Culto domenicale:
ore 10,00 Tempio dei Bellonatti

Numero di telefono del presbiterio: 0121.30.28.50

Domenica, 14 Dicembre 2014 15:05

Sermone di domenica 14 dicembre 2014

Scritto da

Testo della predicazione: Matteo 11,2-10

«Giovanni, avendo nella prigione udito parlare delle opere del Cristo, mandò a dirgli per mezzo dei suoi discepoli: «Sei tu colui che deve venire, o dobbiamo aspettare un altro?» Gesù rispose loro: «Andate a riferire a Giovanni quello che udite e vedete: i ciechi ricuperano la vista e gli zoppi camminano; i lebbrosi sono purificati e i sordi odono; i morti risuscitano e il vangelo è annunciato ai poveri. Beato colui che non si sarà scandalizzato di me!» Mentre essi se ne andavano, Gesù cominciò a parlare di Giovanni alla folla: «Che cosa andaste a vedere nel deserto? Una canna agitata dal vento? Ma che cosa andaste a vedere? Un uomo avvolto in morbide vesti? Quelli che portano delle vesti morbide stanno nei palazzi dei re. Ma perché andaste? Per vedere un profeta? Sì, vi dico, e più che profeta. Egli è colui del quale è scritto: "Ecco, io mando davanti a te il mio messaggero per preparare la tua via davanti a te"».

Sermone

Cari fratelli e care sorelle, oggi è la terza domenica di Avvento, e ci ricorda che siamo in attesa; che la Chiesa di Cristo è in attesa della venuta del Signore. Questo è il messaggio del Natale: che Cristo viene per riscattare noi e il mondo.

Eppure, alla domanda sul Natale, i ragazzi del catechismo mi hanno risposto: «Natale è una festa, c’è il panettone, ci sono i regali». Solo una ragazza ha detto: «Una festa religiosa, ridotta però a commercio». In effetti, oggi, nella nostra società post-cristiana, l’Avvento è il periodo in cui ci si prepara a comprare i regali, grazie della tredicesima; l’Avvento rappresenta l’attesa, sì, ma di un regalo da ricevere; oggi, ancor di più, è “attesa” perché viviamo momenti di difficoltà economiche, e la tredicesima può servire per tappare dei buchi di bilancio famigliare, rimettersi in pari con la rata del mutuo o di bollette. I commercianti sono in trepidante attesa: sperano di intercettare una buona parte della tredicesima in tasca alla gente.

La Bibbia ci parla dell’attesa in modo diverso, ci dice che il percorso storico di un popolo, Israele, è vissuto come un tempo di attesa: di consolazione, di liberazione, di riscatto da angosce, paure, incertezze, debolezze, fragilità,malattie, morte.

È questa la storia dell’Avvento. Israele è in attesa del Messia, il liberatore. È in questo clima che nasce Giovanni il battista, in una famiglia il cui padre era sacerdote, Zaccaria che, con la moglie Elisabetta, attendono «la consolazione d’Israele».

Il racconto biblico alla nostra attenzione, narra che Giovanni è incarcerato per aver denunciato alcune delle nefandezze commesse dal re, Giovanni è ora è nella fortezza di Macheronte in una zona desertica della Palestina. Si trova nel deserto.

Il deserto, per Giovanni, ha rappresentato il luogo della libertà; è nel deserto che egli aveva maturato la riflessione in vista della predicazione sulla venuta del Messia. Ora, quello stesso deserto, diventa la sua prigione.

«Sei tu colui che deve venire o ne dobbiamo aspettare un altro?», manda a dire a Gesù attraverso i suoi discepoli.

     Giovanni è in dubbio per la sua vita, ed è in attesa che il Messia compia la sua opera di liberazione. Ma si domanda: «Perché non giunge il momento della resa dei conti? Perché Gesù non entra in azione liberando i prigionieri e bruciando le opere malvagie dei potenti?».

Gesù compiva senz’altro opere mirabili, ma ora doveva arrivare il giudizio. Giovanni aveva fatto la parte dell’umile servo del Messia, non si reputava degno «neppure di portargli le scarpe», ma ora Gesù, come Messia, è troppo umile, è defilato, fermo.

Gesù risponde con una parola profetica: «Andate a riferire a Giovanni quello che udite e vedete: i ciechi ricuperano la vista e gli zoppi camminano; i lebbrosi sono purificati e i sordi odono; i morti risuscitano e il vangelo è annunciato ai poveri».

«Andate a riferire quello che udite e vedete»: udire e vedere. Gesù intende sottolineare che, deve essere considerato come il Messia della Parola e delle opere; un Messia che parla e che agisce. Non c’è solo la guarigione fisica, ma anche la buona notizia rivelata ai poveri, agli emarginati, a coloro che non contano, per i quali si pensa che Dio non si interessi.

