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Martedì, 29 Gennaio 2019 22:28

Sermone di domenica 27 gennaio 2019 (Deuteronomio 16,11-12.18-20)

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Testo della predicazione: Deuteronomio 16,11-12.18-20

Andrete nel luogo che il Signore avrà scelto come sede della sua Abitazione e, davanti a lui, farete festa voi, i vostri figli e le figlie, i vostri schiavi e le schiave, i leviti che abiteranno nelle vostre città, i forestieri, gli orfani e le vedove che saranno in mezzo a voi. Non dimenticate che siete stati schiavi in Egitto: osserverete e metterete in pratica queste leggi. In tutte le città che il Signore, vostro Dio, sta per darvi, nominerete giudici e magistrati per ogni tribù. Essi amministreranno la giustizia per il popolo in modo imparziale. Non deviate il corso della giustizia e non fate preferenze. Non accettate regali, perché il regalo rende ciechi i sapienti e corrompe le decisioni dei giusti. Cercate di essere veramente giusti e così resterete in vita e possederete la terra che il Signore, vostro Dio, sta per darvi.

Sermone

Cari fratelli e care sorelle, oggi vi propongo una riflessione legata alla Settimana di Preghiera per l’unità dei Cristiani 2019 conclusasi il 25 gennaio, e che ha proposto il testo biblico del Deuteronomio che abbiamo ascoltato. Il libro dedica lunghi brani al tema dell’amore per il prossimo e per l’umanità. Così, nei capitoli attorno al nostro cap. 16 troviamo una serie di leggi da mettere in pratica al settimo giorno oppure al settimo anno o al cinquantesimo anno: è detto periodo sabbatico perché si fonda sulla memoria del settimo giorno, quello in cui Dio si riposò dopo aver creato il mondo. Così è ritenuto giusto che anche le persone che abitano la terra abbiamo riposo e soprattutto liberazione dai pesanti oneri della vita quando essi rendono schiavi e negano la dignità umana.

Qui si parla della libertà che Dio ha donato al momento della creazione e della possibilità che tutti la ricevano. Dio, infatti, dona la terra a Israele come libertà da esercitare in un territorio, in uno spazio, mentre dona il sabato come libertà da esercitare nel tempo.

La Bibbia parla di libertà per tutti, non solo per alcuni ed esorta a viverla e a offrirla a chi non ha libertà, pace ed è vittima dell’ingiustizia. Il Deuteronomio parla di compassione per i più deboli, i poveri e gli emarginati perché insegna a ricordare: «anche voi foste schiavi in terra d’Egitto» (Dt. 15,15).

In questo contesto è detto: «Non vi sarà nessun povero in mezzo a voi… se ubbidisci alla voce del Signore» (Dt. 15,4-6), ma così non è, siamo davvero tutti lontani dall’ascoltare quella Parola che ci restituisce a noi stessi nella dignità e nella giustizia, perciò è necessario un atto di remissione, come quello sabbatico.

Il Deuteronomio insiste molto sull’atteggiamento del cuore e della mente, perché Compassione e apertura del cuore sono nel­l’ordine di Dio, sono azioni della mano e del cuore che si aprono con premura verso il prossimo, non lo sono, invece, l’inimicizia il disprezzo, il giudizio, la negligenza, l’indifferenza.

Ma la compassione di cui ci parla la Bibbia non è fine a se stessa, non è semplice “buonismo”, ma mira a rendere libere le persone, è quell’impegno di ognuno che mette in pratica con i propri mezzi e con le proprie risorse, affinché i poveri e gli schiavi ricevano i mezzi necessari per ritrovare dignità e il proprio posto nella società.

Certo, è un’utopia quella proposta dal libro del Deuteronomio, ma questo libro ci pone davanti a come dovrebbero andare le cose nelle intenzioni di Dio. D’altra parte, anche Gesù è dalla parte dei poveri quando ha affermato «Ero povero…», e la prima lettera di Giovanni afferma: «Se qualcuno possiede dei beni di questo mondo e vede suo fratello nel bisogno e non ha pietà di lui, come potrebbe l'amore di Dio essere in lui? Amiamo non solo a parole, ma con i fatti!» (I Gv. 3,17-18).

Ciò che la Parola di Dio vuole ribadire a noi, anche oggi, con forza, è l’opportunità di dare all’esistenza umana la possibilità di liberazione da tutti i tipi di catene, la possibilità di ricupero, di offrire giustizia e nuove opportunità. Questa proposta parte dal fatto che Dio non si è fermato al settimo giorno, ma la sua azione prosegue e ci apre sempre, ogni volta, la possibilità perché cambi ogni condizione umana di indigenza o di oppressione.

Tutto questo perché, come la terra che Dio dà a Israele rimane di Dio, così l’essere umano, anche se reso schiavo e oppresso, non potrà mai appartenere a qualcun altro, ma solo a Dio. E quando si è restituiti a Dio, i debiti sono rimessi, gli schiavi sono liberati, i poveri sono saziati.

