Culto domenicale:
ore 10,00 Tempio dei Bellonatti

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Lunedì, 03 Dicembre 2018 00:25

Sermone di domenica 2 dicembre 2018 (Luca 1,67-69)

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Testo della predicazione: Luca 1,67-79

Zaccaria fu pieno di Spirito Santo e profetizzò, dicendo: «Benedetto sia il Signore, il Dio d’Israele, perché ha visitato e riscattato il suo popolo, e ci ha suscitato un potente Salvatore nella casa di Davide suo servo, come aveva promesso da tempo per bocca dei suoi profeti; uno che ci salverà dai nostri nemici e dalle mani di tutti quelli che ci odiano. Egli usa così misericordia verso i nostri padri e si ricorda del suo santo patto, del giuramento che fece ad Abraamo nostro padre, di concederci che, liberati dalla mano dei nostri nemici, lo serviamo senza paura, in santità e giustizia, alla sua presenza, tutti i giorni della nostra vita. E tu, bambino, sarai chiamato profeta dell’Altissimo, perché andrai davanti al Signore per preparare le sue vie, per dare al suo popolo conoscenza della salvezza mediante il perdono dei loro peccati, grazie ai sentimenti di misericordia del nostro Dio; per i quali l’Aurora dall’alto ci visiterà per risplendere su quelli che giacciono in tenebre e in ombra di morte, per guidare i nostri passi verso la via della pace.

Sermone

     Cari fratelli e sorelle, l’evangelista Luca ci fa visitare un vecchio sacerdote, Zaccaria. Mentre è nel Tempio per le sue funzioni, Zaccaria riceve l’annuncio da parte di un angelo che avrebbe avuto un figlio. Zaccaria e la moglie Elisabetta sono ormai vecchi, hanno smesso di sperare di avere un figlio, soprattutto perché Elisabetta è sterile.

Così, Zaccaria resta incredulo e come segno della verità della promessa di Dio, Zaccaria resta muto per tutto il tempo della gravidanza di Elisabetta, resta muto fin tanto che non giunge il figlio promesso, in risposta alla sua incredulità.

Zaccaria è reso muto, non soltanto perché l’opera di Dio che si adempie ci lascia ammutoliti e senza parole, ma proprio perché non è con la nostra parola che si realizza la promessa, ma con la Parola di Dio stesso. Noi la riceviamo ed essa si adempie per noi, senza la nostra partecipazione attiva, senza il nostro parere, senza il nostro intervento. Noi restiamo muti, mentre Dio fa tutto per noi, nel suo amore e nella sua misericordia.

Così, quando arriva il figlio, Giovanni, Zaccaria può di nuovo parlare, gli si scioglie la lingua, per benedire il Dio e la sua opera di salvezza: Zaccaria pronuncia un cantico, il cosiddetto “Benedictus” perché in latino inizia con questa parola, come il “Magnificat” di Maria, la madre di Gesù.

Si tratta di una composizione poetica che esprime tutta la sua fede nel Dio Salvatore e liberatore, nel Dio che non dimentica il suo popolo, come aveva creduto Zaccaria, ma Dio lo visita.

     Il Signore che visita il suo popolo significa che da ora sarà presente nella storia dell’umanità, sempre, è la decisione di Dio di diventare essere umano, di partecipare alla nostra creaturalità per amarci, perché possiamo condividere con Lui il nostro destino, la nostra storia, la nostra condizione di limitatezza, di fragilità e di peccato.

Questo è Dio, è colui che quando visita si compromette, si insinua nelle maglie della trama umana, entra dell’orizzonte umano e della vita umana. Non ne resta fuori perché non può contaminarsi con il male e il peccato, ma vi si inserisce e vi rimane fino alle estreme conseguenze, fino alla croce.

     È davvero impossibile per noi capire tutto questo: come Zaccaria, anche noi restiamo muti davanti a tanto amore sovrabbondante. Nessuno di noi può credere di essere tanto amato senza averlo meritato. Il pastore Dietrich Bonhoeffer per questo motivo affermava, intuendo una grande verità di Dio:

«Dove il nostro intelletto s’indigna,
dove la nostra paura si ribella,
dove la nostra pietà indietreggia impaurita,
proprio lì Dio ama essere».

