Culto domenicale:
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Domenica, 23 Febbraio 2014 14:38

Sermone di domenica 23 febbraio 2014 (Atti 16,6-15)

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Testo della predicazione: Atti degli Apostoli 16,6-15

Poi attraversarono la Frigia e la regione della Galazia, perché lo Spirito Santo vietò loro di annunciare la parola in Asia; e, giunti ai confini della Misia, cercavano di andare in Bitinia; ma lo Spirito di Gesù non lo permise loro; e, oltrepassata la Misia, discesero a Troas. Paolo ebbe durante la notte una visione: un macedone gli stava davanti, e lo pregava dicendo: «Passa in Macedonia e soccorrici». Appena ebbe avuta quella visione, cercammo subito di partire per la Macedonia, convinti che Dio ci aveva chiamati là, ad annunciare loro il vangelo. Perciò, salpando da Troas, puntammo diritto su Samotracia, e il giorno seguente su Neapolis; di là ci recammo a Filippi, che è colonia romana e la città più importante di quella regione della Macedonia; e restammo in quella città alcuni giorni. Il sabato andammo fuori dalla porta, lungo il fiume, dove pensavamo vi fosse un luogo di preghiera; e sedutici parlavamo alle donne là riunite. Una donna della città di Tiatiri, commerciante di porpora, di nome Lidia, che temeva Dio, ci stava ad ascoltare. Il Signore le aprì il cuore, per renderla attenta alle cose dette da Paolo. Dopo che fu battezzata con la sua famiglia, ci pregò dicendo: «Se avete giudicato ch'io sia fedele al Signore, entrate in casa mia, e alloggiatevi». E ci costrinse ad accettare.

Sermone

Care sorelle, cari fratelli,

per chi desidera annunciare l’evangelo cioè la buona notizia che da senso alla vita, percepire che c’è qualcuno che lo aspetta, che ne ha bisogno è una motivazione forte. Così è stato per noi nei decenni successivi al 1848. La missione delle chiese evangeliche in Italia era motivata dalla convinzione che oltre il ghetto valdese ci fossero persone che avevano bisogno dell’evangelo. Anche i nostri antenati avevano sognato come Paolo, un uomo, rappresentante di tutto un popolo, che diceva: “vieni a soccorrerci”.

La base di ogni evangelizzazione è la convinzione che c’è qualcuno che ha bisogno del soccorso dell’annuncio di Cristo. Paolo così parte, dall’Asia si trasferisce in Europa, in Macedonia (oggi Grecia del nord); finalmente, dopo un periodo di stasi nella missione, può ripartire, per giunta con una forte motivazione.

Ma giunto a Filippi, non si capisce immediatamente l’urgenza, l’attesa della predicazione. Dove è il popolo in attesa dell’evangelo? Per alcuni giorni Paolo e i suoi collaboratori girano per la città, vagabondano senza trovare un punto di aggancio per la loro predicazione. Non c’è nemmeno una sinagoga in città. Alla fine, di sabato (tradizionale giorno di riunione nelle sinagoghe) si dirigono fuori dalla porta della città e come in un estremo tentativo, cercano la sinagoga vicino al fiume (le sinagoghe avevano bisogno di fonti vicine per i riti di purificazione). Il macedone bisognoso della predicazione dell’evangelo rappresentava forse la comunità degli uomini ebrei di Filippi? Ma anche questa volta grande è la delusione. Lungo il fiume non c’è nessuna sinagoga. Ci sono solo delle donne probabilmente impegnate a lavorare. Il testo ci presenta una di loro, la capa, si chiama  Lidia, commerciante di porpora, una straniera (originaria di Tiatiri in Asia), simpatizzante  ebrea (il testo dice timorata di Dio). Il sogno dell’uomo macedone destinatario dell’annuncio dell’evangelo prende corpo in un gruppo di donne.

L’evangelizzazione spesso parte da ciò che si conosce; si pianifica, si immagina a partire da una riflessione sulle proprie possibilità, ma si realizza cogliendo l’occasione che si presenta, fino ad ora non immaginata. Non è forse accaduto così anche ai nostri antenati? Spesso hanno pensato di appoggiarsi ai credenti protestanti europei emigrati in Italia  per dare inizio all’evangelizzazione del popolo italiano e hanno dovuto   con tutte le difficoltà del caso, incontrare   gli artigiani toscani, i minatori siciliani e dire Cristo in terreni sorprendenti.

Lidia ascolta con attenzione la predicazione di Paolo, il messaggio dell’evangelo di Gesù Cristo; il messaggio della salvezza la prende e comincia a credere nel Dio di Gesù Cristo, tanto che chiede il battesimo per se stessa e per la sua famiglia. Alla fine invita  con insistenza Paolo e i suoi accompagnatori a casa sua. Nasce così, secondo il nostro racconto, il primo nucleo della chiesa di Filippi, nella casa di Lidia, commerciante di porpora.

Tutto è andato diversamente da come Paolo si era immaginato. Non un uomo macedone, ma una donna immigrata, non una sinagoga, ma un luogo della vita quotidiana. E’ come se Dio, avesse guidato le strade di Paolo e di Lidia verso il loro incontro: entrambi partono dall’Asia per incontrarsi in Gesù Cristo in quella città europea.

Ma c’è di più. Paolo come ebreo era abituato che le questioni della fede, la relazione con Dio, l’osservanza dei comandamenti sono affari degli uomini, non delle donne. Un certo numero di uomini è necessario per la validità del culto nella sinagoga, solo gli uomini sono obbligati a pregare e digiunare. Attraverso l’incontro con Lidia e la sua prima esperienza a Filippi che concretizza il suo sogno, Paolo deve imparare qualcosa. Nella chiesa di Gesù Cristo contano anche le donne. L’evangelizzatore è a sua volta evangelizzato.

Una chiesa che evangelizza annunciando Cristo a chi è messo sul suo cammino da Dio, è una chiesa che può a sua volta ricevere un nuovo annuncio dell’evangelo. E’ una chiesa che si lascia condurre da Dio e non vive semplicemente di se stessa, delle proprie idee, della propria immaginazione.

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Erika Tomassone

Consacrata nel 1984, è pastora a Rorà e a Luserna San Giovanni dal 2011.

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