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Mercoledì, 30 Agosto 2017 14:21

Sermone di domenica 20 agosto 2017 (Marco 12,28-34)

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Testo della predicazione: Marco 12, 28-34

Uno degli scribi che li aveva uditi discutere, visto che egli aveva risposto bene, si avvicinò e gli domandò: «Qual è il più importante di tutti i comandamenti?» Gesù rispose: «Il primo è: "Ascolta, Israele: Il Signore, nostro Dio, è l'unico Signore. Ama dunque il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta l'anima tua, con tutta la mente tua, e con tutta la forza tua". Il secondo è questo: "Ama il tuo prossimo come te stesso". Non c'è nessun altro comandamento maggiore di questi». Lo scriba gli disse: «Bene, Maestro! Tu hai detto secondo verità, che vi è un solo Dio e che all'infuori di lui non ce n'è alcun altro; e che amarlo con tutto il cuore, con tutto l'intelletto, con tutta la forza, e amare il prossimo come se stesso, è molto più di tutti gli olocausti e i sacrifici». Gesù, vedendo che aveva risposto con intelligenza, gli disse: «Tu non sei lontano dal regno di Dio». E nessuno osava più interrogarlo.

Sermone

Care sorelle e cari fratelli, a differenza di altri brani analoghi contenuti nei Vangeli, qui, in Marco, lo scriba non vuole mettere Gesù in difficoltà, lo incontra per imparare qualcosa anche da lui. Ed è questo ciò che accade, lo scriba riprende la risposta di Gesù e prosegue dicendo “È proprio vero, l’amore è tutto, vale più degli olocausti che si sacrificano nel tempio a Dio”. Gesù si congratula con lo scriba e gli dice: “Tu non sei lontano dal Regno di Dio”.

Infatti, Gesù annunciava il Regno di Dio, un Regno che cominciava nel presente. Oggi siamo abituati a questo tipo di predicazione, ma non era scontata in una realtà nella quale la religione assumeva forme ritualistiche, che si fondava su una serie di regole da osservare e riti per rendere propizio il favore di Dio.

Gesù, e lo scriba, riconoscono insieme che questo modo di credere e vivere la fede allontana da un Dio che è semplicemente amore. Potremmo anche dire che la mera osservanza di riti e regole nasce dall’incapacità di riconoscere questo Dio e di avere una relazione con Lui; il rito nasce per riempire un vuoto. Infatti il rito è staticità, fissità, immobilità, immutabilità, cioè tutto il contrario di Dio che vuole un rapporto dinamico, sempre nuovo e imprevedibile, con i suoi figli e figlie.

Ma allora se si toglie la legge che regola il rapporto con Dio e tra i credenti, e se scompaiono i riti, cosa rimane? Quali saranno i punti di riferimento di una religione autentica?

Questa è infatti la domanda dello scriba, che è espressa così: “Qual è il più importante di tutti i comandamenti?” in realtà significa: qual è il fondamento della vera religione? Su cosa deve essere fondato il nostro rapporto con Dio e con il prossimo?

Gesù risponde: «Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta l’anima tua, con tutta la mente tua e con tutta la forza tua e ama il tuo prossimo come te stesso. Non c’è nessun altro comandamento maggiore di questi».

Benché si tratti di versetti tratti dall’Antico Testamento, qui, Gesù, pone un fondamento nuovo sul quale costruire la pratica della fede, la religione stessa, che così sarà autentica perché non più immutabile, ma legata alla storia e alla vita, non più dogmatica, ma sempre riformabile, e nella quale Dio potrà essere conosciuto a partire dal suo amore per l’umanità e non più attraverso riti e la sua volontà conosciuta solo tramite leggi e sentenze.

Gesù espone tre elementi essenziali per un rapporto autentico con Dio: tu, Dio e il prossimo. Non si può prescindere da questi tre elementi. Ciò che li lega insieme è l’amore: l’amore per se stessi, l’amore per Dio e l’amore per il prossimo.

