Culto domenicale:
ore 10,00 Tempio dei Bellonatti

Numero di telefono del presbiterio: 0121.30.28.50

Pastore Giuseppe Ficara

Consacrato nel 1992, ha svolto il suo ministero nelle chiese di Riesi, Caltanissetta, Agrigento, Trapani e Marsala, Palermo.
Pastore a Luserna San Giovanni da Agosto 2013.

 

Indirizzo: Via Beckwith 49, Luserna San Giovanni (TO), 10062, ITALIA

Tel/Fax: (+39) 0121/30.28.50

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Testo della predicazione: Isaia 58,1-9a

«Grida a piena gola, non ti trattenere, alza la tua voce come una tromba; dichiara al mio popolo le sue trasgressioni, alla casa di Giacobbe i suoi peccati. Mi cercano giorno dopo giorno, prendono piacere a conoscere le mie vie, come una nazione che avesse praticato la giustizia e non avesse abbandonato la legge del suo Dio; mi domandano dei giudizi giusti, prendono piacere ad accostarsi a Dio. "Perché", dicono essi, "quando abbiamo digiunato, non ci hai visti? Quando ci siamo umiliati, non lo hai notato?" Ecco, nel giorno del vostro digiuno voi fate i vostri affari ed esigete che siano fatti tutti i vostri lavori. Ecco, voi digiunate per litigare, per fare discussioni, e colpite con pugno malvagio; oggi, voi non digiunate in modo da far ascoltare la vostra voce in alto. È forse questo il digiuno di cui mi compiaccio, il giorno in cui l'uomo si umilia? Curvare la testa come un giunco, sdraiarsi sul sacco e sulla cenere, è dunque questo ciò che chiami digiuno, giorno gradito al Signore? Il digiuno che io gradisco non è forse questo: che si  spezzino le catene della malvagità, che si sciolgano i legami del giogo, che si lascino liberi gli oppressi e che si spezzi ogni tipo di giogo? Non è forse questo: che tu divida il tuo pane con chi ha fame, che tu conduca a casa tua gli infelici privi di riparo, che quando vedi uno nudo tu lo copra e che tu non ti nasconda a colui che è carne della tua carne? Allora la tua luce spunterà come l'aurora, la tua guarigione germoglierà prontamente; la tua giustizia ti precederà, la gloria del Signore sarà la tua retroguardia. Allora chiamerai e il Signore ti risponderà; griderai, ed egli dirà: Eccomi!

Sermone

     Cari fratelli e care sorelle, è una promessa di salvezza che il profeta Isaia annuncia e l’ fa in un’epoca difficile, quando il popolo è reduce dall’esilio in terra straniera, Babilonia. Il re persiano Ciro nel 538 a.C. è vincitore su Babilonia ed emana un editto che pone fine all’esilio di Israele; così comincia il ritorno in patria dei profughi esiliati, e con difficoltà, si ripopolano le campagne, comincia una lenta ricostruzione di quanto era stato distrutto e raso al suolo, anche il tempio di Gerusalemme.

     Ma le ristrettezze economiche fanno vacillare quanti hanno compiuto questo atto di fede, spesso si fermano i lavori di ricostruzione, presto entra lo scoramento e la sfiducia, lo slancio di un nuovo inizio presto si affievolisce.

     È a questa gente che Isaia parla, gente che tuttavia si rivolge a Dio, e a lui domanda quale futuro si delinea davanti a loro. Il lamento che sale a Dio è collettivo. Il popolo si rivolge a Dio nel culto, rende a Lui sacrifici, pratica diversi riti e, in particolare, il digiuno.

Ma Dio se ne sta in silenzio.

Gesù disse in uno dei suoi discorsi all'interno del Sermone sul Monte contenuto nel Vangelo di Matteo: 

«Voi avete udito che fu detto: "Occhio per occhio e dente per dente".

Ma io vi dico: non contrastate il malvagio; anzi, se uno ti percuote sulla guancia destra, porgigli anche l'altra; e a chi vuol litigare con te e prenderti la tunica, lasciagli anche il mantello. Se uno ti costringe a fare un miglio, fanne con lui due. Dà a chi ti chiede, e a chi desidera un prestito da te, non voltar le spalle» (Matteo 5,38-42).       

I motivi per rinunciare alla violenza possono essere diversi:

  1.       una protesta passiva,
  2.       una neutralità disinteressata,
  3.        una strategia di sopravvivenza. 

