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Domenica, 09 Marzo 2014 10:59

Sermone di domenica 9 marzo 2014 (Ebrei 4,4-16)

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Testo della predicazione: Ebrei 4, 4-16

«A proposito del settimo giorno, è detto così: «Dio si riposò il settimo giorno da tutte le sue opere»; e di nuovo nel medesimo passo: «Non entreranno nel mio riposo!». Poiché risulta che alcuni devono entrarci, e quelli ai quali la buona notizia fu prima annunziata non vi entrarono a motivo della loro disubbidienza, Dio stabilisce di nuovo un giorno - oggi - dicendo per mezzo di Davide, dopo tanto tempo, come si è detto prima: «Oggi, se udite la sua voce, non indurite i vostri cuori!». Infatti, se Giosuè avesse dato loro il riposo, Dio non parlerebbe ancora d'un altro giorno. Rimane dunque un riposo sabbatico per il popolo di Dio; infatti chi entra nel riposo di Dio si riposa anche lui dalle opere proprie, come Dio si riposò dalle sue. Sforziamoci dunque di entrare in quel riposo, affinché nessuno cada seguendo lo stesso esempio di disubbidienza. Infatti la parola di Dio è vivente ed efficace, più affilata di qualunque spada a doppio taglio, e penetrante fino a dividere l'anima dallo spirito, le giunture dalle midolla; essa giudica i sentimenti e i pensieri del cuore. E non v'è nessuna creatura che possa nascondersi davanti a lui; ma tutte le cose sono nude e scoperte davanti agli occhi di colui al quale dobbiamo render conto. Avendo dunque un grande sommo sacerdote che è passato attraverso i cieli, Gesù, il Figlio di Dio, stiamo fermi nella fede che professiamo. Infatti non abbiamo un sommo sacerdote che non possa simpatizzare con noi nelle nostre debolezze, poiché egli è stato tentato come noi in ogni cosa, senza commettere peccato. Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia, per ottenere misericordia e trovar grazia ed essere soccorsi al momento opportuno». 

Sermone

Care sorelle e cari fratelli, l’autore della lettera agli Ebrei rivolge un lungo sermone ai suoi destinatari per incoraggiarli circa le difficoltà che vivevano nella società come credenti cristiani. Questi credenti trovavano umiliante credere in un Cristo come “uomo di dolore”, le persecuzioni che essi stessi subivano avevano provocato delusione, perché si aspettavano una salvezza che li liberasse dalle sofferenze umane.

Il predicatore però, cerca di rendere ragione dei testi biblici su cui si appoggiavano i credenti, spiegandone il senso autentico, non letterale, ma spirituale, per cui le Scritture dell’Antico Testamento diventano la prefigurazione di un nuovo Patto che Dio farà con l’umanità. Il nuovo Patto è perfetto perché non è stato compiuto con il sangue di animali, ma con il sangue di Cristo, che è la Parola vivente di Dio, Dio stesso che si offre all’umanità. Il nuovo Patto è per sempre, non servono altri olocausti, altre offerte a Dio, ma è accaduto una volta per tutte.

Questa spiegazione deve confortare chi legge la lettera, perché Gesù, l’uomo di dolore, non è rimasto prigioniero della distruzione, della devastazione, dell’annullamento, ma attraverso l’annullamento fisico ha vinto l’insufficienza umana, la sua parzialità, il suo peccato, il suo dolore, la sua sofferenza.

Non bisogna temere dunque, perché siamo in buone mani. Siamo entrati, cioè, all’interno di una nuova alleanza con Dio, in cui Dio stesso decide di essere l’autore della nostra salvezza, del nostro perdono e della nostra redenzione, liberandoci da tutte quelle offerte che davano solo l’illusione di meritare la grazia di Dio.

Il predicatore ricorda il Salmo 95 in cui è detto: “Oggi se udite la sua voce non indurite i vostri cuori” come fece il popolo nel deserto che non raggiunse la terra promessa, il risposo di Dio, ma solo i loro figli.

Ecco, il predicatore ci informa che questa promessa della terra, del riposo, della grazia, del perdono, della libertà, è valida ancora oggi. Oggi può essere l’occasione di vedere davanti a te un futuro, una meta, la promessa di Dio. Il predicatore ci dice che un popolo, una chiesa, che non ha una meta davanti a sé è solo costretto a vagare, a perdersi, a errare.

