Culto domenicale:
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Lezione 8 - L'universalizzazione del comandamento dell'amore

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Nel Libro del Levitico (19,18) leggiamo un noto versetto:

«Amerai il prossimo tuo come te stesso».

Martin Buber, teologo ebreo, traduce così lo stesso versetto: «Ama il prossimo tuo perché è come te», questo versetto racchiude tutta l'etica della Bibbia ebraica e viene ripreso dal Nuovo Testamento e reso più radicale da Gesù:

«43 Voi avete udito che fu detto: "Ama il tuo prossimo e odia il tuo nemico".
44Ma io vi dico: amate i vostri nemici, [benedite coloro che vi maledicono, fate del bene a quelli che vi odiano,] e pregate per quelli [che vi maltrattano e] che vi perseguitano,
45affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; poiché egli fa levare il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti.
46Se infatti amate quelli che vi amano, che premio ne avete? Non fanno lo stesso anche i pubblicani?
47E se salutate soltanto i vostri fratelli, che fate di straordinario? Non fanno anche i pagani altrettanto?
48Voi dunque siate perfetti, come è perfetto il Padre vostro celeste»
(Matteo 5,43-48).

Gesù riprende il comandamento dell'amore riferito nell'Antico Testamento, ma in verità, qui non si trova traccia del comandamento di odiare il nemico. È probabile che Matteo facesse riferimento a quella tradizione morale, che si era affermata presso gli Esseni a Qumran, che comportava l'odio per i nemici. È probabile che si tratti di una deformazione dell'insegnamento dell'Antico Testamento stesso.

Gesù riprendendo l'insegnamento veterotestamentario e quello degli Esseni, innalza il comandamento e gli dà una nuova dimensione, allo stesso tempo radicale e universale.

Questa nuova dimensione che Gesù dà al comandamento dell'amore è evidente quando risponde alla domanda sul "gran comandamento" citando due versetti della Torah:

28 Uno degli scribi che li aveva uditi discutere, visto che egli aveva risposto bene, si avvicinò e gli domandò: «Qual è il più importante di tutti i comandamenti?»
29 Gesù rispose: «Il primo è: "Ascolta, Israele: Il Signore, nostro Dio, è l'unico Signore:
30 Ama dunque il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta l'anima tua, con tutta la mente tua, e con tutta la forza tua".
31Il secondo è questo: "Ama il tuo prossimo come te stesso". Non c'è nessun altro comandamento maggiore di questi»
(Marco 12,28-31).

Tu amerai dunque il Signore, il tuo Dio, con tutto il cuore, con tutta l'anima tua e con tutte le tue forze (Deuteronomio 6,5).

«Amerai il prossimo tuo come te stesso» (Levitico 19,18).

Gesù associa per la prima volta l'amore per Dio all'amore per il prossimo. Nel Vangelo di Luca, alla domanda dei dottori della legge «E chi è il mio prossimo?», Gesù risponde con la parabola del buon Samaritano (Luca 10,30-37). In questa parabola Gesù rende vana ogni possibilità di definire il prossimo attraverso criteri etnici, religiosi, politici o relativi alla sua vicinanza o lontananza. Gesù modifica la domanda e non risponde a quella di: Chi è il mio prossimo?, ma risponde alla domanda: «Di chi sono io il prossimo?». Ciò che accade è che la domanda è posta in forma astratta, mentre Gesù risponde in modo concreto.

Gesù intende sottolineare che persone apparentemente vicine (quelle dello stesso popolo, della stessa comunità religiosa o dello stesso gruppo politico) si rivelano invece lontane; persone apparentemente lontane, addirittura nemiche come il Samaritano della parabola, possono rivelarsi vicine.

Gesù toglie ogni criterio da adottareper classificare le persone come prossimo oppure come nemiche; l'amore per il nemico è conseguenza di ciò. Anzi, l'amore per il nemico come disposizione d'animo non coglie neppure il senso del comandamento dell'amore il per prossimo perché non si tratta di amare il nemico lasciando che esso resti nemico, ma di amarlo non trattandolo più da nemico. L'amore per il nemico resta una distorsione se non vengono abolite le categorie nemico-amico.

Per Gesù, il prossimo non è una persona astratta, ma una persona concreta e particolare, l'amore per il nemico è amore per il prossimo, «anche il nemico è mio prossimo; io stesso posso essere prossimo del mio nemico, quell'altro posso essere io». Gesù stesso non ha mai difeso delle idee astratte, ma delle persone. Perfino nel classico testo di Marco 10 in cui si dice che Gesù sia contro il divorzio, in realtà egli sta difendendo le donne che venivano ripudiate dai loro mariti. Gesù, in questo caso non intende difendere l'istituzione del matrimonio, ma le donne dalle stramberie dei loro mariti. 

Ci rendiamo conto di quante volte, nella storia del cristianesimo, il rapporto tra la concretezza del prossimo e l'amore, è venuto meno. Quando al posto di esseri umani vengono salvaguardate idee e principi astratti, quando cioè un fine non si rispecchia più nel rapporto tra persone concrete, allora i fini si allontanano dai mezzi e le idee dalla prassi. Si tratta di una falsa universalizzazione che ha portato a regimi totalitari in nome del «bene comune».

Invece, l'etica del Nuovo Testamento mantiene fermo il rapporto tra fine e mezzi nell'imperativo della rinuncia alla violenza.

Ovviamente, benché il Nuovo Testamento concretizzi il comandamento dell'amore e la rinuncia alla violenza nella vita privata, tuttavia esso intende sottolineare una coerenza dell'etica sia nel privato che nel sociale. Non ci sono cioè due sfere, norme diverse per il privato e per il sociale. In realtà l'etica cristiana è un'etica comunitaria, che si esercita e si esprime comunitariamente.

 

Pastore Giuseppe Ficara

Consacrato nel 1992, ha svolto il suo ministero nelle chiese di Riesi, Caltanissetta, Agrigento, Trapani e Marsala, Palermo.
Pastore a Luserna San Giovanni da Agosto 2013.

 

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