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Lezione 2 - Lutero, il servo arbitrio

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Pelagio e Agostino

Siamo nel V secolo, Agostino è vescovo africano Pelagio, monaco inglese. Pelagio, dà importanza alla responsabilità e al ruolo della libertà del cristiano, svuota così di significato l'elezione, la predestinazione e la grazia stessa. Per Pelagio l'uomo sarebbe capace di operare il bene e riconosce alla natura umana una concezione ottimistica, per lui la predestinazione si riduce al fatto che Dio conosce anticipatamente i meriti che ognuno potrà vantare per garantirsi la salvezza. La maggiore delle grazie che Dio ha dato, è per lui il libero arbitrio.

Agostino prende posizione contro le tesi di Pelagio e afferma:

- che il peccato è e rimarrà una realtà definitiva dell'essere umano;

- che la salvezza è data soltanto per i meriti di Cristo e non quelli umani;

- che la grazia di Dio è data senza condizioni, senza, cioè, meriti;

- che l'amore di Dio è rivolto all'umanità gratuitamente e senza meriti;

- che Dio ha scelto noi, nel suo amore infinito, prima che noi avessimo la fede.

Agostino era molto paolino, anche se ne rivede la teologia. In Paolo, la predestinazione era un protendersi verso il futuro della fede, ora diventa una questione teologica, non più una espressione della fede che riguarda la comunità dei credenti che vive e cammina verso il Regno di Dio attraverso le prove e la sua testimonianza, ma una questione che riguarda Dio in sé; una espressione di speranza diventa espressione di una volontà divina astratta; non è più messaggio, ma dottrina.

Da annuncio di grazia, la predestinazione diventa oggetto di speculazione.

Gli scolastici

Ufficialmente la chiesa riconobbe le idee pelagiane come eretiche, e anche se le idee agostiniane avevano vinto, tuttavia il popolo visse la sua fede in modo pelagiano, si preoccupò cioè di trovare delle garanzie per la propria salvezza attraverso i meriti. Credere diventò sempre più sinonimo di accettare definizioni teologiche, dogmi, verità astratte.

Per la scolastica l'interesse della dottrina della predestinazione si concentrò su due punti: sulla relazione fra la prescienza di Dio su tutto ciò che accade e libera volontà dell'uomo.

Tommaso d'Aquino accoglie il merito come presupposto predeterminato per la beatitudine eterna.

Ad un certo punto ci si rende conto di una schizofrenia teologica fra la volontà di Dio assoluta, inconoscibile e le opere dell'uomo. Ciò ebbe come conseguenza che la predestinazione sparì dalla coscienza della chiesa e si ridusse a pura speculazione filosofica.

Dopo essere stata un messaggio di grazia, la predestinazione diventò con Agostino un problema di riflessione, poi filosofia pura, una sorta di meccanismo incomprensibile senza nessun collegamento con la vita e la fede. Bisognerà attendere il XVI secolo che riprenderà il problema attraverso la Riforma protestante.

Il servo arbitrio

Agli inizi del XVI secolo il tema della predestinazione torna in primo piano e sono i riformatori protestanti a riproporlo.

Zwingli

Zwingli appare il più tradizionale. Secondo lui, Dio determina ogni cosa che accade e attua ogni cosa in base alla sua prescienza. La predestinazione è rivelazione della bontà di Dio e diventa realtà per gli eletti nel sacrificio di Cristo. La fede è solo conseguenza dell'elezione, però vi può anche essere elezione senza fede. Come?

Zwingli risponde che possono esserci uomini predestinati che non giungeranno mai a saperlo. Zwingli fa l'esempio dei filosofi pre-cristiani, grandi moralisti, e domanda perché mai dovrebbero essere tutti dannati. Piuttosto preferisce credere che potrebbero essere stati predestinati al Regno senza averlo conosciuto.