Il Nuovo Testamento esprime un imperativo etico che non ha lo spirito delle tre forme esposte. La rinuncia alla violenza non è motivata dall'impotenza, dalla neutralità o dall’istinto di sopravvivenza, ma prende in considerazione l'avversario che pratica la violenza.

L'Antico Testamento esprime una speranza con le seguenti parole di Isaia: 

Egli giudicherà tra nazione e nazione e sarà l'arbitro fra molti popoli;
ed essi trasformeranno le loro spade in vomeri d'aratro,
e le loro lance, in falci;
una nazione non alzerà più la spada contro un'altra,
e non impareranno più la guerra (Isaia 2,4).       

Isaia esprime la sua speranza in un sovrano pacifico e in un periodo di pace. Formulato quasi con le stesse parole, questo versetto lo si trova in Michea, tutti e due parlano di un periodo futuro di pace. 

Egli sarà giudice fra molti popoli,
arbitro fra nazioni potenti e lontane.
Dalle loro spade fabbricheranno vòmeri,
dalle loro lance, ròncole;
una nazione non alzerà più la spada contro l'altra
e non impareranno più la guerra (Michea 4,3). 

Testo della predicazione: Romani 9, 15-20

Dio dice a Mosè: «Io avrò misericordia di chi avrò misericordia e avrò compassione di chi avrò compassione». Non dipende dunque né da chi vuole né da chi corre, ma da Dio che fa misericordia. La Scrittura infatti dice al faraone: «Appunto per questo ti ho suscitato: per mostrare in te la mia potenza e perché il mio nome sia proclamato per tutta la terra». Così dunque egli fa misericordia a chi vuole e indurisce chi vuole. Tu allora mi dirai: «Perché rimprovera egli ancora? Poiché chi può resistere alla sua volontà?» Piuttosto, o uomo, chi sei tu che replichi a Dio? La cosa plasmata dirà forse a colui che la plasmò: «Perché mi hai fatta così?» 

Sermone

     Cari fratelli e care sorelle, cari bambini e care bambine, sapete, l’apostolo Paolo era un pastore che cercava di spiegare alla chiesa che Dio si dà da fare per il bene di tutti. Anche quando sembra che le cosa vadano male, in realtà Dio è vicino a quelle persone, li vuole ancora più bene e li aiuta a superare le difficoltà.

     Ricordate tutti la storia del popolo in Egitto e del cattivo faraone che lo rendeva schiavo, vero? Ecco, Dio mostra al popolo, Israele, quanto gli vuole bene, facendo diventare il faraone ancora più cattivo, ancora più testardo. Infatti il faraone non voleva lasciare partire Israele per abitare in una terra tutta sua. Allora, Dio si dà da fare, fa partire il popolo, apre le acque del Mar Rosso per farlo attraversare dal popolo e gli egiziani che lo inseguivano per catturalo e farlo tornare indietro restano a guardare perché le acque si richiudono,torna il mare, e non possono attraversarlo.

Ritorniamo a Paolo, questo, pastore che ci spiega che Dio fa le cose per il nostro bene, senza chiedercene il permesso, come quando la mamma vi dà la medicina per guarire, e ci spiega che Dio è libero e che vuole per noi la libertà.

Questa sera, se la pioggia lo permette, accenderemo un grande fuoco su un grande prato, un falò per ricordare che Dio, tanti anni fa, si è dato da fare per rendere liberi i valdesi, che prima non lo erano, furono liberi di poter andare a studiare e a lavorare anche fuori da queste Valli. Quindi, stasera, faremo una grande festa attorno al fuoco per dire “grazie” al Signore che ci ha aiutati a renderci liberi. 

Il Pentateuco è una composizione dove convergono più tradizioni a raccontare i fatti accaduti nella storia d'Israele. Così accade anche per quanto riguarda la composizione di altri libri dell'Antico Testamento. Nel caso nostro della guerra, un esempio può essere quello relativo all'insediamento di Israele nella terra donatagli da Dio, attraverso un'occupazione violenza che, appare come un principio ovvio. Non così per il libro delle Cronache che contraddice questo articolo di fede per mezzo di omissioni e affermazioni positive. Nel Primo libro delle Cronache al cap. 7 è spiegato che Efraim e Manasse, i figli di Giuseppe nati e morti in Egitto, non vissero là, ma nella terra di Canaan e Giosuè stesso dista solo 10 generazioni dai suoi avi. 

