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Domenica, 16 Febbraio 2014 09:53

Sermone di domenica 16 febbraio 2014 (Romani 9,15-20)

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Testo della predicazione: Romani 9, 15-20

Dio dice a Mosè: «Io avrò misericordia di chi avrò misericordia e avrò compassione di chi avrò compassione». Non dipende dunque né da chi vuole né da chi corre, ma da Dio che fa misericordia. La Scrittura infatti dice al faraone: «Appunto per questo ti ho suscitato: per mostrare in te la mia potenza e perché il mio nome sia proclamato per tutta la terra». Così dunque egli fa misericordia a chi vuole e indurisce chi vuole. Tu allora mi dirai: «Perché rimprovera egli ancora? Poiché chi può resistere alla sua volontà?» Piuttosto, o uomo, chi sei tu che replichi a Dio? La cosa plasmata dirà forse a colui che la plasmò: «Perché mi hai fatta così?» 

Sermone

     Cari fratelli e care sorelle, cari bambini e care bambine, sapete, l’apostolo Paolo era un pastore che cercava di spiegare alla chiesa che Dio si dà da fare per il bene di tutti. Anche quando sembra che le cosa vadano male, in realtà Dio è vicino a quelle persone, li vuole ancora più bene e li aiuta a superare le difficoltà.

     Ricordate tutti la storia del popolo in Egitto e del cattivo faraone che lo rendeva schiavo, vero? Ecco, Dio mostra al popolo, Israele, quanto gli vuole bene, facendo diventare il faraone ancora più cattivo, ancora più testardo. Infatti il faraone non voleva lasciare partire Israele per abitare in una terra tutta sua. Allora, Dio si dà da fare, fa partire il popolo, apre le acque del Mar Rosso per farlo attraversare dal popolo e gli egiziani che lo inseguivano per catturalo e farlo tornare indietro restano a guardare perché le acque si richiudono,torna il mare, e non possono attraversarlo.

Ritorniamo a Paolo, questo, pastore che ci spiega che Dio fa le cose per il nostro bene, senza chiedercene il permesso, come quando la mamma vi dà la medicina per guarire, e ci spiega che Dio è libero e che vuole per noi la libertà.

Questa sera, se la pioggia lo permette, accenderemo un grande fuoco su un grande prato, un falò per ricordare che Dio, tanti anni fa, si è dato da fare per rendere liberi i valdesi, che prima non lo erano, furono liberi di poter andare a studiare e a lavorare anche fuori da queste Valli. Quindi, stasera, faremo una grande festa attorno al fuoco per dire “grazie” al Signore che ci ha aiutati a renderci liberi. 

L’apostolo Paolo, spiega che tutti rientrano nella buona volontà di Dio di amare. Non c’è solo Israele, ma tutti gli altri popoli che non lo conoscevano! Ebbene, tutti, spiritualmente sono figli d’Abramo, il patriarca a partire dal quale la fede prese corpo in Israele e da questa fede si formò un popolo. L’antico e il presente sono dunque in continuità.

     Noi pensiamo che il bene vada fatto nei confronti di coloro che lo meritano, ma l’apostolo considera la libertà di Dio come qualcosa che non può essere giudicato da noi o compresa dentro le nostre logiche. Innanzitutto, la libertà di Dio è libertà di amare anche quando attiriamo su di noi una giusta condanna. La libertà di Dio è libertà di fare misericordia, e la misericordia si esercita proprio nei confronti di chi non ne è degno, diversamente sarebbe ricambiare, un dire “bravo, hai fatto bene”.

     La libertà di Dio, invece, è sovrana, anche quando Dio indurisce il cuore del Faraone, Dio lo fa per mirare alla salvezza, alla liberazione. Quella di Dio è una libertà per noi, per il nostro riscatto dalle catene, dalle nostre paure, dalle nostre malattie, dai nostri egoismi, rifiuti, dai nostri autocompiacimenti, dal nostro autoassolverci e autogiustificarci.