L’amore per Dio non si vive attraverso un rito in cui si rimane del tutto estranei, ma ci impegna il cuore, la mente, tutte le nostre forze. Perfino la preghiera può diventare un rito quando si estranea dalla vita quotidiana, dai singoli momenti di ogni giorno. L’amore di cui parla Gesù, invece, è partecipazione e coinvolgimento, con Dio e con gli altri in un progetto comune: questo è il senso della chiesa che vive della sola grazia di Dio e della sola fede che ci fa riconoscere fratelli e sorelle che camminano insieme verso un obiettivo comune, che lavorano insieme per esso, che ricercano il senso della loro vocazione e guardano al loro futuro e al futuro dell’umanità con la speranza che nasce dalla fede.

«Come te stesso» dice Gesù, perché ci raccomanda di restare attivi, partecipi e consapevoli. Nell’amore, la persona che ama non deve annullarsi, né scomparire. Amore non è annullamento di se stessi, al contrario l’amore è riconoscere che tutti siamo all’interno di una dinamica di reciprocità: “Dio, il prossimo, te stesso/a”. «Come te stesso» significa amare tutti e Dio come si ha cura di se stessi, della propria persona e come ci si cura quando stiamo male. Così il nostro pensiero e il nostro sostegno si rivolgono alle persone che amiamo e che possiamo aiutare.

Se qualcuno non ama se stesso e non si prende cura di sé, in realtà esce dalla dinamica di amore tra sé, Dio e il prossimo, potrà pensare, sbagliando, di donare tutto il suo amore agli altri donando anche quello per se stesso, ma Gesù ci dice che l’amore basta per tutti, che l’amore non ci è donato con il contagocce, che l’amore è tanto abbondante che nessuno deve farne a meno neppure per se stesso.

D’altra parte, chi non ama se stesso non avrà un equilibrio interiore tale da bilanciare la propria autostima con quella degli altri, la propria cura con quella per gli altri e non potrà avere la sensibilità di aiutare il prossimo essendo venuti meno quegli elementi positivi che ci dispongono a capire le necessità del prossimo.

Per questo, spesso, la chiesa ha fallito la sua vocazione proprio perché non ha saputo tenere insieme l’equilibrio proposto da Gesù: Tu, Dio, il prossimo.

Abbiamo, dunque, questi tre elementi che Gesù menziona:

- Dio è l’unico Signore.

- Ama Dio.

- Ama il prossimo e te stesso.

Dire che Dio è l’unico Signore, significa riconoscere che tante volte abbiamo diversi signori a cui rivolgiamo la nostra devozione e adorazione. Gesù invita a dirigere la nostra vita nella direzione giusta, a orientarla verso l’unico Signore. Dire: “Dio è l’unico Signore” significa domandarsi: Su quale fondamento costruisci la tua vita? In quale direzione stai andando? Da chi ti lasci guidare?

Gesù Dice: “Dio è l’unico Signore”. Non ci possono essere, nella tua vita, riferimenti più importanti o superiori a Lui.

Dire di amare Dio con il cuore, l’anima, la mente e le tue forze, significa semplicemente amare in modo coinvolgente e non freddo e distaccato (non sarebbe amore), in un impegno costante e incessante. Amare Dio è orientare la propria intelligenza verso un servizio consapevole, con le proprie mani, con la forza che abbiamo, con gli strumenti di cui disponiamo, così come siamo.

Amare il prossimo e noi stessi, in fondo è la verifica dell’amore per Dio; come dice la prima lettera di Giovanni (4,20): “Chi non ama suo fratello che ha visto non può amare Dio che non ha visto”. Questo è il vero amore di cui siamo investiti e che ci rende capaci di amare, perché l’amore è gratuito, come gratuito è il dono di sé, la grazia e il perdono di Dio. Amen!

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Pastore Giuseppe Ficara

Consacrato nel 1992, ha svolto il suo ministero nelle chiese di Riesi, Caltanissetta, Agrigento, Trapani e Marsala, Palermo.
Pastore a Luserna San Giovanni da Agosto 2013.

 

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