Culto domenicale:
ore 10,00 Tempio dei Bellonatti

Numero di telefono del presbiterio: 0121.30.28.50

Lezione 4 - La redenzione attesa

Scritto da

Abbiamo detto che l’amore di Dio rivelato in Cristo è una realtà che determina tutto. Dove l’amore è sperimentato con forza, diventa impossibile l’autoaffermazione, l’autogiustificazione, l’opposizione a Dio e al prossimo. Dove l’amore determina tutta l’esistenza, allora è superata la lotta tra lo spirito e la carne, è superato il conflitto fra Dio e il mondo che gli è ostile.

La fede confessa già nell’oggi che Cristo è venuto a distruggere le opere del male, sebbene la nostra lotta continui, infatti il credente non è colui che ha pace in sé, ma colui che è in continuo travaglio tra il desiderio di bene e la debolezza della sua carne.

Infatti il bene che voglio, non lo faccio; ma il male che non voglio, quello faccio. Ora, se io faccio ciò che non voglio, non sono più io che lo compio, ma è il peccato che abita in me. Mi trovo dunque sotto questa legge: quando voglio fare il bene, il male si trova in me. Infatti io mi compiaccio della legge di Dio, secondo l'uomo interiore, ma vedo un'altra legge nelle mie membra, che combatte contro la legge della mia mente e mi rende prigioniero della legge del peccato che è nelle mie membra.
Me infelice! Chi mi libererà da questo corpo di morte?
Grazie siano rese a Dio per mezzo di Gesù Cristo, nostro Signore. Così dunque, io con la mente servo la legge di Dio, ma con la carne la legge del peccato. (Romani 7,19-24)

Questa è la nostra condizione di oggi, una sorta di realtà di schizofrenia vissuta dal credente reso capace, dall’amore di Dio, di operare il bene e, tuttavia, peccatore. Per certi versi, si tratta di una lotta, e la promessa della venuta nella gloria di Cristo, dà ai credenti la certezza che questa lotta finirà vittoriosamente. L’annuncio di questa vittoria definitiva di Gesù Cristo è il senso autentico dell’attesa apocalittica. Qui la potenza minacciosa e crescente delle tenebre deve essere vista come lo sfondo oscuro sul quale si irradia in modo tanto più chiaro la potenza di Gesù Cristo. Non la menzogna avrà l’ultima parola, ma la verità, non sarà l’odio a vincere, ma l’amore.

Non andiamo incontro alla notte, ma allo spuntar del giorno.

Tutti compariremo davanti al tribunale di Dio, ma questo non va interpretato come una minaccia che ci piomba addosso dopo il tempo della grazia che viviamo oggi. Si tratta, piuttosto, del tribunale tramite il quale verrà distrutto ciò che si oppone all’amore di Dio. Al contrario, sarebbe spaventoso il pensiero che la menzogna e l’ipocrisia trionferanno per sempre e che le grida dei calpestati saranno inascoltate.

«L'opera di ognuno sarà messa in luce; perché il giorno di Cristo la renderà visibile; poiché quel giorno apparirà come un fuoco; e il fuoco proverà quale sia l'opera di ciascuno. Se l'opera che uno ha costruita sul fondamento rimane, egli ne riceverà ricompensa; se l'opera sua sarà arsa, egli ne avrà il danno; ma egli stesso sarà salvo; però come attraverso il fuoco» (I Corinzi 3,13-15).

Il messaggio del Gesù crocifisso e risorto dice espressamente che l’essere umano appartiene de jure, per legge, a Dio ed è con lui riconciliato.

Questa è una realtà incontestabile. Infatti, l’essere umano è ciò che è, perché è amato da Dio e sperimenterà la potenza di questo amore, in modo pieno, un giorno. Noi ora rispondiamo con un amore frammentario, l’unico a noi possibile nella lotta continua contro la nostra mancanza d’amore.

«Carissimi, ora siamo figli di Dio, ma non è stato ancora manifestato ciò che saremo. Sappiamo che quand'egli sarà manifestato saremo simili a lui, perché lo vedremo com'egli è» (I Giovanni 3,2).