7,24Efraim ebbe per figlia Seera, che costruì Bet-Oron, la inferiore e la superiore, e Uzzen-Seera. 25Ebbe ancora per figli: Refa e Resef; tra questi Refa ebbe per figlio Tela, che ebbe per figlio Taan, 26 che ebbe per figlio Ladan, che ebbe per figlio Ammiud, che ebbe per figlio Elisama, 27che ebbe per figlio Nun, che ebbe per figlio Giosuè. 28 Le loro proprietà e abitazioni furono Betel e le città che ne dipendevano: dalla parte d'oriente, Naaran; da occidente, Ghezer con i villaggi vicini, Sichem con le città che ne dipendevano, fino a Gaza con le città che ne dipendevano (I Cronache 7,24-28). 

Lo scopo che intendono raggiungere gli autori del libro delle Cronache è quello di dimostrare che un ingresso violento di Israele nella propria terra non ha mai avuto luogo.

Questo è potuto accadere perché nella Bibbia sono contenute più fonti, cioè diverse tradizioni che hanno raccontato la storia dal proprio punto di vista. Il redattore finale dei testi biblici non ha fatto una scelta, ma ha mantenuto le diverse tradizioni.

Emergono chiaramente tre fonti che prendono i seguenti nomi:

  1. Jahvista (J)
  2. Elohista (E)
  3. Sacerdotale (P) 

Il redattore finale è detto Deuteronomista (Dtr), da cui il libro del Deuteronomio (da deuteros nomos, cioè seconda legge) che, ovviamente, è uno scritto quasi interamente tardivo.

Testo della predicazione: II Pietro 1,16-19

Infatti vi abbiamo fatto conoscere la potenza e la venuta del nostro Signore Gesù Cristo, non perché siamo andati dietro a favole abilmente inventate, ma perché siamo stati testimoni oculari della sua maestà. Egli, infatti, ricevette da Dio Padre onore e gloria quando la voce giunta a lui dalla magnifica gloria gli disse: «Questi è il mio diletto Figlio, nel quale mi sono compiaciuto». E noi l'abbiamo udita questa voce che veniva dal cielo, quando eravamo con lui sul monte santo. Abbiamo inoltre la parola profetica più salda: farete bene a prestarle attenzione, come a una lampada splendente in luogo oscuro, fino a quando spunti il giorno e la stella mattutina sorga nei vostri cuori». 

Sermone

     Care sorelle e cari fratelli, la seconda lettera di Pietro è scritta da un credente molto preoccupato per Chiesa del Signore. Siamo nel secondo secolo e si avverte una grande stanchezza, la promessa del ritorno di Cristo si fa attendere e molti credenti hanno cominciato a sostenere che il suo ritorno non accadrà, che in fondo neppure la venuta di Cristo ha cambiato nulla nel mondo. Dunque alcuni cominciano a dire: «Dov’è la promessa della sua venuta? I nostri padri sono morti e nulla è cambiato fin dalla creazione» (3,4). Tutto è come prima, non ci sono segni che attestino la realizzazione di una promessa e neppure che qualcosa, in futuro, cambierà. Nulla è cambiato da quando il mondo è stato creato.

Affermazione che rivela una grande disillusione e soprattutto una affermazione che invita a non illudersi ancora ingannando se stessi. Cristo è morto, è risuscitato, è salito al cielo per chi, per cosa? Si domandavano alcuni. Noi siamo qui a subire un mondo violento e ostile, sopportiamo persecuzioni e soprusi, ci contrapponiamo a una morale persa nella disonestà e nella licenziosità, ma senza un riconoscimento, senza che il nostro impegno scalfisca nulla, senza che cambi qualcosa, senza che questo mondo migliori davvero. Tanto vale comportarsi come tutti gli altri, vivendo e godendosi la vita.

Martedì, 04 Febbraio 2014 22:59

Lezione 4: Così estirperai il male da te

Un nemico comune per rinsaldare i propri valori 

La violenza di una società contro le minoranze, gli emarginati, i «diversi», affonda spesso le sue radici nel bisogno di fondare una propria identità e sicurezza. Qui l'esistenza di persone che pensano e si comportano diversamente può costituire una minaccia per i propri valori, così, per rinsaldare l'unione della maggioranza e rafforzare la validità delle proprie leggi si  discriminano delle minoranze, si escludono gli emarginati e si costruisce un'immagine negativa del «nemico». Contro i nemici veri o presunti si starà «uniti», si starà «insieme» e si «rifletterà sui propri valori ... »

Questo modo di agire, che pone delle barriere e che assicura la propria identità, lo incontriamo spesso anche nella storia, nella letteratura e nella religione dell'antico Israele. La validità delle prescrizioni del culto, delle norme sociali e morali e delle strutture politiche viene spesso motivata col fatto che servono ad assicurare l'identità di Israele. 

