Culto domenicale:
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Domenica, 27 Settembre 2015 13:47

Sermone di domenica 27 settembre 2015 (Matteo 15,21-28)

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Testo della predicazione: Matteo 15,21-28

Gesù si ritirò nel territorio di Tiro e di Sidone. Ed ecco una donna cananea di quei luoghi venne fuori e si mise a gridare: «Abbi pietà di me, Signore, Figlio di Davide. Mia figlia è gravemente tormentata da un demonio». Ma egli non le rispose parola. E i suoi discepoli si avvicinarono e lo pregavano dicendo: «Mandala via, perché ci grida dietro». Ma egli rispose: «Io non sono stato mandato che alle pecore perdute della casa d’Israele». Ella però venne e gli si prostrò davanti, dicendo: «Signore, aiutami!». Gesù rispose: «Non è bene prendere il pane dei figli per buttarlo ai cagnolini». Ma ella disse: «Dici bene, Signore, eppure anche i cagnolini mangiano delle briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni».  Allora Gesù le disse: «Donna, grande è la tua fede; ti sia fatto come vuoi». E da quel momento sua figlia fu guarita.

Sermone

Care sorelle e cari fratelli, una donna pagana distoglie l'attenzione su Gesù, grida dietro al corteo che segue Gesù. È una donna non ebrea che si rivolge a Gesù, ad un maestro ebreo per rivolgergli la preghiera di guarire sua figlia affetta da una grave malattia, forse è epilettica o qualcosa legata a forme improvvise di crisi, è tormentata, dice il nostro testo, da un demone maligno.

Ma l'attenzione del brano biblico non si ferma su questo aspetto, ma sul rapporto che la donna vuole instaurare con Gesù. Perciò grida per farsi sentire da lui, non si può avvicinare troppo a Gesù perché è pagana e quindi potrebbe contaminare il maestro, come chi ha una malattia contagiosa, come la lebbra. Ma la donna non si arrende, non si perde d'animo, e grida per farsi sentire da Gesù.

Però «Gesù non le rivolge la parola» dice l’evangelista. Gesù è muto, e il suo silenzio è pesante, strano, urtante… proprio lui, che è il consolatore degli afflitti; lui, che ha rasserenato coloro che piangono, che ha soccorso i tormentati; lui, che ha guarito tante persone, alla donna non risponde nulla.

Gesù è indifferente, e quando i discepoli, seccati dalle urla della donna, chiedono a Gesù di fare qualcosa per mandarla via, allora Gesù le rivolge la parola come farebbe qualunque ebreo che odia i pagani; le si rivolge in modo ostile: «Non è bene prendere il pane dei figli per buttarlo ai cani». I cani erano gli infedeli, coloro che non erano degni di Dio. Gesù sta dando del «cane» alla donna. Una risposta che la donna non avrebbe mai voluto ascoltare da un maestro pio e religioso.

Questa donna, senza nome, non si arrende e, al rifiuto di Gesù, risponde con grande fede. Non si era arresa davanti al silenzio di Gesù e, ora che Gesù le parla in modo da annullare il suo rapporto con lei, la donna gli risponde perfino con umorismo: «Dici bene, Signore; eppure anche i cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni».

Come dire: È vero che Israele è il popolo eletto, ma questo privilegio deve significare forse l’esclusione degli altri? La donna è intelligente, ha buon senso, ma ha anche fede.

Ciò che accade è davvero grande, è un miracolo! A Gesù non resta che da dire: Donna, grande è la tua fede. Questo è il vero miracolo, Gesù è scosso dall’incrollabile fede della donna, non c’è più nulla da aggiungere, null’altro da fare o da dire, perciò il racconto si chiude dicendo: «E da quell’ora sua figlia fu guarita».

Il miracolo è avvenuto. Quale miracolo? Quello della fede della donna legato alla liberazione della figlia, una figlia schiava di chi si impossessa di lei: che si tratti di una malattia, o del male stesso o del demonio, qui vi è una prospettiva nuova che si apre a partire dalla liberazione dai pregiudizi verso le altre persone. Così, questo brano invita i cristiani e le loro comunità ad aprirsi, piuttosto che a rinchiudersi dentro le proprie sicurezze.