Proprio dove non avremmo mai creduto, la Bibbia ci parla di Dio, di un Dio fuori posto, fuori luogo: che ci fa Dio in una mangiatoia? Come può essere presente nella debolezza di un bambino, nella finitudine di un uomo? Che ci fa Dio appeso su una croce? Ma come può Dio essere dentro le mura di un carcere, o dentro una carretta del mare che sta per essere inghiottita definitivamente e dentro la quale ogni speranza di un futuro migliore sta per frantumarsi per sempre nel peggiore dei modi?

Che ci fa Dio dentro gli occhi tristi di un bambino malato che sta per morire per fame o per sete o per mancanza dei farmaci essenziali? Che ci fa presso una donna comprata e venduta, costretta a fare il più antico mestiere del mondo? Perché dovrebbe essere a dormire sotto i ponti o presso la stazione con gli emarginati?

¿Perché Dio sarebbe nei luoghi dove noi indietreggiamo indignati, schifati e impauriti e non invece, come siamo abituati, dentro le cattedrali vestite a festa, oppure nei luoghi cosparsi di luci scintillanti, luoghi puliti, gente perbene, che si fa curare e che non è colpita da sciagure indegne della vita e spesso mortali?

Dio visita il suo popolo!

Si tratta di un popolo che geme, che invoca il sostegno e l’aiuto di Dio.

Qual è l’invocazione di Dio che esce dalle nostre labbra? Quando abbiamo sentito la visita di Dio?

Senz’altro, proprio quando, anche tu fratello, sorella, come me, ti sentivi una nullità, quando eri sommerso dalle prove della vita, per una malattia, una prova difficile da sopportare, o perché rifiutato nella tua dignità di essere umano, o di credente.

Ma Dio viene a farci visita: Dio visita per liberare, per salvare, per aprire una prospettiva nuova, un nuovo orizzonte, una nuova possibilità.

Qual è dunque il nuovo destino che sta davanti a noi credenti a cui è annunciata la liberazione di Dio?

Zaccaria lo sa e dice: «Egli usa misericordia per concederci di servirlo senza paura e nella giustizia» (vv. 72-74); dunque il perdono dei nostri peccati e la misericordia di Dio hanno uno scopo, un fine: il servizio del Signore senza paura, un servizio per la giustizia, egli viene, dice Zaccaria, per «guidare i nostri passi sulla via della pace» (v. 79). Si tratta di un servizio a cui siamo chiamati: siamo chiamati a far “risplendere la nuova aurora”, la nuova luce su coloro che vivono nell’ombra e nel buio, nella paura e nello sgomento.

Siamo chiamati a far risplendere la luce di Dio e il suo amore sovrabbondante, il suo essere vicino alle creature, di ogni ceto sociale, di ogni colore della pelle, di qualunque provenienza, di qualunque cultura.

Il Signore ci rivolge la sua misericordia e ci concede il suo perdono non perché possiamo, liberati dalle nostre paure e dalle nostre angosce, sederci comodi sulle nostre poltrone, ma per testimoniare la lieta notizia della misericordia del Signore e del perdono dei peccati, della salvezza di Dio che non è fine a se stessa, ma perché disponga tutti gli esseri umani al servizio reciproco, all’amore gli uni per gli altri, un servizio concreto di disponibilità affinché cessino le guerre, la fame, la povertà, la sete di chi è privato dell’acqua, l’indigenza, e la malattia a causa della mancanza di accesso ai farmaci essenziali.

Spesso quando siamo davanti a tante associazioni che si occupano di tutto ciò, restiamo perplessi perché non crediamo che si possano risolvere i problemi di tutta l’umanità in questo modo.

Restiamo un po’ pessimisti nel credere che un nostro piccolo impegno di diaconia o servizio possa essere davvero utile. Ma ciascuno di noi non è chiamato a cambiare il mondo intero, ma a contribuirvi, nel proprio piccolo, all’interno del proprio orizzonte.

E basterà una sola vita umana! Nel Talmud ebraico è scritta questa frase: «Chi salva una vita, salva il mondo intero».

¿Pensiamo che una vita sola sia una piccola goccia del mare?  Certo, lo è, ma sarà un grande segno! Una parola, anche una soltanto, piuttosto che il mutismo. Sarà un segno di una promessa, quella di Dio che viene a visitarci, che un giorno diventerà realtà per tutto il mondo. Amen!

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Pastore Giuseppe Ficara

Consacrato nel 1992, ha svolto il suo ministero nelle chiese di Riesi, Caltanissetta, Agrigento, Trapani e Marsala, Palermo.
Pastore a Luserna San Giovanni da Agosto 2013.

 

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