Perciò non c'è da meravigliarsi che negli antichi testi veterotestamentari l'emarginato venga spesso considerato come colui che si sottrae alle regole della comunità, che le mette in pericolo e che perciò deve essere respinto o eliminato.

Martedì, 28 Gennaio 2014 23:13

Lezione 3: Le guerre sante

Nel ricostruire gli elementi che strutturano la guerra santa, il teologo Gerard von Rad ha scoperto che questi elementi sono ricorrenti nelle guerre riportate dai libri di Giosuè, Giudici e I Samuele e che hanno uno svolgimento stereotipato, fisso.

Si inizia con la chiamata alle armi. I guerrieri osservano quindi le prescrizioni: praticano l'astinenza sessuale, fanno voti, si sottomettono al precetto della purezza rituale; anche le armi vengono consacrate. Seguono i sacrifici e la consultazione di Dio: Dio risponde che ha messo il nemico nelle mani d'Israele. La guerra viene definita "guerra del Signore", cioè che Dio combatte per il suo popolo la cui forza non conta. La guerra ha inizio con la "teeah" il «grido di guerra» il cui segnale veniva dato dallo "šôpâr", un corno d'ariete. I nemici sono allora assaliti dal terrore di Dio, la vittoria d'Israele è garantita. Il bottino viene interdetto (herem) e offerto al Signore, uomini e animali vengono uccisi, l'oro e altro materiale di valore vengono immessi nel tesoro del Signore. Ottenuta la vittoria, l'esercito viene congedato.       

Giosuè 6,2

E il Signore disse a Giosuè: «Vedi, io do in tua mano Gerico, il suo re, i suoi prodi guerrieri». 

Giosuè 10,12-15

 Allora Giosuè parlò al Signore, il giorno che il Signore diede gli Amorei in mano ai figli d'Israele, e disse in presenza d'Israele: «Sole, fermati su Gabaon, e tu, luna, sulla valle d'Aialon!» E il sole si fermò, e la luna rimase al suo posto, finché la nazione si fu vendicata dei suoi nemici.

Questo non sta forse scritto nel libro del Giusto?

Testo della predicazione: Atti 10,23b-28

Il giorno seguente andò con loro; e alcuni fratelli di Ioppe l’accompagnarono. L’indomani arrivarono a Cesarea. Cornelio li stava aspettando e aveva chiamato i suoi parenti e i suoi amici intimi. Mentre Pietro entrava, Cornelio, andandogli incontro, si inginocchiò davanti a lui. Ma Pietro lo rialzò, dicendo: «Àlzati, anch’io sono uomo!» Conversando con lui, entrò e, trovate molte persone lì riunite, disse loro: «Voi sapete come non sia lecito a un giudeo di aver relazioni con uno straniero o di entrar in casa sua; ma Dio mi ha mostrato che nessun uomo deve essere ritenuto impuro o contaminato».

Sermone

Cari fratelli e care sorelle, la lettura biblica di oggi ci fa assistere a un fatto singolare che dà inizio all’apertura della chiesa verso il mondo, verso le persone che non facevano parte d’Israele. Il fatto non deve essere dato per scontato perché la legge ebraica giudicava impura una persona che non apparteneva al popolo d’Israele, tale impurità era contagiosa, perciò non si potevano avere contatti con i pagani, né si poteva entrare nelle loro case.

Perfino chi viaggiava fuori dai confini della Palestina, al suo rientro doveva sottoporsi a riti di purificazione prima di inserirsi nella vita sociale della propria città.

Dunque l’epoca della chiesa primitiva era segnata da nette divisioni che Gesù aveva individuato cercando di spiegare che tutte le barriere che dividono vanno abbattute, per questo Gesù tocca un lebbroso, si lascia toccare da una donna ritenuta impura a causa delle sue emorragie di sangue, va a tavola con i peccatori e i pubblicani, non disdegna di riconoscere una grande fede nella donna siro-fenicia, parla con una samaritana di teologia, ecc…

Mercoledì, 22 Gennaio 2014 13:34

Giorno della memoria 2014