi si rifà all'etica del Nuovo Testamento.

 

Pastore Giuseppe Ficara

Consacrato nel 1992, ha svolto il suo ministero nelle chiese di Riesi, Caltanissetta, Agrigento, Trapani e Marsala, Palermo.
Pastore a Luserna San Giovanni da Agosto 2013.

 

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