Il vedere non deve farci fantasticare sulle sembianze di Gesù Cristo, ma vuole indicare che sarà eliminata la contraddizione che la confessione “Gesù è il Signore” implica oggi per noi. Allora il dubbio, la ribellione e la tentazione verranno a mancare per lasciare spazio all’amore. Qui, è detto che verrà tolto al peccato il diritto di esistere e all’essere umano verrà data l’appartenenza incondizionata a Dio. Oggi l’essere umano è giustificato da Dio, tuttavia rimane simul peccator, perché è, de facto, peccatore.

Ecco, nel momento in cui si elimina la separazione da Dio e l’opposizione è resa impossibile, allora si può parlare di vita, di superamento della morte nel senso vero del termine. La Scrittura ci dice che Cristo ha tolto alla morte il suo potere, essendo egli la risurrezione e la vita, quindi il credente non morirà più.

«Egli ci ha salvati e ci ha rivolto una santa chiamata, non a motivo delle nostre opere, ma secondo il suo proposito e la grazia che ci è stata fatta in Cristo Gesù fin dall'eternità, ma che è stata ora manifestata con l'apparizione del Salvatore nostro Cristo Gesù, il quale ha distrutto la morte e ha messo in luce la vita e l'immortalità mediante il vangelo» (II Timoteo 1,9-10).

Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; e chiunque vive e crede in me, non morirà mai. Credi tu questo?» (Giovanni 11,25-26).

Allo stesso tempo la Scrittura parla della morte come dell’ultimo nemico ancora da sconfiggere:

«Poi verrà la fine, quando consegnerà il regno nelle mani di Dio Padre, dopo che avrà ridotto al nulla ogni principato, ogni potestà e ogni potenza. Poiché bisogna ch'egli regni finché abbia messo tutti i suoi nemici sotto i suoi piedi. L'ultimo nemico che sarà distrutto, sarà la morte» (I Corinzi 15,24-26).

Dunque, anche il credente va incontro alla fine di questa vita temporale, alla morte, proprio perché la morte è il segno della separazione da Dio, connessa con il peccato. Quando leggiamo che Cristo ha spogliato la morte del suo potere, ciò significa che il morire non può più separarci da Dio. Dunque il passaggio dalla morte alla vita si è già verificato. Per questo Lutero afferma che la morte è diventata un sonno.

Ma che significano allora le promesse circa la risurrezione dalla morte?

I racconti pasquali del Risorto, non intendono dire che un morto è ritornato alla vita terrena come prima, essi tentano di esprimere qualcosa di nuovo con rappresentazioni e immagini umane. Intendono dire che la causa di Gesù continua, che il Crocifisso vive non solo nel ricordo dei discepoli o come idea, ma in una realtà che ha potere su questo mondo.

Tali racconti, vogliono esprimere il fatto che c’è una realtà che è più reale della natura e della storia umana che conosciamo e questa realtà può essere espressa solo balbettando con concetti e immagini umane.

Tale realtà del Risorto, trascende ogni dato storico, non si esaurisce nella fede dei discepoli, ma è possibile parlarne solo con lo sguardo rivolto a un futuro atteso e che viene descritto come “risurrezione dei morti” e “nuova creazione”.

Tale futura risurrezione è il contesto della risurrezione di Gesù. Per questo l’apostolo Paolo si oppone a una interpretazione gnostica della risurrezione dei circa la quale essa sarebbe già avvenuta in senso spiritualizzato.

Invece, l’apostolo attende la “redenzione del corpo”. Con questa speranza nella redenzione futura sta la fede nel Cristo risorto.

La domanda rimane legittima: «Con quale corpo risusciteranno i morti?» così l’apostolo deve rispondere «Stolto! …Si semina corruttibile e si risorge incorruttibile» (I Corinzi 15,36-42).

Il fatto che noi non possiamo gettare un ponte di qui a là, che non possiamo stabilire una continuità né corporea, né spirituale tra il mondo presente e il futuro promesso, non significa che Dio non rimanga fedele al di là della morte e della corruzione.

Pastore Giuseppe Ficara

Consacrato nel 1992, ha svolto il suo ministero nelle chiese di Riesi, Caltanissetta, Agrigento, Trapani e Marsala, Palermo.
Pastore a Luserna San Giovanni da Agosto 2013.

 

Indirizzo: Via Beckwith 49, Luserna San Giovanni (TO), 10062, ITALIA

Tel/Fax: (+39) 0121/30.28.50

Mail: Per contattare il pastore via mail, clicca qui