Culto domenicale:
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Domenica, 12 Aprile 2015 11:38

Sermone di domenica 12 aprile 2015 (Giovanni 20,19-29)

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Testo della predicazione: Giovanni 20,19-29

La sera di quello stesso giorno, che era il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, Gesù venne e si presentò in mezzo a loro, e disse: «Pace a voi!» E, detto questo, mostrò loro le mani e il costato. I discepoli dunque, veduto il Signore, si rallegrarono. Allora Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre mi ha mandato, anch'io mando voi». Detto questo, soffiò su di loro e disse: «Ricevete lo Spirito Santo. A chi perdonerete i peccati, saranno perdonati; a chi li riterrete, saranno ritenuti». Or Tommaso, detto Didimo, uno dei dodici, non era con loro quando venne Gesù. Gli altri discepoli dunque gli dissero: «Abbiamo visto il Signore!» Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi, e se non metto il mio dito nel segno dei chiodi, e se non metto la mia mano nel suo costato, io non crederò». Otto giorni dopo, i suoi discepoli erano di nuovo in casa, e Tommaso era con loro. Gesù venne a porte chiuse, e si presentò in mezzo a loro, e disse: «Pace a voi!» Poi disse a Tommaso: «Porgi qua il dito e vedi le mie mani; porgi la mano e mettila nel mio costato; e non essere incredulo, ma credente». Tommaso gli rispose: «Signor mio e Dio mio!» Gesù gli disse: «Perché mi hai visto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!»

Sermone

Care sorelle e cari fratelli, nei racconti degli evangelisti emerge, in modo determinante, la necessità di testimoniare al mondo, che l’annuncio del Cristo risorto non è stato una mera allucinazione dei discepoli, ma una realtà. I Vangeli vogliono testimoniare che i discepoli non sono stati dei visionari che hanno visto quello che volevano vedere, cioè il loro maestro “vivo e vegeto” dopo la morte, ma che hanno vissuto un’esperienza che li ha sorpassati, una realtà più grande della loro e della loro stessa immaginazione.

I Vangeli sottolineano che l’uscio era serrato per bene, e Luca, in particolare, spiega che i discepoli furono presi da una gran paura, tal­ché Gesù disse: «non abbiate paura, sono io». Ma il momento della visita di Gesù ai discepoli non sta a significare che tutto è tornato come prima, e che il momento della morte del maestro è stato un incidente di percorso a cui, adesso, Dio ha posto rimedio.

     «Pace a voi» dice Gesù, entrando nella stanza dove i discepoli si riunivano. Non è un semplice saluto, ma è una rivelazione. Spesso nell’Antico Testamento viene pronunciata una formula rivelato­ria simile, per esempio quando Gedeone (Giudici 6,23) è intimorito alla vista dell’angelo del Signore il quale gli dice appunto: «pace a te, non temere». Anche Daniele (Dan. 10,19), atterrito dall’apparizio­ne dell’angelo è rassicurato con le parole: «Pace a te».

Anche nel racconto di Giovanni ci troviamo di fronte a un contesto solenne, ci troviamo davanti a una rivelazione: e questa volta è Gesù stesso che si presenta ai discepoli come rivelazione di Dio. «Pace a voi» non è dunque solo una parola di conforto ai discepoli impauriti dalla possi­bilità di essere arrestati dai giudei come seguaci di Gesù, ma è la rivelazione del Dio che, nella sua umiliazione, nel suo annichilimento, nel suo abbassamento, nella sua sconfitta è, tuttavia un Dio presente, vivo, che proclama il suo Regno di pace.

 Il “Regno di Dio”, era una parola che evocava liberazione dall’oppressione, perdono dalla condanna, fine della discriminazione, fine della schiavitù, dell’angoscia, del dolore, della sofferenza, dell’ingiustizia, del sopruso, della guerra, dei conflitti; la parola "Regno di Dio" evocava l’immagine di un mondo di Pace.

«Pace a voi, come il Padre mi ha mandato anch’io mando voi». I discepoli di Gesù sono chiamati a proseguire la missione del loro maestro, a portare avanti l’annuncio che l’utopia del Regno di Dio si può realizzare, anzi è già presente nel mondo, ed è visibile con gli occhi della fede, con il cuore di credenti.

«Come il Padre mi ha mandato...»: Gesù è venuto ad annun­ciare il mondo nuovo di Dio, il Regno di Dio, è venuto a inaugurarlo, è venuto a dire che il mondo può cambiare, che non è inevitabile la sua corsa verso la distruzione, verso la morte, che non è inevitabile il conflitto, la guerra, la discordia, l’ingiustizia e che i potenti e i ricchi debbano segnare le sorti dell’umanità causando sofferenza e miseria. Per questo Maria cantava: «Il Signore ha disperso i superbi, ha tratto giù dai troni i potenti e ha innalzato gli umili, ha colmato di beni gli affamati e ha rimandato a vuoto i ricchi» (Luca 1,51-53).

