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Domenica, 05 Luglio 2015 23:44

Sermone di domenica 5 luglio 2015 (Luca 5,1-11)

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Testo della predicazione: Luca 5,1-11

Mentre egli stava in piedi sulla riva del lago di Gennesaret e la folla si stringeva intorno a lui per udire la parola di Dio, Gesù vide due barche ferme a riva: da esse i pescatori erano smontati e lavavano le reti. Montato su una di quelle barche, che era di Simone, lo pregò di scostarsi un poco da terra; poi, sedutosi sulla barca, insegnava alla folla.
Com’ebbe terminato di parlare, disse a Simone: «Prendi il largo, e gettate le reti per pescare». Simone gli rispose: «Maestro, tutta la notte ci siamo affaticati, e non abbiamo preso nulla; però, secondo la tua parola, getterò le reti». E, fatto così, presero una tal quantità di pesci, che le reti si rompevano. Allora fecero segno ai loro compagni dell’altra barca, di venire ad aiutarli. Quelli vennero e riempirono tutt’e due le barche, tanto che affondavano. Simon Pietro, veduto ciò, si gettò ai piedi di Gesù, dicendo: «Signore, allontànati da me, perché sono un peccatore». Perché spavento aveva colto lui, e tutti quelli che erano con lui, per la quantità di pesci che avevano presi, e così pure Giacomo e Giovanni, fi gli di Zebedeo, che erano soci di Simone. Allora Gesù disse a Simone: «Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini». Ed essi, tratte le barche a terra, lasciarono ogni cosa e lo seguirono.

Sermone

Care sorelle e cari fratelli, l'evangelista Luca riferisce che Gesù si trovava davanti ad una tale folla di gente che ha dovuto salire su una barca e allontanarsi dalla riva, perché la calca di gente avesse più spazio. Alla fine del suo insegnamento rivolto a tutti, Gesù domanda a Simone di prendere il largo e di gettare le reti.

È singolare questa richiesta proprio al termine della sua predicazione, ma l’ordine di Gesù “prendi il largo e getta le reti” è legato alla sua predicazione, perché Gesù non ci chiama semplicemente all'ascolto, ma anche all'ubbidienza che qui si esplica in un servizio che produce frutti abbondanti. La Parola di Gesù non è soltanto bella da ascoltare, non è soltanto consolante e incoraggiante, ma è anche esigente.

Simone, è colui che ascolta, concorda con la predicazione di Gesù… e poi? Poi è chiamato a ubbidire: «Prendi il largo e getta le reti».

La richiesta è davvero strana perché Simone e i suoi compagni avevano già lavato le riti, avevano concluso il loro lavoro dopo una notte di lavoro in cui non avevano preso nulla. Simone ricorda a Gesù questo particolare, che si era affaticato inutilmente per tutta la notte. In quel lago non c’era pesce in quel momento. Ma pure, all’ordine di Gesù, Simone non esita e prende il largo gettando le reti. Credo sia importante sottolineare che la gran quantità di pesci pescati (quasi le barche affondavano) indica il frutto che portano coloro che non solo ascoltano la voce del Signore, ma la mettono in pratica.

Tuttavia, noi non abbiamo un alto concetto circa l’ubbidienza; la viviamo come un sacrificio: ubbidire ai genitori, per i figli, è spesso una sofferenza, così come ubbidire al proprio capo o al datore di lavoro: allora ci rifiutiamo di considerare il fatto che il Signore ci possa obbligare a fare qualcosa.

Certo, non sono questi i termini corretti per parlare di ubbidienza al Signore perché, in realtà, per la Bibbia, l'ubbidienza è semplicemente la nostra risposta gioiosa al Signore. Per la Bibbia, l’ubbidienza a Dio è un movimento salutare, l’ubbidienza crea in noi quel cambiamento importante che dà senso alla nostra esistenza.

L’ubbidienza a Dio non è fine a se stessa, perché la Bibbia ci parla di frutti abbondanti prodotti dall’ubbidienza; essa produce un beneficio a se stessi, al mondo attorno a noi e alla società.

«Prendi il largo e getta le reti»: qui la barca è intesa come la comunità dei credenti, la chiesa, alla quale Gesù domanda di prendere il largo, di non rinchiudersi e guardare solo a se stessa, di non arroccarsi alle proprie certezze, alle proprie tradizioni, e teologie, ma ad alzare lo sguardo con fermezza e vedere, nell'immenso mare del mondo, il bisogno dell’amore di Dio che noi possiamo annunciare, della predicazione di Gesù e del servizio agli ultimi che anche noi possiamo rendere.