Oggi puoi fare l’esperienza della promessa di Dio, senza più vagabondare, una promessa che dà veramente il senso alla tua vita perché è Dio stesso, con la sua Parola, che ti cerca. Di  fronte a lui non puoi nasconderti o fingere, puoi solo essere te stesso/a.

Per questo, l’autore paragona la Parola di Dio a una spada affilata a doppio taglio che squarcia il velo che separa il cielo dalla terra, separa l’anima dallo spirito, le giuntura dalle midolla; divide cioè quello che conta da ciò che è solo apparenza, la verità dalla finzione, l’importante da ciò che è di secondaria importanza. L’autore intende orientarci verso una meta, che è una promessa, la libertà da noi stessi, la terra del riposo, della possibilità di essere autentici.

Perciò la Parola di Dio è come una spada, perché essa mette a nudo le nostre contraddizioni, le nostre incoerenze, e nulla può essere nascosto davanti a Dio. Questo vuole sostenere il nostro predicatore della lettera agli Ebrei, caro fratello e cara sorella: vuole dirti che Dio non ti condanna a motivo della tua umanità, anzi ti dà il benvenuto, ti accoglie, chiedendoci di riconoscerti per ciò che sei, ti offre l’opportunità di guardare dentro te stesso/a, di rivolgere all’interno della tua anima uno sguardo introspettivo, di guardare in faccia alle tue paure, ai tuoi timori, alle tue ansie, alle tue preoccupazioni, al tuo dolore, alla tua sofferenza, alla tua rabbia… In fondo, Dio ci conosce meglio di quanto noi conosciamo noi stessi.

Ti è offerto il tempo di fare una sincera introspezione in te stesso/a per individuare la tua maschera, dove si situa il tuo essere e il tuo apparire, come sei dentro veramente e come cerchi di apparire agli altri e a Dio stesso.

La Parola di Dio ti dice che sei accolto/a così come sei da Dio, che egli vuole offriti il suo “riposo”, cioè la terra che egli ha promesso, il luogo in cui tu puoi trovare il tuo posto, lo spazio dove non dovrai vergognarti di essere te stesso/a, di riconoscere la tua fragilità.

Dio ti dà il benvenuto sempre, non solo quando credi di meritarlo, questo devi accettare La Parola di Dio, produce tutto questo, essa fa di un giorno qualunque un “oggi”, di un qualunque momento del nostro tempo ne fa un tempo di trasformazione e di decisione, il tempo della monotonia quotidiana può diventare lo spazio della libertà, della partecipazione, della feconda attività e della gioia.

Questo fa la Parola vivente di Dio: attiva e rinnova la speranza e ristabilisce la fiducia, fa degli esseri umani erranti, dei protagonisti della storia di Dio, li rende discepoli e collaboratori di Gesù.

Ciò che questa Parola ci insegna è di guardare avanti, nella direzione della Promessa di Dio, perché chi guarda al passato è come il popolo d’Israele che non riesce a passare dalla schiavitù dell’Egitto alla libertà della terra promessa.

Certo, non si tratta di un cammino facile, il riferimento che il nostro brano fa a Israele nel deserto, riflette le nostre ansie e le difficoltà della nostra marcia, riflette le asperità del deserto che, tante volte, ci troviamo a dover attraversare, perché tante volte, anche noi, dubitiamo, vorremmo tornare indietro,  cercare una strada senza ostacoli.

Il predicatore ci insegna a non rinunciare, ad andare avanti con fiducia, a guardare lontano, al di là del nostro piccolo orizzonte; ci ricorda che la promessa che Dio fece al suo popolo, quella di “entrare nel suo riposo”, è ancora per noi, oggi.

È una opportunità che Dio ti offre, fratello, sorella, l’opportunità è quella di dare un senso nuovo alla vita, un nuovo obiettivo, una nuova meta. È una trasformazione che la Parola di Dio compie ogni volta che la riceviamo, essa non ci lascia come prima, ma ci cambia, non rende mai lo stesso giorno uguale al giorno prima.

«Sforziamoci di entrare in quel riposo» annuncia il nostro predicatore, rispondiamo cioè con tutta la gioia della nostra anima al Dio che ci accoglie e ci dà sempre il suo benvenuto qualunque sia la nostra condizione e il nostro umore. Amen!

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Pastore Giuseppe Ficara

Consacrato nel 1992, ha svolto il suo ministero nelle chiese di Riesi, Caltanissetta, Agrigento, Trapani e Marsala, Palermo.
Pastore a Luserna San Giovanni da Agosto 2013.

 

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