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Lezione 1 - L'Antico Testamento e la morte

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Il tema della Risurrezione deve essere concepito all’interno della teologia della Speranza che rientra nell’ambito dell’escatologia, cioè l’attesa degli ultimi giorni. Il tema dell’escatologia, dunque, pone al centro della vita cristiana l’attesa del Regno di Dio. Il cristiano è una persona che ha “speranza”, nei confronti del male e della morte.

L’apostolo Paolo scrive:

Cristo morì per i nostri peccati, secondo le Scritture;
fu seppellito, è stato risuscitato il terzo giorno, secondo le Scritture»
(I Corinzi 15,13-14)

L’apostolo fa riferimento alla consapevolezza di una visione ebraica tardiva concepita dopo il ritorno dall’esilio in Babilonia. Così, la risurrezione compare di rado nell’Antico Testamento, ed è assente nei popoli pagani.

Da ricordare che la risurrezione non fa parte della speranza pagana, ma unicamente del mondo ebraico. Essa, nell’A.T. appare di rado, tuttavia si distinguono tre fasi che hanno caratterizzato la convinzione circa la vita dopo la morte.

  1. Nel primo periodo vi era nessuna o poca speranza di una vita di gioia e di beatitudine dopo la morte.
  2. In un secondo periodo si cominciò a considerare il fatto che l’amore e la potenza di Dio erano talmente grandi che il rapporto con Dio nel presente non poteva essere spezzato neppure dalla morte.
  3. In un terzo tempo apparve l’idea, del tutto nuova, che i morti sarebbero risorti.

Spesso i teologi si sono domandati come mai l’A.T. dicesse così poco circa la vita dopo la morte per scoprire che un tale interesse si trovava solo nelle concezioni pagane del mondo come, per esempio, quella egizia, ma non tra gli ebrei.

Esaminiamo alcuni testi biblici:

Poiché nella morte non c'è memoria di te;
chi ti celebrerà nel soggiorno dei morti?
(Salmo 6,5)

Non sono i morti che lodano il Signore,
né alcuno di quelli che scendono nella tomba.
(Salmo 115,17)

Mangerai il pane con il sudore del tuo volto, finché tu ritorni nella terra da cui fosti tratto; perché sei polvere e in polvere ritornerai. (Genesi 3,19)

«Che profitto avrai dal mio sangue s'io scendo nella tomba?
Potrebbe la polvere celebrarti, predicare la tua verità?»
(Salmo 30,9)

3 L'anima mia è sazia di mali e la mia vita è vicina al soggiorno dei morti. 4 Io sono contato tra quelli che scendono nella tomba; sono come un uomo che non ha più forza. 5 Sto disteso fra i morti, come gli uccisi che giacciono nella tomba, di cui non ti ricordi più, e che la tua mano ha abbandonato. 6 Tu mi hai messo nella fossa più profonda, in luoghi tenebrosi, negli abissi. 7 L'ira tua pesa su di me, tu mi hai travolto con tutti i tuoi flutti. […] 10 Farai forse qualche miracolo per i morti? I defunti potranno risorgere a celebrarti? 11 La tua bontà sarà narrata nel sepolcro? O la tua fedeltà nel luogo della distruzione? 12 Le tue meraviglie saranno forse conosciute nelle tenebre, e la tua giustizia, nella terra dell'oblìo? (Salmo 88,3-7. 10-12)

13 Ora giacerei tranquillo, dormirei, e avrei così riposo 14 con i re e con i consiglieri della terra […] 17 Là cessano gli empi di tormentare gli altri. Là riposano gli stanchi, 18 là i prigionieri hanno pace tutti insieme, senza udir voce d'aguzzino. 19 Piccoli e grandi sono là insieme, lo schiavo è libero dal suo padrone. (Giobbe 3,13-14. 17-19)

Termini come Sheol, Abaddon, la fossa, la tomba, indicano un luogo di tristezza dove non si può più godere della vita e dove perfino la presenza di Dio è scomparsa. È un deserto, un luogo di polvere a cui sono tornate le creature fatte di polvere. Dormono.

Ma addormentarsi non è solo un modo per dire che qualcuno è morto.

Davide si addormentò con i suoi padri, e fu sepolto nella città di Davide (I Re 2,10).

Si tratta di una formula per i re in punto di morte. Lo stesso è detto di Salomone, di Roboamo, di Giosafat, ecc… Addormentarsi con i propri padri non era solo un modo per dire che qualcuno era stato sepolto, ma che qualcuno era stato sepolto per riunirsi con i suoi avi. La forma di vita che le ombre conducevano nella tomba, somigliava maggiormente al sonno. L’A.T. non vede mai la morte come una felice liberazione o come un’evasione dell’anima dalla prigione del corpo. Qui vi è semplicemente la credenza degli ebrei nella bontà della vita in questo mondo e del fatto che essa sia un dono di Dio.

Da qui la gagliarda saggezza dell’Ecclesiaste:

Non c'è nulla di meglio per l'uomo del mangiare, del bere e del godersi il benessere in mezzo alla fatica che egli sostiene; ma anche questo ho visto che viene dalla mano di Dio. (Ecclesiaste 2,24)

In realtà è una caratteristica assente in Israele di concentrarsi sul futuro degli esseri umani dopo la morte. Il futuro per il quale agli ebrei batteva il cuore, era quello di Israele e della sua terra promessa. Là era concentrata l’attenzione. Ciò che contava veramente e ciò per cui battersi era la terra, il mondo reale, molto più importanti di ciò che sarebbe successo oltre la morte.

Pastore Giuseppe Ficara

Consacrato nel 1992, ha svolto il suo ministero nelle chiese di Riesi, Caltanissetta, Agrigento, Trapani e Marsala, Palermo.
Pastore a Luserna San Giovanni da Agosto 2013.

 

Indirizzo: Via Beckwith 49, Luserna San Giovanni (TO), 10062, ITALIA

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