La fede della donna straniera conduce perfino Gesù a cambiare programma, Gesù si è aperto all’universale, ha abbattuto i muri che separavano ebrei e cananei che prima erano nemici, ora l’amore di Dio è per tutti, non solo per Israele.

Questo brano ci insegna che nessuno può respingere un altro, che nessuno può mandare indietro un altro che chiede soccorso e aiuto. Uno straniero può essere visto con paura, guardato con sospetto, ma Gesù ci insegna a convertirci e a cambiare i nostri pregiudizi, come è accaduto a lui quando ha giudicato una straniera dandole del “cane”.

Questo racconto ci parla della fede, di cosa sia la fede, la fede non accampa diritti: la donna non chiede perché pensa di avere il diritto di ricevere qualcosa da Gesù, la fede spera senza pretendere nulla, senza far valere il diritto di essere aiutati. La fede è più grande delle “pratiche religiose”.

La fede è credere anche davanti al silenzio di Dio. La fede è ciò che ci permette di metterci in relazione con Dio, una relazione che cambia noi e Dio stesso.

Ma la fede non è neppure quella che non conosce dubbi e debolezze, incrollabile e forte come quella degli inquisitori.

La fede resiste nei momenti difficili, non si tira indietro nelle difficoltà, ma reagisce, anche lottando con Dio.

Un ebreo nascosto in una cantina buia e fredda, dell’epoca nazista, poi condotto nei lager tedeschi dove ha trovato la morte, ha scritto su una parete: «Credo nel sole anche quando non splende; credo nell’amore, anche quando non lo sento; credo in Dio anche quando tace».

Caro fratello, cara sorella, l’evangelista Matteo ti incoraggia a perseverare nella fede, senza arrenderti mai, anche quando, davanti ai perché, non ottieni risposta.

Alle volte il tuo diventa un grido di dolore, come quello della donna cananea la cui figlia era stata colpita da qualcosa che la rendeva schiava e le toglieva il senso della vita e le energie vitali.

Quante volte ti sei sentito/a inadeguato/a davanti alla tua debolezza, di essere umano, a ricevere una risposta da Dio? In fondo, la fede non è il pretendere di avere dei diritti speciali, la fede è una relazione tra noi e Dio che cambia, che cambia noi e cambia anche Dio, come qualsiasi rapporto tra esseri umani. Perché chi entra in una relazione non resta uguale a prima.

Gesù apre a tutti noi orizzonti nuovi, apre alla relazione fraterna con tutti, apre a dei rapporti umani senza pregiudizi. Grazie a questa donna senza un nome, Gesù ha rivolto lo sguardo anche verso di noi che non siamo ebrei.

Questa donna non ha un nome perché porta il nome di ciascuno di noi; questa donna è anche in ciascuno di noi, la sua fede è la nostra fede, quella che non ci lascia indifferenti davanti al dolore e alla sofferenza delle altre persone; anche noi possiamo guardare ora guariti e liberati dai nostri pregiudizi, liberati dal nostro razzismo verso gli stranieri, guariti dal nostro egoismo e dai nostri egocentrismi.

Siamo invitati a lasciarci interpellare da ciò che è nuovo ad essere disturbati nelle nostre abitudini e nelle nostre tradizioni, per vivere in modo autentico l’avventura della fede e dell’incontro. Dio ci chiama a libertà, alla libertà di amare, di accogliere, di essere solidali con le persone straniere.

La Parola del Signore ci stimola a guardare con gli occhi della fede la persona diversa da noi, cananea; la fede accoglie senza vantare privilegi, la fede abbandona i pregiudizi e si mette all’opera. Gesù invita anche noi a ripetere e a far nostra la sua scoperta che permette l’accoglienza degli stranieri. Amen!

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Pastore Giuseppe Ficara

Consacrato nel 1992, ha svolto il suo ministero nelle chiese di Riesi, Caltanissetta, Agrigento, Trapani e Marsala, Palermo.
Pastore a Luserna San Giovanni da Agosto 2013.

 

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