Ovviamente questa argomentazione demoliva dalle fondamenta il sistema sacramentale cattolico. Se l'elezione è indipendente dalla fede questo significa che la risposta dell'uomo non può condizionare Dio e le opere non possono ottenere la grazia. La chiesa non ha dunque potere sacramentale, non dispone della grazia e i sacramenti sono simboli della grazia, non strumenti per comunicarla.

Dunque per Zwingli la fede non è garanzia di elezione, ma solo conseguenza.

Lutero

Lutero affronta il problema in modo del tutto diverso. Per lui, la predestinazione è molto più che una dottrina, è una verità vissuta concretamente nella propria esistenza. Lutero, partendo dal suo dramma interiore relativo alla salvezza e alla coscienza del proprio peccato, attua una grande revisione della teologia cristiana.

La riflessione parte da una dibattito aperto da Erasmo, esponente cattolico della cultura umanista, che interviene nel 1525 con uno scritto sul problema della salvezza per fede o per opere prendendo posizione contro le tesi di Lutero. Nel suo trattato sul tema del "libero arbitrio"  egli afferma che la volontà dell'uomo, viziata dal peccato originale, può essere opportunamente orientata in modo da poter fare il bene; la grazia di Dio aiuta a portare a buon fine l'azione umana. Sostiene che nella Bibbia, Dio si rivolge a noi con esortazioni e divieti invitandoci a compiere la sua volontà; se ne deve dedurre che siamo in grado di compierla.

Così si esprime Erasmo:

Il ruolo dell'uomo è quello di pregare Dio con assiduità onde ci accordi il suo Spirito e ne accresca l'influsso in noi; rendergli grazie se abbiamo potuto fare qualcosa di bene, adorare in tutto la sua potenza, ammirare la sua grandezza e amare ovunque la sua bontà.. Ma quando sento dire che il merito umano è talmente nullo che tutte le opere, anche quelle della gente per bene, non sono altro che peccato, che la nostra volontà non può nulla di più di quel che può l'argilla nelle mani del vasaio... il mio spirito prova grande inquietudine. Come si può parlare così spesso di ricompensa se non c'è merito? Perché comparire davanti al giudice supremo se tutto si compie in noi per pura necessità e non già secondo il nostro libero arbitrio?

Lutero risponde che l'uomo che ci propone Erasmo, quell'individuo ragionevole che sceglie tra il bene e il male è un mito, un sogno. Lutero afferma che la condizione umana non è la libertà di scegliere, è la schiavitù del peccato.

Ciò di cui l'uomo ha bisogno non è l'aiuto a fare il bene, ma è la liberazione dal peccato. L'uomo è in partenza determinato dalla sua natura peccatrice, non ha arbitrio, possibilità di scelta, ma solo impotenza a fare il bene e volontà a fare il male. Scrive Lutero:

Noi parliamo di un solo arbitrio che presso tutti gli uomini è sempre impotente, non è altro che terra e, come terra, si indurisce sempre di più e diventa sempre più irta di spine, così il libero arbitrio diventa sempre peggiore sia che lo indurisca la clemenza del sole, sia che lo rammollisca una burrasca di pioggia... Insomma siamo sotto il dominio del dio di questo mondo e senza il soccorso e lo Spirito di Dio vero siamo tenuti da lui prigionieri...

Facciamo così il volere si Satana di nostra volontà e di buon grado..., ma se sopravviene Uno più forte che vince Satana e ci porta via da noi siamo di nuovo servi ma per lo Spirito e in modo tale che facciamo volentieri ciò che il vincitore vuole.

Tutto ciò è molto paradossale, ma è molto luterano. Il problema per l'uomo non è, dunque, fare scelte oculate, ma essere salvato. Il credente non è un uomo libero aiutato a esercitare con saggezza il proprio discernimento, ma è un uomo liberato dalla schiavitù del peccato. Cosa è infatti la salvezza? È forse un miglioramento della nostra condizione umana? No affatto, è un accogliere l'annunzio della salvezza compiuta unicamente da Cristo e da nessun altro. Paolo afferma, in Romani 3, che «noi siamo salvati senza le opere della legge». Perciò Lutero scrive:

Questa piccola parola «senza»... sopprime le opere moralmente buone, la giustizia morale, ogni preparazione alla grazia...