È certamente, oltre a un atto di fede, una sfida per la chiesa: Simone aveva provato a pescare per tutta la notte con i suoi compagni, ma invano, ma un atto di ubbidienza al Signore che invita a prendere il largo, ad andare incontro al prossimo provoca grandi frutti: «Fecero così e presero una tal quantità di pesci che le reti si rompevano» e «...le barche affondavano». La piena fiducia alla Parola di Gesù deve caratterizzare la comunità dei credenti, il Signore promette che il successo è assicurato, anche se la notte ha portato delusioni e inutili fatiche, anche se la stanchezza e lo sconforto sono grandi; il Signore promette che aiuterà a superare ogni insuccesso e ogni fallimento, promette che i frutti dell'ubbidienza alla sua Parola verranno, in modo inatteso, contro le nostre previsioni e calcoli.

Solo la «Parola di Gesù» può essere garanzia di successo, cioè può dare sollievo e libertà dagli egoismi e dalle prevaricazioni, la Parola di Gesù guarisce il mondo dall’odio e dalla violenza.

E di ciò ci sentiremo immeritevoli, per tanto ben di Dio, perciò Simone afferma: «Signore, allontanati da me perché sono un peccatore». Nel racconto, tutti sono colti da paura, ma per l’evangelista Luca, la paura ha un valore teologico, perché indica la pochezza umana davanti alla soverchiante grazia del Signore; significa riconoscere in Gesù il nostro maestro e Signore.

Altrove, in Luca, leggiamo: «Essi, impauriti e meravigliati, dicevano: chi è mai costui che comanda anche ai venti e all'acqua, e gli ubbidiscono?». Questo significa che essere oggetto dell’amore di Dio, o essere strumenti nelle sue mani, non eliminano il peccato e le contraddizioni dei credenti che sono sempre chiamati a riconoscerli davanti al Signore e a chiedere il suo perdono.

Ma è sorprendente tutto questo: Luca sottolinea con forza che fin dall'inizio della predicazione di Gesù non vi è una parola di giudizio, ma l'Evangelo, non l'annuncio di una espiazione, ma il perdono, non l'uomo giusto, ma l’uomo peccatore e Dio giusto. Luca annuncia così una liberazione, quella proclamata da Gesù per la quale coinvolge i suoi discepoli che lasciano tutto e lo seguono.

I discepoli sono stati coinvolti dalla grande Parola liberante di Gesù: essi non hanno potuto far altro che seguirlo per diventare «pescatoti di uomini», a loro è affidata una missione.

La pesca continua, continua con altri discepoli/e. Luca afferma che ora l'azione missionaria di Gesù è passata a poveri, sprovveduti pescatori galilei, i quali lasciano il loro mestiere e si avventurano verso nuove traversate, senz’altro più impegnative e faticose, ma sostenute dalla Parola del loro maestro.

Così è: la chiesa rimane oggi quella nave chiamata ad avanzare in mare aperto, spesso burrascoso.

Il Signore chiama ad essere pescatori di persone, cioè a diventare testimoni e servitori del prossimo, discepoli fedeli di Gesù che diffondono e annunciano la Parola del loro maestro, una Parola di libertà da se stessi, dai pregiudizi, dalle paure, dagli egoismi, dagli odii e dai rancori. È una parola fondata sull’amore di Dio che produce frutti di riconciliazione, di fraternità, di comunione, di solidarietà, di pace e di giustizia per tutti.

Tante volte la chiesa è così concentrata nelle sue attività interne che dimentica di essere una nave chiamata dal Signore a prendere il largo, il mare aperto, per gettare là le sue reti.

È vero che a tutti piace vivere sicuri, ormeggiati in un porto dove le difficoltà del mare in tempesta non ci travolgono. È vero che a volte, come credenti, come discepoli e come testimoni del Vangelo, siamo stanchi, affaticati e delusi dai fallimenti, dagli esisti improduttivi della nostra missione.

Siamo chiamati dal Gesù a mettere in conto anche questo, ma a non vivere fiduciosi. Anche Gesù sapeva bene che la sua predicazione avrebbe incontrato ora terreno buono, ora terreno cattivo, ora quello in cui i passeri avrebbero mangiato il seme sparso sul terreno.

Ma la chiesa è chiamata ad esprimere la sua fede nel Signore che la invita all'ubbidienza, sempre. La chiesa è chiamata gettare le reti: forse i frutti del lavoro non saranno sempre evidenti, ma il Signore ci promette che la nostra fatica non sarà vana. Amen!

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Pastore Giuseppe Ficara

Consacrato nel 1992, ha svolto il suo ministero nelle chiese di Riesi, Caltanissetta, Agrigento, Trapani e Marsala, Palermo.
Pastore a Luserna San Giovanni da Agosto 2013.

 

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