Il principio sabbatico è quella proposta biblica che rompe con il passato e con la convinzione che gli eventi sono immutabili e che le circostanze che hanno portato all’oppressione, alla povertà, alla fatica, al debito, alla mancanza di terra, debbano restare intatte.

Con il principio sabbatico la Parola di Dio ci annuncia la possibilità del cambiamento, e Gesù lo ha esplicitamente affermato quando ha detto: «Il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato» e, in modo più significativo, con la dichiarazione programmatica del suo ministero con la lettura di Isaia in sinagoga che abbiamo letto:

«Lo Spirito del Signore è su di me; mi ha scelto per portare il lieto messaggio ai poveri, per proclamare la liberazione ai prigionieri, rimettere in libertà gli oppressi…»
Lc 4,18

Israele era alla fine del suo lungo viaggio attraverso il deserto e verso la terra promessa; sarà necessario, quindi, che in quella terra sia assicurata l’imparzialità e la giustizia che stanno alla base della convivenza pacifica. Per questo si pose in atto, per la prima volta, un sistema democratico per la scelta dei giudici che avrebbero governato il paese e avrebbero reso conto alla gente che avrebbe dato loro fiducia.

Tuttavia non saranno solo i giudici a essere imparziali e a permettere che il corso della giustizia avvenga senza preferenze, senza bustarelle e regalie che rendono ciechi e corrompono le scelte, ma si dice a tutto il popolo: «Cercate di essere veramente giusti».

Sì, “Giusti” non si è in sé, “essere giusti” significa fare le cose giuste, privilegiare ciò che è giusto e fare la cosa giusta va prima di ogni interesse personale. Non è facile fare la cosa giusta perché spesso ci vado di mezzo, ci perdo, devo lasciare una parte di ciò che è mio, devo condividere ciò che posseggo e questo mi spoglia e mi immiserisce.

Oggi, che è la Giornata della Memoria, non dobbiamo dimenticare quello che è successo nel passato contro una popolazione di ebrei ritenuta responsabile di diversi mali che generavano insicurezza nella gente. Già sentito, anche oggi, vero?  La scusa è la stessa.

Ma questo ci deve incoraggiare a contrastare più che mai, anche oggi i nuovi rastrellamenti nelle case di accoglienza, i respingimenti di disperati, vecchi, donne e bambini lasciati morire in mare in nome della sicurezza. Si tratta invece di odio, come quello nazifascista, ma oggi nei confronti dei più reietti e miseri, ultimi e senza voce, nei confronti degli stranieri respinti, affogati, espulsi, senza alcuna compassione. Il vero problema non è la crisi migratoria, ma la nostra crisi morale.

Sono forme di razzismo mitigate, perché nessuno dice “sono razzista”, anzi il vero razzista dice: «Io non sono razzista, però…» non possiamo ospitare tutti, ci rubano il lavoro, sono tutti delinquenti, ci portano malattie… ecc…

Dal primo gennaio, 253 persone hanno trovato la morte nel Mediterraneo e queste notizie ci lasciano senza parole. Affogate in mare in pieno inverno. Il destino del “Titanic” ci commuove ancora oggi, cento anni dopo, mentre i 117 migranti annegati venerdì scorso davanti alla Libia e le 53 persone morte tra la Spagna e il Marocco non sono nemmeno menzionati in tutti i media. È considerata una nota statistica da aggiungere ai 20.000 migranti morti nel Mediterraneo.

Ma il mese di gennaio non è ancora passato e quanti ancora perderanno la vita nel disperato tentativo di cercare una vita lontano da guerre e miseria?

Come mai siamo così lontani dalla parola del Deuteronomio? Stiamo per diventare barbari? Ecco, le parole del Deuteronomio «Cercate di essere veramente giusti» cosa ci dicono davanti alle 20.000 persone annegate nel Mediterraneo? Sono, certamente, domande con le quali dobbiamo senz’altro confrontarci e convivere! Noi possiamo davvero fare poco con le nostre buone intenzioni, ma possiamo testimoniare a chi non ci crede che l’amore di Dio accoglie tutti e che non è vero che non c’è posto per tutti. Se non possiamo usare le mani, possiamo usare il cuore.

Ancora oggi, più che mai, l’attualità del deuteronomio è alle nostre orecchie e continua a ripeterci «Cercate di essere veramente giusti» permettendo un riscatto a tutti coloro che non hanno più un futuro. Amen!

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Pastore Giuseppe Ficara

Consacrato nel 1992, ha svolto il suo ministero nelle chiese di Riesi, Caltanissetta, Agrigento, Trapani e Marsala, Palermo.
Pastore a Luserna San Giovanni da Agosto 2013.

 

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