Non c'è merito... tutti quelli che sono giustificati lo sono gratuitamente e ciò deve essere attribuito alla sola grazia di Dio.

Se la giustizia è data gratuitamente, il Regno di Dio e la vita eterna sono anche dati gratuitamente. Dov'è dunque lo sforzo? Dove lo zelo? Dove le opere del libero arbitrio?

Lutero non parla esplicitamente di predestinazione, ma si muove sul confronto Legge-Evangelo che è un pensiero di tipo predestinario. In un caso però, il termine compare sotto la sua penna, egli parla di onnipotenza e prescienza di Dio esprimendo la sua visione della predestinazione.  Per Lutero, Dio è potere assoluto, è lui che decide il destino dell'uomo e sa cosa contiene il futuro, non nel senso che prevede quello che farà l'uomo, ma nel senso che lo vuole. Questa immagine di Dio come essere onnipotente la cui volontà è decreto assoluto e insindacabile non è tipica della teologia luterana, fa parte della teologia tradizionale agostiniana.

Questa volontà non bisogna indagarla, ma adorarla con timore e tremore, come il mistero più venerabile della maestà divina, mistero riservato a Dio solo e interdetto agli uomini.

Lutero però modifica la teologia tradizionale quando contrappone alla volontà assoluta di Dio non l'impegno dell'uomo, ma Gesù Cristo.

Non si deve cominciare a discutere riguardo alla segreta volontà della maestà...

La ragione non si deve occupare a sondare questi misteri...

Si occupi invece del Dio incarnato o, per parlare come Paolo, del Cristo crocifisso.

La predestinazione sottolinea agli occhi di Lutero un solo concetto: Dio agisce nella sua piena libertà e noi non ne possiamo disporre, non solo non ne dispone l'istituzione ecclesiastica, ma neppure il singolo credente con tutto il suo impegno di fede e vita. Non possiamo determinare Dio con le nostre azioni, è lui che ci determina con la sua azione, ma la sua azione non è un mistero, è il dono di Gesù Cristo. Lutero sintetizza così il suo pensiero:

Non vorrei che mi fosse dato il libero arbitrio o che a mia disposizione fosse lasciato alcunché, con cui poter tendere alla salvezza, non solo perché non avrei la capacità di resistere e conservarlo, ma perché io sarei costretto a travagliarmi continuamente nell'incertezza: infatti la mia coscienza mai potrebbe conseguire una tranquilla certezza di quanto dovesse fare per soddisfare Dio...

Ma ora, poiché Dio ha assunto su di sé la mia salvezza, escludendola dal mio arbitrio, e ha promesso di salvarmi non a motivo delle mie opere, ma per la sua grazia e misericordia, io sono tranquillo e sicuro che Egli mi sarà fedele e non mentirà. Nessuna avversità potrà piegarlo a strapparmi a Lui.

Per la forza del libero arbitrio non sarebbe preservato nessuno, ma saremmo tutti dannati, dal primo all'ultimo. Noi siamo dunque tranquilli e sicuri di piacere a Dio, non per merito delle nostre opere, ma per il favore della misericordia da Lui promessaci, e, anche se avremo fatto meno del dovuto o agito male, siamo certi che Egli non ci imputerà questo, ma ci perdonerà e correggerà paternamente.

Lutero non approfondì ulteriormente il tema della predestinazione. La sua fede trovò piena espressione in una serena fiducia nell'opera di Cristo e nella sua misericordia; la sovranità di Dio diventò per lui una pacata certezza di salvezza nella comunione con il Signore.

 

Pastore Giuseppe Ficara

Consacrato nel 1992, ha svolto il suo ministero nelle chiese di Riesi, Caltanissetta, Agrigento, Trapani e Marsala, Palermo.
Pastore a Luserna San Giovanni da Agosto 2013.

 

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