Ora l’an­nuncio del Regno di Dio, Gesù lo affida ai suoi discepoli: «...così anch’io mando voi». Da ora in poi, saranno i discepoli a divulgare il messaggio del loro maestro, un messaggio che è “lieto annuncio, lieta notizia”.

Ma non basta essere inviati, così come non basta plasmare dalla terra una qualche forma umana perché sia viva, resterà sempre un pezzo di terra senza vita. Così nella Genesi, Dio soffia sulla creatura che aveva plasmato e quella si trasforma in un essere vivente. Dunque, la nostra vita risiede in Dio, è nelle sue mani rimane, come anche la nostra vocazione e la nostra pace.

Allo stesso modo, i discepoli non hanno alcuna possibilità di portare il vivo annuncio delle pro­messe del Signore e del suo Regno di Pace, senza lo Spirito che rende vivo e credibile il messaggio.

I discepoli non possono nulla senza che Dio non abbia preso forma e vita in loro. È una nuova creazione di Dio. Dio soffia un nuovo alito vitale nel mondo, perché è una nuova creazione di Dio che sta prendendo forma, è in questo alito che il mondo troverà la pace.

Gesù spiega che il Regno di Dio sarà fondato sul perdono e sull’amore. I peccati da perdonare, da sciogliere, letteral­mente da “lasciar andare”, solo la conferma che il Regno di Dio è già presente. Ritenendo i peccati, senza il perdono, ci sarà solo un mondo di vendetta, di pregiudizio, di guerra e di ingiusti­zia.

Anche nella preghiera che Gesù ha insegnato, la richiesta “venga il tuo Regno” è legata all’altra richiesta: “rimettici i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori”. Un mondo, dun­que, fondato sul perdono e sulla riconciliazione è il Regno di Dio.

Ma non è automatico credere nell’annuncio della nuova creazione di Dio: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi, e se non metto il mio dito nel segno dei chiodi, e se non metto la mia mano nel suo costato, io non crederò».

Ci fanno sorridere le parole di Tommaso, che si oppone all’irrazionalità dei suo compagni; che crede solo in ciò che vede e   non nelle vi­sioni. Ma Tommaso non è semplicemente l’incarnazione dell’incredulità di un uomo, è piuttosto l’incredulità che possiamo riscontrare in noi; Tommaso ha anche tanti altri nomi, anche quelli che portiamo noi oggi; c’è un Tommaso dentro ognuno di noi che è invitato a credere senza vedere.

Il Piccolo Principe diceva: «L’essenziale è invisibile agli occhi, non si vede bene che col cuore». È la fede che ci fa vedere oltre le apparenze. Vi è un Tommaso in ciascuno di noi che deve imparare a vedere oltre il proprio naso, un Tommaso che deve imparare a mettere a fuoco una realtà ben più grande di quella apparente. Per questo è richiesta a Tommaso una vera confessione di fede che egli pronuncia affermando: «Signore mio e Dio mio».

È questo il messaggio del Cristo risorto. Non bisogna fermarsi all’evento della risurrezione, in sé sarebbe senza significato, vuoto, se non è riempito dalla nostra confessione di fede.

La risurrezione di Gesù ci dice che Dio ha preparato un nuovo mondo, ha soffiato una vita nuova; ci dice che attraverso la fede e la vita nuova dello Spirito, noi possiamo perdonare, possiamo amare, vivere già fin da ora la nuova dimensione del Regno di Dio. Siamo chiamati a crederlo, a confessar­lo, a viverlo a partire dalla nostra vita comunitaria.

Anche noi, come i discepoli, siamo chiamati ad annunciare questo Regno, questa dimensione nuova. Siamo invitati a credere che il mondo non è inevitabilmente destinato all’incomprensione, al conflitto, all’ingiustizia, alla guerra e alla schiavitù, ma che è possibile un mondo nuovo di giustizia e di pace durature.

Dunque, fratelli e sorelle, non temete, ma ricevete anche voi l’annuncio di Gesù che viene a dirci: “Pace a voi” e predicatelo al mondo. Amen!

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Pastore Giuseppe Ficara

Consacrato nel 1992, ha svolto il suo ministero nelle chiese di Riesi, Caltanissetta, Agrigento, Trapani e Marsala, Palermo.
Pastore a Luserna San Giovanni da Agosto 2013.

 

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