Alla domanda “Sei tu…?”, Gesù non risponde “Sono io”, ma indica gli altri: “i ciechi, gli zoppi, i lebbrosi, i sordi, i morti, i poveri” ai quali succede qualcosa: sono persone che sperimentano la presenza di Dio, la sua vicinanza, il suo amore. Gesù cita le antiche profezie per annunciare il Regno del nuovo mondo di Dio, un mondo, sì, senza malattie, affanni, tristezza, paura, morte, ma anche un mondo senza corruzione, ingiustizia, persecuzioni, povertà, disumanità.

Questo è Gesù, questa è la sua missione: Gesù non si presenta a capo di un esercito, sul suo destriero bianco, con la spada sguainata in mano, pronto per fare una rivolta contro l’oppressore di turno. Questa è una trappola, dice Gesù, una falsa possibilità che porta fuori strada. Gesù porta con sé grandi speranze, ma anche grandi delusioni per chi pensava a una rivolta armata.

Questo brano ci parla dell’attesa del popolo di Dio, ci spiega che la vita dei credenti è perenne in attesa, è sempre un periodo d’Avvento. Lo era per Israele che attendeva, lo era per i protagonisti dei Vangeli, per le persone che Gesù incontrava, lo è per la Chiesa a Pentecoste, lo è per noi oggi che ancora preghiamo “Venga il tuo regno”.

Dio si manifesta non sempre come noi vorremmo; l’opera di Dio si presenta, alla saggezza umana, come pazzia: questa è la croce, una pazzia, quella di Dio e quella di chi crede. Solo così la croce può diventare la vittoria di Dio, solo così la morte di Gesù può essere vista non come la fine della speranza, ma come l’inizio di una nuova era, di una nuova vita.

Dio sceglie le cose deboli del mondo. Questo è il senso del Messia che nasce in una stalla di Betlemme: povero, emarginato, ignorato, minacciato di morte dal re. Per questo l’apostolo Paolo ha potuto dire: «La mia forza si mostra perfetta nella debolezza» (II Corinzi 12,9).

Nel racconto di oggi emerge il messaggio del Dio che capovolge la nostra logica, il nostro modo di ragionare e ci chiede di aprire gli occhi, di guardare con gli occhi della fede, cioè al di là del nostro naso, dei nostri dolori, delle nostre sofferenze, del nostro piccolo orizzonte.

Dio ci chiede di non scandalizzarci davanti a quella che a noi sembra l’inefficienza di Dio di fronte all’ingiustizia e al dolore del mondo. Quante volte sentiamo dire: «Ma perché Dio non interviene a riparare i guai dell’umanità? Perché non distrugge il male?». Dio ci chiede di pensare in modo diverso, di vedere oltre i nostri limiti, oltre ciò che ci sembra logico; ci chiede di guardare ciò che è meno appariscente, ma che è ciò che veramente conta: i segni del Regno di Dio, un Regno che germoglia e cresce nel silenzio, nell’oscurità, nel nascondimento.

     «Fa più rumore un albero che cade, che una foresta che cresce». Il Regno di Dio cresce, viene, e nessuno lo sente, perché non è appariscente, evidente ai nostri occhi umani, ma solo con quelli della fede, con il nostro cuore.

La nostra vocazione è quella di seminare nei cuori il fermento dell’attesa, è quella di proclamare il giorno dell’avvento del nuovo mondo di Dio. Ma siamo anche chiamati a saper individuare i segni del nuovo, presenti nel nostro oggi, in mezzo a noi; siamo chiamati a vivere questi segni come un’anticipazione di qualcosa che ci attende, che sta davanti a noi, ma di cui possiamo avere la possibilità di condividere e di vedere delinearsi davanti a noi un futuro di speranza.

Dunque, non una festa commerciale e basta, ma attraverso i regali di natale che faremo quest’anno, trasmettiamo anche il regalo più grande che Dio fa all’umanità venendo nel mondo: annunciamo il Dio che è sempre vicino a noi, che ci ama e ci prepara un futuro di speranza. Amen!

Letto 4217 volte
Pastore Giuseppe Ficara

Consacrato nel 1992, ha svolto il suo ministero nelle chiese di Riesi, Caltanissetta, Agrigento, Trapani e Marsala, Palermo.
Pastore a Luserna San Giovanni da Agosto 2013.

 

Indirizzo: Via Beckwith 49, Luserna San Giovanni (TO), 10062, ITALIA

Tel/Fax: (+39) 0121/30.28.50

Mail: Per contattare il pastore via mail, clicca qui