Culto domenicale:
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Lunedì, 25 Aprile 2016 15:32

Sermone di domenica 24 aprile 2016 (Colossesi 3,12-17)

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Testo della predicazione: Colossesi 3,12-17

Rivestitevi, dunque, come eletti di Dio, santi e amati, di sentimenti di misericordia, di benevolenza, di umiltà, di mansuetudine, di pazienza. Sopportatevi gli uni gli altri e perdonatevi a vicenda, se uno ha di che dolersi di un altro. Come il Signore vi ha perdonati, così fate anche voi. Al di sopra di tutte queste cose rivestitevi dell’amore che è il vincolo della perfezione. E la pace di Cristo, alla quale siete stati chiamati per essere un solo corpo, regni nei vostri cuori; e siate riconoscenti. La parola di Cristo abiti in voi abbondantemente; istruitevi ed esortatevi gli uni gli altri con ogni sapienza; cantate di cuore a Dio, sotto l’impulso della grazia, salmi, inni e cantici spirituali. Qualunque cosa facciate, in parole o in opere, fate ogni cosa nel nome del Signore Gesù ringraziando Dio Padre per mezzo di lui.

Sermone

     Cari fratelli e sorelle, il vestito è qualcosa con cui abbiamo a che fare ogni giorno. Indossiamo vestiti comodi per stare in casa, quelli per uscire ogni giorno e andare a lavoro, il vestito per i giorni di festa. Perfino quelli che mettiamo per le occasioni speciali, per onorare un parente o un amico, o noi stessi.

    Certo, il vestito rispecchia anche il nostro carattere, la nostra sensibilità, il nostro cuore. Alle volte tradisce il nostro disagio, o il nostro sentirci bene. Esprimiamo noi stessi anche attraverso il nostro modo di vestire. Ci sono, infatti, vestiti che indossiamo volentieri e vestiti che non trovano neppure posto nel nostro armadio perché non esprimono il nostro carattere.

    L’apostolo Paolo scrive alla chiesa di Colosse e la interroga circa il suo carattere, il suo modo di esprimere la testimonianza di Gesù, e quali rapporti ha intessuto al suo interno e nella società civile. L’apostolo Paolo non nega che bisogna essere se stessi, ma è profondamente convinto che la Parola di Cristo cambia, trasforma il nostro modo di essere e di porci nei confronti degli altri.

    Tu sei credente, ed è vero che tutti sono chiamati a essere se stessi, che tutti dobbiamo essere autentici e sinceri nei rapporti con gli altri; è vero che tutti dobbiamo essere accolti e ricevuti così come siamo, ma questo non ti autorizza a essere scorbutico, scontroso, violento (anche nel linguaggio) e orso. Spesso ci si difende dicendo: «sono fatto così e non posso farci niente, almeno io le cose le dico in faccia».

Bravo/a! Viva la sincerità!

Ma come ti poni poi di fronte alle sensibilità ferite, ai buchi che hanno lasciato i tuoi proiettili verbali, alle lesioni che hanno frantumano l’anima di chi ha subito la tua sincerità?

    Eppure, quante volte, fratello, sorella, hai fatto l’esperienza di parole che ti sono state dette e che ti sono pesate come macigni! Parole che ti hanno fatto perfino svegliare nel cuore della notte! Come non ricordare quel pugno allo stomaco, fatto di parole, anche ingenue, ma doloroso come l’elaborazione di un lutto!

    No, i nostri vestiti non sempre sono adatti per l’occasione. L’apostolo Paolo ci rende attenti sul fatto che, a volte, i nostri gusti, in fatto di vestiti, sono davvero pessimi. Ci rende attenti sul fatto che non siamo autorizzati ad andare ad un ricevimento importante indossando una comoda vestaglia. Siamo invece chiamati a vestirci in modo consono.

    Come?

    L’apostolo spiega che ogni credente, attraverso il dono della fede, ha ricevuto un vestito nuovo che non deve lasciare dimenticato dentro un armadio, ma si tratta di una possibilità nuova che gli è donata con la quale vivere fedelmente il suo discepolato al seguito di Cristo. Per l’apostolo il rapporto con il prossimo non può essere separato dal rapporto con Dio.

    Allora spiega il suo pensiero e dice: «Vestitevi di sentimenti di misericordia, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di pazienza. Sopportatevi gli uni gli altri e perdonatevi a vicenda». Sembrano parole scontate, ma non lo sono. Cioè, ci è possibile vestirci in modo diverso.

    Il nostro carattere intollerante può essere superato dalla compassione; la nostra ostilità, dalla solidarietà; il nostro congedare gli inopportuni, in accoglienza; la nostra aggressività in tolleranza; la nostra insofferenza in pazienza; il nostro rancore in perdono.

Tutto questo può accadere, spiega l’apostolo, anche se ci sembrano cose oltre le nostre possibilità.

    Nel brano biblico alla nostra attenzione l’apostolo Paolo usa quattro imperativi che indicano i vestiti che possiamo indossare in più occasioni:

  • Vestitevi di misericordia, bontà, amore…
  • Abiti in voi la Parola di Dio.
  • Esortatevi gli uni gli altri.
  • Cantate di cuore a Dio.

    Indossare il vestito dell’amore, per i credenti, non è un optional, non è neppure qualcosa che va contro la propria sensibilità o il proprio carattere. Gli imperativi dell’apostolo Paolo non sono obblighi morali, non sono comandi cui ubbidire ciecamente.

L’apostolo ci informa che l’azione dello Spirito ricostruisce la nostra vita, le ridona un senso autentico, riempie le parti mancanti, restituisce la dignità che non ci era riconosciuta. Non abbiamo più bisogno di imporci, di far valere la nostra voce, la nostra opinione a tutti i costi, di essere scostanti e prevenuti per proteggerci dagli attacchi esterni.

    Vestirsi del vestito della compassione, della solidarietà, dell’accoglienza, della pazienza, imparare cioè a assumere atteggiamenti e parole nonviolente, porta a risultati grandiosi: permette la calma, la pace, l’unità, l’esortazione senza scontri e, soprattutto, il canto. Sì, il canto come espressione del nostro star bene, come trasmissione della nostra pace, come dialogo sereno e costruttivo.

    L’aggressività non porta a cantare, l’amore sì, l’intolleranza non invita al canto, la compassione sì. La sconfitta ammutolisce, la vittoria alza la voce e si unisce agli altri nel canto. Il rancore e l’ostilità logorano e consumano l’anima, il perdono dà vita al canto della gioia.

    Canta e gioisce chi indossa il vestito dell’altruismo, si unisce al canto comune chi ha imparato a condividere la propria storia e la propria fede.

    «Abiti in voi la Parola di Dio» dice l’apostolo, consapevole che tale Parola costruisce le storie di ciascuno di noi, costruisce la chiesa, la società in cui tutti viviamo e ci ridona la serenità della pace, il canto della lode, la forza della fede. Amen!

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Pastore Giuseppe Ficara

Consacrato nel 1992, ha svolto il suo ministero nelle chiese di Riesi, Caltanissetta, Agrigento, Trapani e Marsala, Palermo.
Pastore a Luserna San Giovanni da Agosto 2013.

 

Indirizzo: Via Beckwith 49, Luserna San Giovanni (TO), 10062, ITALIA

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