Culto domenicale:
ore 10,00 Tempio dei Bellonatti
Numero di telefono del presbiterio: 0121.30.28.50
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Testo della predicazione: Marco 6,30-44
Gli apostoli si riunirono attorno a Gesù e gli riferirono tutto quello che avevano fatto e insegnato. Ed egli disse loro: «Venitevene ora in disparte, in un luogo solitario, e riposatevi un poco». Difatti, era tanta la gente che andava e veniva, che essi non avevano neppure il tempo di mangiare. Partirono dunque con la barca per andare in un luogo solitario in disparte. Molti li videro partire e li riconobbero; e da tutte le città accorsero a piedi e giunsero là prima di loro. Come Gesù fu sbarcato, vide una gran folla e ne ebbe compassione, perché erano come pecore che non hanno pastore; e si mise a insegnare loro molte cose. Essendo già tardi, i discepoli gli si accostarono e gli dissero: «Questo luogo è deserto ed è già tardi; lasciali andare, affinché vadano per le campagne e per i villaggi dei dintorni e si comprino qualcosa da mangiare». Ma egli rispose: «Date loro voi da mangiare». Ed essi a lui: «Andremo noi a comprare del pane per duecento denari e daremo loro da mangiare?». Egli domandò loro: «Quanti pani avete? Andate a vedere». Essi si accertarono e risposero: «Cinque, e due pesci». Allora egli comandò loro di farli accomodare a gruppi sull'erba verde; e si sedettero per gruppi di cento e di cinquanta. Poi Gesù prese i cinque pani e i due pesci, e, alzati gli occhi verso il cielo, benedisse e spezzò i pani, e li dava ai discepoli, affinché li distribuissero alla gente; e divise pure i due pesci fra tutti. Tutti mangiarono e furono sazi, e si portarono via dodici ceste piene di pezzi di pane, ed anche i resti dei pesci. Quelli che avevano mangiato i pani erano cinquemila uomini.
Sermone
Gesù nel suo ministero in Galilea, attira molte persone. Con le sue guarigioni, con le sue parole, con la sua attenzione ha incontrato le necessità spirituali e materiali di quella popolazione che soffre molte cose: l’occupazione romana, malattie, povertà, disorientamento e esclusione dalla vita religiosa. Per molti così Gesù era qualcuno in cui sperare per un cambiamento della propria situazione.
Forse la sinagoga, il catechismo imparato, i consigli dei rabbini, quando ancora li potevano ascoltare, non erano più in grado di parlare alle loro persone e al loro cuore. Proprio come a volte temiamo noi, che la nostra predicazione, il nostro annuncio non raggiunga chi ne ha necessità.
Gesù con la sua pratica di parole e fatti attirava; per questo vediamo nel testo una folla disordinata e in continuo movimento, gente che viene e che va, ognuno con le sue necessità. Una grande confusione. Tante ricerche di Dio, tante domande sulla propria vita in una grande confusione. Così è in fondo il campo del nostro annuncio dell’evangelo. Sappiamo, come lo sapeva la chiesa dell’evangelista Marco, che c’è gente che cerca Dio, ma cosa cerca ci sembra confuso e disordinato: un via vai senza soffermarsi, senza prendere il tempo per ascoltare, per sostare.
L’assedio della folla avviene però in un momento apparentemente inopportuno per quel giorno. Gesù infatti ha già un programma: prendersi del tempo per i discepoli, un tempo di isolamento dopo il grande lavoro missionario da cui sono appena tornati. Una barca lontano dalla folla, per approdare lontano dalla confusione. I discepoli e il loro maestro.
Ma la folla ha occhi buoni, e gli occhi diventano sguardo che nota la barca e il desiderio è così forte che lo sguardo si proietta al punto di sbarco, e lo sguardo si fa voce che corre, folla che accorre.
Ecco la folla ce l’ha fatta: ha raggiunto Gesù, anzi è arrivata prima di lui.
Gesù guarda la folla e il suo sguardo è lo sguardo della compassione, non della pena, ma dell’empatia, della solidarietà piena di condivisione della condizione di quella gente: in una parola, è uno sguardo d’amore.
Il suo sguardo vede la condizione di quella folla: pecore senza pastore, persone abbandonate a loro stesse nella ricerca del senso della loro vita, di fronte alle malattie, all’assenza di prospettive. Il suo sguardo si fa quindi subito azione a favore di quella folla, si fa parola, insegnamento.