     Dio, nella sua libertà, sceglie di liberarci dalla nostra partecipazione attiva per ottenere salvezza, riscatto, libertà: l’apostolo è chiaro: «Non dipende né da chi vuole, né da chi corre, ma da Dio che fa misericordia» (v. 16) Non sono i nostri sforzi e neppure i nostri propositi, ma la salvezza proviene da Dio che ama e fa misericordia.

     Ma perché nel suo agire Dio non include anche la nostra partecipazione? Perché Dio agisce per grazia, soltanto per grazia, una grazia accogliente, e noi riceviamo tale grazia in modo del tutto gratuito, senza cioè che ci sia richiesto, in contraccambio, il nostro contributo, la nostra partecipazione. Perché la grazia di Dio è totale, è completa non ha bisogno che vi si aggiunga la nostra opera.

     Le nostre opere sono certo utili e gradite a Dio, anzi ci sono chieste perché le facciamo consapevolmente nell’esercizio della nostra professione, nell’impegno per un mondo migliore, certo, ma non sono il pagamento di un riscatto, il nostro, già pagato da Gesù sulla croce, non sono la nostra partecipazione alla salvezza per la quale siamo inadatti e ricalcitranti.

     A questo punto l’apostolo Paolo immagina una domanda che i suoi lettori si pongono, e dice: «Ma allora, perché Dio talvolta ci rimprovera se nessuno può andare contro la sua volontà?», come dire che, se nulla dipende da noi, ma da Dio, è chiaro che noi non possiamo essere colpevoli di alcunché!

La risposta è che noi non siamo nella posizione di poter esprimere giudizi di alcun genere, a motivo della nostra fragilità, della nostra incapacità di fare il bene. Allora, noi possiamo soltanto ricevere dalla libertà dell’amore di Dio, tutto ciò che ci fa essere quello che siamo: dei vasi, diversi l’un l’altro, che possono solo dire tutta la loro gratitudine.

     Il riferimento di Paolo al vaso che non dice al vasaio «Perché mi hai fatto così» richiama quello del libro di Giobbe: «Chi sei tu che rendi oscure la mie decisioni con ragionamenti da ignorante? Invece, da persona matura preparati a rispondere alle mie domande: Dov’eri tu quando gettavo le fondazioni della terra?» e poi una lunga serie di domande come per esempio: «Da che vivi hai mai comandato lo spuntar del giorno… puoi far sentire la tua voce alle nuvole perché ti coprano di abbondanti piogge?» (cap. 38).

L’apostolo Paolo vuole affermare che nessuno può accusare Dio di essere ingiusto perché egli rimane sempre fedele con il suo amore e la sua grazia.

Paolo afferma che questo possiamo sapere di Dio: che egli si rivela come un Dio di misericordia e di salvezza.

Questo è il suo punto di partenza e quello di arrivo.

     Paolo ci insegna che tutti i nostri tentativi falliti sono superati abbondantemente dalla grazia di Dio, che la nostra vita sommersa nelle difficoltà, nelle lacerazioni e nella sofferenza può essere solo raggiunta dalla grazia accogliente di Dio e dal suo amore che ridà una nuova prospettiva e un nuovo senso alla nostra esistenza.

     E ciò non dipende da noi, ma è Dio che si presenta a noi con la forza del suo amore. Egli resta un Dio paziente e nei confronti delle nostre teologie, e resta lì a presentarsi ogni volta, di nuovo, come colui che vuole accompagnarci nei nostri dissesti, nei nostri insuccessi, nelle nostre disfatte e sconfitte.

     Questo è Dio, colui che dal male trae fuori il bene: il nostro bene. Tutto questo non perché abbiamo fatto qualcosa che lo abbia convinto ad aiutarci, ma questa è la libertà di Dio. Amen!

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Pastore Giuseppe Ficara

Consacrato nel 1992, ha svolto il suo ministero nelle chiese di Riesi, Caltanissetta, Agrigento, Trapani e Marsala, Palermo.
Pastore a Luserna San Giovanni da Agosto 2013.

 

Indirizzo: Via Beckwith 49, Luserna San Giovanni (TO), 10062, ITALIA

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