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Mercoledì, 10 Maggio 2017 17:38

Sermone di domenica 7 maggio 2017 (Giovanni 16,16-23a)

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Testo della predicazione: Giovanni 16,16-23a

«Tra poco non mi vedrete più; e tra un altro poco mi vedrete [perché vado al Padre]». Allora alcuni dei suoi discepoli dissero tra di loro: «Che cos'è questo che ci dice: "Tra poco non mi vedrete più"; e: "Tra un altro poco mi vedrete"; e: "Perché vado al Padre"?». Dicevano dunque: «Che cos'è questo "tra poco" che egli dice? Noi non sappiamo quello che egli voglia dire». Gesù comprese che volevano interrogarlo, e disse loro: «Voi vi domandate l'un l'altro che cosa significano quelle mie parole: "Tra poco non mi vedrete più", e: "Tra un altro poco mi vedrete"? In verità, in verità vi dico che voi piangerete e farete cordoglio, e il mondo si rallegrerà. Sarete rattristati, ma la vostra tristezza sarà cambiata in gioia. La donna, quando partorisce, prova dolore, perché è venuta la sua ora; ma quando ha dato alla luce il bambino, non si ricorda più dell'angoscia per la gioia che sia venuta al mondo una creatura umana. Così anche voi siete ora nel dolore; ma io vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno vi toglierà la vostra gioia. In quel giorno non mi rivolgerete alcuna domanda».

Sermone

Cari fratelli e care sorelle, Gesù annuncia la sua morte, ma anche la sua risurrezione. Annuncia il sopravvento della morte che però sarà sconfitta con la morte stessa. Una sorta di autodistruzione, di auto-goal. La vittoria della morte, la croce, diventa vittoria sulla morte. Perché la morte della morte genera la vita.

Questo è accaduto sulla croce: Dio ha risuscitato Gesù, e la sua risurrezione, il suo tornare in vita, diventa vita per tutti: è speranza contro il sopravvento del male, dell’abisso, del nulla, dell’annientamento. Dunque, la risurrezione è la fine della paura, delle nostre angosce ancestrali; la fine del dolore, della sofferenza, della tristezza; la fine delle lacrime. Per questo Gesù dice: «La vostra tristezza sarà cambiata in gioia». Gesù parla della sua risurrezione che cambia la nostra vita di oggi rendendola gioiosa.

Intanto, però, Gesù annuncia la sua morte, la sua partenza, che, per i discepoli, è l’infrangersi di tutte le speranze, il commiato dal sogno che aveva reso possibile il loro essere uniti nell’annuncio che era davvero possibile che l’umanità intera cambiasse. Forse poteva sembrare un’utopia, ma Gesù con i suoi segni e il suo messaggio, la rendeva sempre più concreta quella realtà dove tutti avevano il loro posto, nessuno era allontanato, discriminato, aggredito perché malato, straniero, povero, diverso, donna o bambino reputati gli ultimi. Tutto ciò diventava sempre più vero, più concreto, realizzabile.

Il sogno cominciava a diventare realtà e proprio quando questo sarebbe accaduto in breve, Gesù annuncia il contrario, la fine di tutto. La sua morte, era anche la morte del sogno? Per i discepoli, sì, lo era. Sì, perché su Gesù erano rivolti i loro occhi, riposte le risposte alle loro domande, ma anche il cuore, la mente, i sentimenti e le trepidazioni.

«Tra poco non mi vedrete più… e voi piangerete».

Che annuncio agghiacciante, tremendo!

Ti crolla il mondo addosso. E TU CHE FAI?

Ti fai delle domande? Con quali risposte?

Giuda si è suicidato per questo!

Tradire chi ti ha illuso per così tanto tempo sarebbe il minimo; rinnegare chi ti costruisce i sogni e poi te li demolisce non è degno di te!

Ma il disorientamento dei discepoli equivale anche alla certezza che, lontano da Gesù, essi non avrebbero mai trovato il loro posto e quella verità autentica che Gesù affermava. Tornare a pescare come prima di diventare discepoli non metterà le cose a posto e non risponderà alle loro domande. Tornare indietro non è possibile. Così, Simon Pietro affermerà: «Signore, da chi andremo? Solo tu hai parole di vita eterna» (Giov. 6,68).

Ciò che i discepoli comprendono è che la fiducia nel loro Maestro non sarà tradita. I discepoli, e con loro anche noi, siamo chiamati a capire che tutto quello che accade nella vita è parte della nostra storia di vita, che non cancellerà mai la speranza dal nostro cuore, né dai nostri occhi, né dalle nostre labbra, anche quando saremo testimoni di morti terribili e di vicende disumane che ci farebbero gridare «perché?» e rinnegare l’artefice dei nostri sogni.

Gesù spiega che è già stato pronunciato un giudizio nei confronti del male e di ciò che produce dolore, sofferenza, oppressione, schiavitù. La morte di Gesù sarà l’esecuzione di tale giudizio, dopo il quale ci sarà la vittoria, l’esultanza, la gioia.

Sarà come la donna che deve partorire un bimbo, ciò accadrà con dolore, con le doglie del parto; affinché il bimbo viva deve venire alla luce, non può restare nel grembo della madre, dove, semmai, lo attenderebbe la morte! Gesù annuncia le doglie che anticipano la gioia, la tristezza che sarà il preludio dell’allegria e del giubilo.

È necessario capire che, quella del mondo, è anche la nostra natura, ribelle e incline al male; non sempre le cose vanno come noi vorremmo per concludersi nella gioia. Siamo come la mosca al vetro della finestra, essa vede solo un’unica uscita senza via d’uscita e si ostina a restare là contro il vetro.

I nostri rinnegamenti e la nostra infedeltà nascono dalle nostre convinzioni errate circa la vita, gli altri, il mondo e Dio stesso. Gesù, invece ci chiama a porci al suo seguito, coscienti che abbiamo bisogno del suo perdono e del suo amore. Un amore che solo sulla croce possiamo scoprire come incommensurabile; un perdono che possiamo capire come autentico perché egli, colui che ha ricevuto una condanna ingiusta, non ha annientare il suo carnefice, ma lo ha perdonato.

È di questo amore che parla Gesù, un amore impotente perché non s’impone con la forza, ma capace di cambiare tutto il male del mendo in bene. Perciò siamo invitati a gioire, perché c’è speranza per noi, per il mondo, per tutti: speranza di libertà dalla morte che annienta il nostro futuro e il nostro orizzonte, libertà dall’oppressione del nostro senso di colpa perché il perdono non dipende da noi, ma dalla gratuità della grazia e dell’amore di Dio; libertà dalle paure ataviche che ci condannano alla tristezza, ma che ci è dato di superare perché il nostro destino è tracciato da Dio stesso che ci permette di percorrere un cammino di riconoscenza.

La sua morte, quella che Gesù annuncia ai suoi discepoli che saranno colpiti da tristezza, in realtà è la gratuità del perdono e dell’amore di Dio; Gesù annuncia che le nuvole nere che ci stanno davanti non sono altro che una massa d’acqua che svanisce dopo la pioggia.

Gioiamo dunque, semplicemente; senza porre ulteriori domande, non perché abbiamo smesso di ricercare o di pensare, ma perché di fronte a tanta gratuità e a tanto perdono non possiamo che restare senza parole. Amen!

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Pastore Giuseppe Ficara

Consacrato nel 1992, ha svolto il suo ministero nelle chiese di Riesi, Caltanissetta, Agrigento, Trapani e Marsala, Palermo.
Pastore a Luserna San Giovanni da Agosto 2013.

 

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