Gesù prontamente offre la Parola, raccoglie sotto la sua parola tutta quella corsa confusa.
Lo sguardo dei discepoli vaga oltre la folla, guarda il sole che sta per tramontare, si sta facendo tardi. In silenzio sono stati lì tutta la giornata. Ogni tanto hanno guardato quella massa confusa di persone provando fastidio. Il loro sguardo sfuggente è quello della rivalità: dovevamo noi stare con Gesù oggi. Già non siamo riusciti a mangiare a pranzo! Adesso hanno ricevuto l’insegnamento necessario. Possono anche tornare a casa loro.
E’ ora di mettere un limite, ristabilire un ordine in questa giornata frenetica. Mettiamo anche un limite tra noi e loro. Tra noi che siamo la cerchia stretta di Gesù e loro che ancora non hanno deciso. Questo è forse il pensiero che non riescono a dire apertamente. Perciò se ne escono con una proposta che sembra prendere in considerazione una necessità della folla: mangiare cena. Ma così mettono un confine: tra la folla e Gesù, tra loro e la folla. Fino a che punto essere generosi con quella gente?
Ora lo sguardo di Gesù si sposta sui discepoli e il limite, la frontiera tra noi e loro si apre. E’ vero che è tardi, è vero che la gente ha ora bisogno di mangiare, ma possiamo mangiare qui con loro. Non c’è alcun bisogno di separarsi. Tocca voi, offrite voi da mangiare. Aver incontrato in Cristo, l’amore sconfinato di Dio significa che i suoi discepoli non sono chiamati a creare confini ma a immaginare azioni che riflettano questo amore sconfinato che ha toccato anche noi, senza il quale noi non saremmo discepoli.
Allo sguardo del limite ora si aggiunge quello del calcolo, della misura. Non abbiamo abbastanza denaro per acquistare il pane per tutti. Ma anche la misura ed il calcolo, come il limite, non appartengono al Dio di Gesù Cristo. Date qualcosa che già avete, date del vostro. Uscite dalla logica della rivalità del limite, della misura per sperimentare non l’assistenza a gente povera, ma che cosa è comunione. Il loro contro voi diventerà noi nella condivisione del dono che viene da Dio.
Alla fine si rivive la scena di Israele nel deserto alle prese con la fiducia incerta nel Dio della loro liberazione dalla schiavitù. Si ritorna idealmente a quel luogo in cui il popolo a gruppi, con regole precise usciva dal suo lamento confuso e sperimentava il dono di Dio nella manna. La folla si siede, ordinata, in gruppi calcolati, la sua corsa, la confusione sono finite. Il gregge è raccolto e la parola di Gesù diventa gesto e cibo. La parola nata dalla compassione diventa gesto di comunione cui i discepoli sono associati come coloro che servono, che si devono chinare su quei gruppi e offrire del loro. L’ordine che tanto desideravano non si realizza mettendo limiti di tempo, di mezzi, di opportunità. L’ordine che crea Gesù è per la comunione, la possibilità di sperimentare l’uscita dalla confusione nella condivisione, nel soffermarsi, nello stare gli uni a fianco degli altri. Il gregge è curato non solo quando ognuno riceve una parola, ma quando sosta insieme nella condivisione. La folla che correva senza sosta, è seduta e le perone calcolabili: sono 5000!
Il cibo è bastato per tutti, anzi ne è avanzato. Il dono amorevole di Dio in Cristo è sovrabbondante: raccoglie sotto la Parola, crea condivisione e comunità. Quelle ceste avanzate sono per noi la promessa di altre condivisioni possibili, altre possibilità di vivere comunità. Noi nel testo siamo i discepoli di Gesù, coloro che sanno quanto il Cristo sia fondamentale per loro. Se no non saremmo venuti al culto. Ma non possiamo ignorare che il Cristo ci chiama a aprire i limiti, a guardare ai nostri compagni di umanità con una solidarietà partecipata alle ansie, le ricerche di Dio, a quel qualcosa magari confuso che sostenga la vita, a mettere a disposizione i doni che dobbiamo riconoscere Dio ci ha fatto, anche se sembrano pochi e insufficienti perché Dio operi anche per noi il miracolo di quella sosta, quel sedersi insieme per vivere la comunione tra le persone e con Dio. Le 12 ceste avanzate sono la promessa a cui guardiamo. Amen!
Consacrata nel 1984, è pastora a Rorà e a Luserna San Giovanni dal 2011.
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