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Domenica, 01 Luglio 2018 16:31

Sermone di domenica 1 luglio 2018

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Testo della predicazione: Genesi 12,1-4a

Il Signore disse ad Abramo: «Va' via dal tuo paese, dai tuoi parenti e dalla casa di tuo padre, e va' nel paese che io ti mostrerò; io farò di te una grande nazione, ti benedirò e renderò grande il tuo nome e tu sarai fonte di benedizione. Benedirò quelli che ti benediranno e maledirò chi ti maledirà, e in te saranno benedette tutte le famiglie della terra». Abramo partì, come il Signore gli aveva detto.

Sermone

Care sorelle e cari fratelli, quante volte abbiamo avvertito un senso di insicurezza dovendo fare un trasloco, oppure trasferendoci da una città all’altra. Prepararci per una partenza che potrà cambiare il nostro futuro ci mette ansia, un senso di incertezza e di precarietà.

Quello che accade ad Abramo e Sara è la stessa cosa, devono partire, a loro è dato un comando perentorio da parte di Dio: «Va’ via dal tuo paese». Quello che sta accadendo è che Dio decide di dar vita a una nuova comunità umana, che comincia con un porsi in cammino. Dio ha chiamato all’esistenza il mondo, e ora chiama Abramo e Sara a creare un futuro nuovo, radicalmente diverso dal passato e dal presente. Abramo e Sara sono disponibili, rispondono con fede, la fede è quella capacità di accogliere il futuro annunciato da Dio.

Ma non sarà facile.

Dio dice ad Abramo: «Io farò di te una grande nazione», gli promette una discendenza, ma ora questa discendenza è destinata ad annullarsi, perché sua moglie Sara è sterile. Il testo non spiega le cause della sterilità di Sara, si limita soltanto a riferire che questa famiglia, e con essa tutta la discendenza di Abramo, ha esaurito il suo futuro, è giunta al termine della sua storia. Per Abramo e Sara non c’è nessuna speranza, nessun futuro in vista.

La sterilità espressa in questo racconto manifesta la condizione dell’umanità priva di speranza. Dio ha a che fare con questa realtà umana sterile. La sterilità nella Bibbia non è un caso isolato: non colpisce soltanto Sara, ma anche Rebecca la moglie di Isacco, Rachele la moglie di Giacobbe, e la profetessa Anna che sarà la madre di Samuele, ma anche Elisabetta la madre di Giovanni Battista: donne tutte sterili.

La metafora della sterilità annuncia che la famiglia inizia la sua vita in una situazione di irreparabile assenza di speranza. È qui, in questa realtà, che Dio si fa vivo e presente con le sue promesse.

Certo, se fosse toccato a noi inaugurare una nuova storia, avremmo scelto delle persone meno disgraziate, per sperare in un avvenire migliore. Ma Dio agisce così.

Dio sceglie di dare la sua promessa di benedizione a chi non ha nessun futuro. Perché questo è il fondamento dell’Evangelo, che significa “Buona Notizia”: la potenza di Dio non dipende dalle potenzialità delle persone, e Abramo e Sara sono privi di possibilità, di potenzialità, non sono per nulla adatti allo scopo di Dio. Ma la Parola di Dio non si attende nulla da quelli che chiama: essa ha una potenza straordinaria, ha in sé tutta la forza per dar vita a un nuovo popolo.

La Parola di Dio trionfa sulla sterilità, ciò che è sterile viene vivificato, chiamato alla vita; chiama le persone sterili a mettersi in cammino. Ciò che prima non esisteva ora è chiamato alla vita.

Al tempo di Abramo, al tempo di Paolo, ai tempi nostri, il mondo teme questa Parola. E, in preda al timore, alla Parola preferisce il silenzio, preferisce le ideologie, la propaganda, e finisce con il prestare ascolto alle tante parole umane incomparabilmente meno potenti. Ma la Parola di Dio è in grado di spezzare tutte queste resistenze.

Come Abramo, Dio chiama anche noi, ci chiama nella chiesa a essere una comunità alternativa, alternativa alla sterilità. Dio chiama i senza speranza a far parte di una comunità che ha un futuro, Dio invita a mettersi in cammino. Dice: «Va’ via dal tuo paese».

La Parola di Dio a questa famiglia sterile la chiama a partire per un viaggio pieno di rischi, a mettersi in cammino «ad occhi chiusi...». Il racconto biblico di Genesi 12 ci dice che la rinuncia alle nostre certezze è l’unica via d’uscita dalla sterilità. Anzi, rimanere al sicuro significa restare sterili, mentre affrontare il rischio significa ricevere una speranza.

Da una parte l’invito della nostra fede è quello di sottrarci alla sterilità rinunciando alle nostre sicurezze e ponendoci in cammino verso l’ignoto. Dall’altra parte, lo stesso cammino è anche verso l’altro che ha lasciato la sua terra e vive della speranza di un futuro nuovo.

Noi, come credenti siamo chiamati ad accogliere la speranza di chi ha lasciato la sua terra, nessuno ha il diritto di respingere un altro. In questi giorni il problema dei migranti che nessuno vuole è alla cronaca di tutti i giornali e TV.

