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Domenica, 22 Aprile 2018 13:13

Sermone di domenica 22 aprile 2018 (II Corinzi 4,16-18)

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Testo della predicazione: II Corinzi 4,16-18

«Non scoraggiamoci anche se il nostro essere esteriore va in disfacimento, quello interiore viene rinnovato giorno dopo giorno. Infatti, la lieve e momentanea tribolazione ci procura, oltre ogni misura, un carico eterno di gloria. Noi non scrutiamo le cose visibili, ma quelle invisibili. Quelle visibili, infatti, sono fugaci, mentre quelle invisibili sono eterne».

Sermone

Cari fratelli e sorelle, l’apostolo Paolo sta facendo una riflessione sul senso della vita. L’apostolo parla delle fragilità che le difficoltà della vita producono nei credenti, in questa lettera scrive a delle persone che attraversano momenti difficili dovuti a persecuzioni e discriminazioni. Perciò cerca di dare a questi credenti una parola di incoraggiamento.

L’apostolo Paolo sa che possiamo diventare fragili e deboli, sa che possiamo attraversare momenti di stanchezza durante i quali vorremmo rinunciare a tutto, vorremmo arrenderci e dire: «Ma chi me lo fa fare?», e a tutti dice che, quando sentiamo venir meno le forze e il senso della vita, dobbiamo ricordarci che è Dio stesso la fonte della vita”, è Lui che illumina l’interno della nostra esistenza che, a dispetto di ogni debolezza, la nostra vita riceve da Dio un valore nuovo e autentico che le dà sollievo, forza, coraggio.

Dio ci fa vedere in modo diverso le nostre fragilità, e lo fa attraverso il dono della fede. La fede dà il giusto peso alle cose e ridimensiona le prove e le difficoltà della vita, ci permette di superare il senso di paura e di tristezza. Se prima vedevamo una montagna che si presentava davanti a noi, ora vediamo un sasso da scavalcare lungo il nostro cammino.

Ecco, per l’apostolo, la fede ci aiuta a dare il giusto peso agli eventi che ogni giorno ci accadono, ci incoraggia a non ingigantirli, ma neppure a sottovalutarli, e ci invita a ricordare che Dio è davvero vicino a noi e ci accompagna, non solo dentro la nostra immaginazione o il nostro desiderio, ma concretamente.

Ogni giorno, dal mattino al giorno dopo, Dio cammina con noi, è il nostro compagno di viaggio discreto, silenzioso, tanto che non ce ne accorgiamo neppure, ma c’è, sempre, pronto a prenderci per mano quando ci smarriamo, a rialzarci quando cadiamo, a fare luce sulla nostra strada quando si fa buio.

L’apostolo ci dice che l’amore di Dio ci permette di non disperare, di non scoraggiarci, di non abbatterci; anzi, questo amore di Dio ci fa sentire amati, accettati, accolti, e tutto questo ci riempie di speranza per il nostro domani. Certo non riusciamo a vedere con i nostri occhi le braccia di Dio attorno ai nostri fianchi quando le nostre gambe vacillano, non possiamo vedere la mano di Dio sulla nostra spalla quando siamo tristi, ma ne possiamo essere certi.

Questa è la fede, la fede vede ciò che gli occhi non vedono.

Quando l’apostolo parla di un essere esteriore, sta riferendosi alla nostra vita quotidiana di alti e bassi, di sofferenze, di sconfitte e fallimenti. Quando invece parla di un essere interiore, parla della persona che ha speranza, una speranza che nasce dal rapporto con Dio, una speranza che ci trasforma in persone che guardano davanti a sé sapendo di non essere mai sole.

Dunque, siamo invitati a guardare non con i nostri occhi fisici, ma con gli occhi della fede che ci permettono di vedere oltre la superficie, oltre le apparenze, ma anche oltre la disperazione, il dolore, la sofferenza, la rassegnazione.

«Non si vede bene che col cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi», diceva la volpe al piccolo Principe di Antoine de Saint-Exupéry, rivelandogli il segreto della vita, una vita in cui il prossimo e le cose assumono un significato nuovo: nuovi affetti, legami, rapporti umani. «L’essenziale è invisibile agli occhi».

Per questo l’apostolo può dire: «Abbiamo lo sguardo intento non alle cose visibili, ma a quelle invisibili» come per dirci che c’è una realtà più grande della nostra e che possiamo vedere.

Questa realtà non è altro che l’amore di Dio che ci aiuta a sentirci sempre sostenuti e amati.

Quando ero ragazzo avevo un microscopio che mi affascinava enormemente perché riuscivo a vedere particolari che ad occhio nudo era impossibile vedere. Le cose che vedevo al microscopio esistevano davvero all’interno di fiori e insetti, ma nessuno poteva vederle ad occhio nudo, eppure esistevano.

Ecco, l’apostolo ci rivela il dono della fede che, come una lente d’ingrandimento, ci fa vedere cioè una realtà nuova e sorprendente che cambia i nostri rapporti con gli altri perché è la dimensione dell’amore, dell’accoglienza, della solidarietà.

Quello che vediamo ad occhio nudo è poca cosa rispetto a quello che vi è oltre.

Ecco, con la nostra fede possiamo vedere ciò che è importante, essenziale, possiamo andare oltre le apparenze, al di là della pelle nera o bianca delle persone che incontriamo, al di là della violenza, dell’egoismo umano, della guerra, per vedere che c’è speranza e che possiamo avere la forza di non arrenderci mai, la forza di perdonare, di uscire dal proprio guscio di paura perché siamo sostenuti e amati da Dio. Questo ci permette di confrontarci serenamente, senza timore, di intessere rapporti nuovi e permettere che succeda la riconciliazione, la solidarietà.

Vedere oltre significa gettare ponti e creare legami, affetti nuovi, prima impossibili.

L’apostolo ce lo insegna perché questo diventi per tutti un modello di vita che rende la nostra umanità migliore, più fraterna e più umana, secondo il progetto di Dio. Amen!

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Pastore Giuseppe Ficara

Consacrato nel 1992, ha svolto il suo ministero nelle chiese di Riesi, Caltanissetta, Agrigento, Trapani e Marsala, Palermo.
Pastore a Luserna San Giovanni da Agosto 2013.

 

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