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Domenica, 29 Maggio 2016 12:15

Sermone di domenica 29 maggio 2016 (1 Giovanni 4,16b-21)

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Testo della predicazione: I Giovanni 4,16b-21

«Noi abbiamo conosciuto l'amore che Dio ha per noi, e vi abbiamo creduto. Dio è amore; e chi rimane nell'amore rimane in Dio e Dio rimane in lui. In questo l'amore è reso perfetto in noi: che nel giorno del giudizio abbiamo fiducia, perché qual egli è, tali siamo anche noi in questo mondo. Nell'amore non c'è paura; anzi, l'amore perfetto caccia via la paura, perché chi ha paura teme un castigo. Quindi chi ha paura non è perfetto nell'amore. Noi amiamo perché egli ci ha amati per primo. Se uno dice: «Io amo Dio», ma odia suo fratello, è bugiardo; perché chi non ama suo fratello che ha visto, non può amare Dio che non ha visto. Questo è il comandamento che abbiamo ricevuto da lui: che chi ama Dio ami anche suo fratello».

Sermone

Care sorelle e cari fratelli, l’autore della lettera di Giovanni riflette sul Dio che ci è stato annunciato da Gesù, e da questo annuncio scaturisce una definizione di Dio unica in tutta la Bibbia. Non dice come è fatto Dio, ma parla della qualità di Dio, dell’essenza di Dio, dell’essere di Dio. Dice: Dio è amore. Punto e basta. Altro non possiamo sapere sul Dio in sé.

Potremmo dire che Dio è onnipotente, onnisciente, onniveggente, tuttavia si tratta di categorie umane attribuite, in modo superlativo, a Dio. Il nostro autore biblico non si lascia ingannare dalla potenza o dalla sapienza o dalla capacità che gli umani possono, in qualche modo, possedere e poi trasferire queste qualità all’essere di Dio. Il nostro autore prova a considerare una realtà, di cui ha fatto l’esperienza, che reputa divina: è l’amore. Perché l’amore non è una realtà umana.

Per la Bibbia, l’amore è una realtà divina che irrompe nel nostro presente, nella nostra esistenza, nella nostra storia. È una realtà, attraverso la quale, Dio si rivela a noi. «Dio ha tanto amato il mondo, che ha mandato il suo unico figlio» (Gv. 3,16), vi è qui la consapevolezza che l’amore produce un movimento di Dio verso noi e di noi verso altri, da persona a persona. Si tratta di un movimento che non è fine a se stesso, perché Dio viene, in Cristo, in mezzo a noi, per farsi dono di sé. Questo è l’amore: un’azione un movimento verso l’altro/a per accoglierlo/a e donarsi a lui/lei.  

L’amore, dunque, non è semplicemente un volersi bene, non è vivere una tregua, non farsi la guerra, sopportare l’altro, tollerare chi è diverso, ma è farsi dono agli altri.

Questa è la definizione di amore nella Bibbia, non va mai interpretata in modo diverso. Il Dio che ama si dona, la persona che ama si fa dono agli altri.

Quindi l’amore va oltre la sopportazione, il sacrificio, la tolleranza, supera l’atteggiamento paternalistico verso gli altri e si fa accoglienza, comprensione, solidarietà, complicità contro le chiusure, i respingimenti, i rifiuti, le discriminazioni, anche quelle legalizzate. L’amore agisce per il bene degli altri e si compromette, a costo di salvare la loro esistenza minacciata.

L’amore guarda oltre se stessi, ha la capacità di entrare nell’orizzonte dell’altro, di immedesimarsi nella sua storia, nella sua esistenza, nei suoi drammi, nelle sue sventure, nelle sue sofferenze, e si presenta, con disponibilità, per ascoltare, lenire le piaghe, curare le ferite, guarire le lacerazioni, ristabilire i rapporti gettando nuovi ponti.

Perciò Giovanni dice che l’amore ha fiducia: perché reputa il bene verso il prossimo, maggiore del proprio quieto vivere, del proprio stare in pace, tranquilli; anzi, va oltre: l’amore non ha paura. Quando l’amore è perfetto, caccia via la paura, perché la consapevolezza di diventare un dono per il prossimo, rende perfetta la solidarietà.

Dunque non v’è paura quando c’è fiducia, e vi è fiducia quando l’amore è perfetto in noi.

Il brano alla nostra attenzione, a questo punto, ci dice che l’amore è quella realtà che ci permette di entrare nell’orizzonte di Dio, nella logica di Dio: «chi ama rimane in Dio». Si tratta di una dimensione che non è quella umana del tornaconto, del vantaggio, della convenienza, dell’egoismo, del “io ti do se tu mi dai”. Si entra cioè nella dimensione del “dono”, ed è qui che Dio si rivela.

È per noi una rivelazione perché diverso è il nostro orizzonte, infatti, il messaggio biblico parte dal presupposto che l’essere umano vive una realtà di incapacità di auto-redimersi; il messaggio evangelico scopre i limiti e le parzialità umane, riconosce che siamo inclini al male, alla violenza, all’orgoglio, all’egocentrismo; la Bibbia ci rivela quello che siamo: tutta la nostra capacità di distruttività e di auto-annientamento. È questo l’orizzonte nel quale noi viviamo come esseri umani.

Ma il Vangelo si propone come Buona Novella perché ci dà la speranza di una vita nuova, nonostante le nostre incapacità e la nostra distruttività che ci condannano a una vita senza senso.

Perciò, Dio vuole ridare senso alla nostra vita, e ci restituisce uno scopo, una qualità, una speranza e un futuro. La Parola di Dio ci insegna che l’amore permette di andare oltre e superare le propria parzialità e debolezze. La Bibbia ci insegna che l’amore è un dono che ci viene offerto da Dio, per questo è scritto: «Noi amiamo perché Egli ci ha amati per primo» (I Giov. 4,19).

Ecco la dimensione dentro cui ci invita a vivere la Parola del Signore. Si tratta di una dimensione di vita, di una cultura del dono di sé, è una prospettiva diversa da quella umana, che permette di incamminarsi verso un nuovo futuro di speranza, dove la parzialità e i limiti umani possono essere superati, la violenza e la distruttività dissolti. Non è una ricetta che riceviamo dalla Scrittura, ma una proposta di vita, certo impopolare perché basata sulla gratuità e non sul tornaconto.

L’amore si fa dono per l’altro, accoglie, non respinge; ospita, non allontana; considera, ma non giudica; distingue, ma non discrimina.

È all’interno di questo modo di essere che siamo chiamati a vivere e a testimoniare come credenti e come discepoli del Cristo che ci ha dato l’esempio più grande del dono di sé. In questo orizzonte scopriamo Dio e il suo essere: Dio è per noi dono di sé, e ci rende capaci di essere, a nostra volta, dono per gli altri.

Non si tratta di una vita di sacrifici e di annullamento di sé stessi perché ci sarebbe promessa una gioia nell’aldilà; qui si tratta della nostra gioia di oggi, della nostra pienezza di vita oggi, della nostra piena realizzazione di persone; si tratta di dare un volto, un senso, uno scopo alla nostra esistenza, altrimenti vuota, dedita solo a sé stessi; si tratta di restituire ad ognuno dei nostri giorni il senso di umanità per il quale siamo stati creati. Amen!

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Pastore Giuseppe Ficara

Consacrato nel 1992, ha svolto il suo ministero nelle chiese di Riesi, Caltanissetta, Agrigento, Trapani e Marsala, Palermo.
Pastore a Luserna San Giovanni da Agosto 2013.

 

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