Spesso si sente dire: «Aiutiamoli a casa loro» e l’Unione europea ha appena aumentato la cifra da 13 a 35 miliardi per fare questo. Ma la domanda è un’altra: è davvero sicuro che c’è ancora una casa loro?

Il giornalista e documentarista Antonello Caporale ci ha informato che in realtà la loro casa è in vendita e sta divenendo la nostra: il Madagascar ha ceduto alla Corea del Sud la metà dei suoi terreni coltivabili. La Cina ha preso in leasing tre milioni di ettari dall’Ucraina: gli serve il suo grano. In Tanzania acquistati da un emiro 400mila ettari per diritti esclusivi di caccia. L’emiro li ha fatti recintare e poi ha spedito i militari per impedire che le tribù Masai sconfinassero in cerca di pascoli per i loro animali. La loro vita.

E gli etiopi che arrivano a Lampedusa, quelli che Salvini considera disgraziati di serie B, non accreditabili come rifugiati, giungono da un’area oggetto di sfruttamento intensivo da parte di capitali stranieri che ha determinato l’evacuazione di circa duecentomila indigeni. Il governo autoritario etiope, che rastrella e deporta, è l’interlocutore privilegiato della nostra diplomazia italiana che sostiene e finanzia piani pluriennali di sviluppo. Anche qui la domanda: sviluppo per chi?

La Banca mondiale ha stimato che nel mondo sono stati acquistati o affittati 46 milioni di ettari di terra, due terzi dei quali in Africa dove i titoli di proprietà non esistono e dove si vende a corpo con tutto quanto vi è dentro, persone e case comprese: vende il governo a nome di tutti. Case, villaggi, pascoli, acqua se c’è, a prezzi irrisori, tutto per fame. I Paesi ricchi comprano ogni cosa: montagne e colline, pianure, laghi e città.

«Aiutiamoli a casa loro?». Siamo proprio sicuri che abbiano ancora una casa? Si tratta di un neocolonialismo che foraggia guerre e governi dittatoriali pur di sviluppare il suo business. Si comprano terreni e villaggi e i residenti diventano ospiti, giunge perfino l’avviso di sfratto.

L’Etiopia ha il 46 per cento della popolazione a rischio fame. la Tanzania il 44 per cento e il Mali il 30 per cento.

Il presidente del Kenya, volendo un porto sul suo mare, ha ceduto al Qatar, che si è offerto di costruirglielo, 40mila ettari di terreno con tutto dentro, persone e villaggi.

Alex Zanotelli parla di rompere il silenzio assordante dei nostro mass-media che tacciono sulle drammatiche guerre che stanno provocando milioni di vittime e migranti come in Sud Sudan con 300 mila morti e milioni di persone in fuga, in Somalia, in Eritrea retti dai regimi più oppressivi del mondo con centinaia di migliaia di giovani in fuga verso l’Europa. L’Italia vende a questi regimi sempre più feroci, armi pesanti che nel 2017 è stato valutato in 14 miliardi di euro.

Ecco perché così tanta gente sta fuggendo dalle loro terre rischiando la propria vita per arrivare da noi. Mentre qui c’è la paranoia dell’invasione furbescamente alimentata da partiti xenofobi.

I governi europei vorrebbero fermare queste persone, bloccare i migranti provenienti da contesti di disperazione, di guerra, di fame, di regimi autoritari pesanti sostenuti dai paesi ricchi del mondo, come anche il nostro.

«Va’ via dal tuo paese…», dice Dio nella Bibbia, è la Bibbia che parla di un popolo al quale è promessa una terra dove scorre latte e miele. Il senso è che tutti i popoli hanno diritto alla dignità, alla pace, al cibo, all’acqua, a condizioni di vita dignitose. A tutti noi è detto «Va’ via dal tuo paese…» dalla tua chiusura, dai tuoi sogni tranquilli, dalla tua sicurezza per andare incontro a chi va via da un altro paese perché vuole continuare a sperare e a pensare che Dio riservi futuro, nuovo, a tutti. Compresi i più disgraziati.

Il testo biblico ci insegna che la prosperità, è un dono di Dio che siamo chiamati a condividere. È una promessa e chi riceve questa promessa non può più vivere per se stesso, ma per gli altri, nella prospettiva della fraternità, del bene comune; perciò Dio dice ad Abramo: «In te saranno benedette tutte le famiglie della terra».

In Dio, coloro che sono reietti e squalificati, sono benedetti.

Abramo partì, credette alla promessa rivolta non solo a lui, ma al mondo. Credere in questa promessa di benedizione e prosperità significa credere di avere ricevuto il mandato che attraverso noi saranno benedetti anche gli altri, quelli che non hanno più nulla, che hanno perso tutto, tranne la speranza. Questa è la nostra fede.

Il Signore ci aiuti a mantenerla sempre.

Amen.

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Pastore Giuseppe Ficara

Consacrato nel 1992, ha svolto il suo ministero nelle chiese di Riesi, Caltanissetta, Agrigento, Trapani e Marsala, Palermo.
Pastore a Luserna San Giovanni da Agosto 2013.

 

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